In questi anni è diventato davvero difficile per una band affiorare nel mare delle proposte ormai quotidiane, tanto che veri e propri headliner contemporanei sostanzialmente non esistono. I Big Thief, però, si stanno prendendo il loro posto “di prepotenza” – a suon di pubblicazioni. Contando anche il pregevole album solista di Adrianne Lenker, siamo con “Two Hands” al quinto album in tre anni (e al secondo nel solo ultimo).
Dopo “U.F.O.F.”, che suonava come riarrangiamento di materiale solista (e in alcuni casi lo era), in “Two Hands” torna alla routine, per modo dire, di una scrittura tarata sulla propria band, e così l’album suona più vicino a “Masterpiece” e “Capacity”, anche per via della registrazione in presa diretta che dà all’album un sound ruspante e diretto.
La vena anni 90 di “U.F.O.F.” lascia così spazio a un più convenzionale Americana, con alcuni dei brani più diretti della Lenker degli ultimi tempi, anche nei testi (“Forgotten Eyes”, sorta di parallelo più muscolare ma anche meno ansiogeno di “Cattails”). Una scrittura per certi versi più rassicurante (bella “Wolf”, brano alla Sufjan Stevens) ma anche meno interessante in alcuni frangenti (“The Toy”, “Those Girls”).
In altri, invece, si ha l’impressione che gli arrangiamenti avrebbero dovuto fare più giustizia ai brani (“Not”), mentre in altri ancora la congiunzione con lo stile immaginifico della Lenker è perfetto (la title track). Ottimo anche il riff alla Two Gallants di uno dei pezzi migliori del disco, “Shoulders”.
Nonostante tutti i difetti e l’incomprensibile necessità di pubblicare un secondo album in un anno, “Two Hands” testimonia comunque lo sbocciare definitivo di una band ormai regina dell’Americana contemporaneo, e tra le poche che può dirsi veramente “collettivo” anche sul palco.
10/10/2019