Quatuor Diotima

Reinhold Friedl

2018 (Alamuse)
contemporanea, avantgarde

Da genere cameristico “laterale”, nel corso del Novecento il quartetto per archi è divenuto uno dei più dinamici territori di sperimentazione per i nuovi linguaggi compositivi, sino a diventare uno specchio fedele e quintessenziale dei rispettivi autori. A ciò si sono sempre accompagnate commissioni e collaborazioni con formazioni di straordinario talento, fattore essenziale all’esecuzione di partiture non di rado complesse e soggette a variazioni aleatorie.
Il quartetto parigino Diotima, che mutua il proprio nome dal tardo capolavoro di Luigi Nono, nel corso degli anni ha affrontato il repertorio di maestri quali Boulez, Feldman e Hosokawa, mantenendo anche una fruttuosa relazione artistica con autori ancora in attività – per citarne alcuni: Tristan Murail, Alberto Posadas, Pascal Dusapin, Helmut Lachenmann e Brian Ferneyhough.

Le comprovate capacità tecniche del Diotima trovano un’eccitante sfida nella produzione per quartetto di Reinhold Friedl, performer sperimentale ed esuberante direttore dell’ensemble zeitkratzer, col quale conduce da molti anni una inarrestabile ricerca al confine tra gli strumenti della classicità e l’estetica noise più estrema. Un frangente dal quale non si discosta molto anche questa prima integrale edita dalla piccola label Alamuse, che anzi rimarca con ulteriore evidenza il debito e la prossimità rispetto agli stilemi rumoristici di Penderecki e Lachenmann – quest’ultimo un modello di riferimento per i fonemi della “musique concrète strumentale” –, proseguendo così anche sulla strada della dissezione collettiva operata col side project P.O.P. (Psychology Of Perception).

Antiaccademico par excellence, Friedl presta attenzione soprattutto alla pura materia sonora, alla grana delle tessiture fantasma che dominano, ad esempio, i minuti iniziali del primo quartetto, che culmina poi nei consueti stridori e dissonanze delle rivisitazioni d’ascendenza power electronics.
Il terzo quartetto, datato 2016, è per contro una sorta di Lyrische Suite berghiana dalla quale è stata estirpata ogni eco tardo-romantica: le singole linee degli archi rispettano le stesse pause e si contrappuntano in maniera canonica, ma ciononostante la successione dei gesti musicali genera una pseudo-armonia fragile e irregolare, somma aritmetica di forme composte estranee l’una all’altra, e dunque a uno sviluppo coerente.

La vera natura del secondo quartetto si disvela soltanto alla fine: quello che per quindici minuti appare come uno snervante esercizio di ermetismo para-musicale, tra ossessivi sfregamenti di corde mute, va lentamente schiudendosi in direzione di un furioso climax che ne tradisce la vena sadica, sfociando in un greve e terrificante ostinato; un gioco al massacro, sì, ma per i coraggiosi interpreti, messi alla prova da Friedl per spingerli fuori dalla loro già ampia comfort zone esecutiva.
Uno spirito eminentemente contemporaneo, rivolto alla fisicità anziché al significato e al “buon gusto”. Il risultato può sortire gli effetti più diversi e contrastanti, dal fastidio alla curiosità sino a un perverso compiacimento sensoriale.

24/01/2018

Tracklist

  1. String Quartet 1
  2. String Quartet 3
  3. String Quartet 2

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