Chicago si conferma tra le capitali del jazz contemporaneo e dell’improvvisazione. Damon Locks, sound e visual artist, consegna alle stampe la prima prova del suo Black Monument Ensemble, progetto nato come cut-up artistico di matrice politica dopo l'esperienza di insegnamento nel carcere di Crest Hill e durante i drammatici fatti di cronaca aspramente contestati dal movimento attivista Black Lives Matter.
In “Where Future Unfolds” il progetto si sviluppa in un rituale collettivo in forma di live, registrato lo scorso anno al Garfield Park Botanical Conservatory in quella Chicago dove si trasferì Sun Ra, dove partì l’epopea free jazz plurale di Art Ensemble of Chicago e dove maturò il talento di Matana Roberts, che ha avviato la sua saga “Coin Coin” sulla diaspora africana e la storia afroamericana con una sessione live (“Coin Coin Chapter One: Gens De Couleur Libres”, Constellation, 2011) realizzata negli studi Hotel2Tango di Montreal coi musicisti della scena underground della città (tra cui Marie Davidson, Jason Sharp e membri dei Godspeed You! Black Emperor).
In quattro anni Damon Locks ha raccolto ed elaborato in loop estratti di discorsi fatti dagli esponenti del Civil Rights Movement, una pratica di collage sonoro condivisa con la stessa Roberts. L’ensemble attuale conta 15 membri, tra i quali figurano la clarinettista Angel Bat Dawid, il batterista Dana Hall, il percussionista Arif Smith e una folta componente di danzatori, e cita ispirazioni come Artistic Heritage Ensemble di Phil Cohran, “Black Rhythm Happening” (Blue Note, 1969) di Eddie Gala, “Attica Blues” (Impulse!, 1972) di Archie Shepp e “It Takes A Nation Of Millions To Hold Us Back” (Def Jam, 1988) dei Public Enemy.
“Knowing What We Know Now/ The Mind Searches for Reconciliation”, recita Locks dando il via a una spirale per voce e percussioni che ci traghetta dalla prima parte del brano iniziale, “Statement Of Intent”, al gospel corale della seconda parte, “Black Movement Theme”, in cui si dà inizio al re-enacment collettivo del passato per parlare di futuro. “I can rebuild the nation/ I can rebuild the nation/ I can rebuild the nation no longer working out”, ripete la piccola Rayana Golding del Chicago Children’s Choir in “Rebuild The Nation”, alla quale si uniscono poi il resto del coro e le percussioni ripetendo i versi in maniera ritualistica.
Oltre ai gospel ispirati del collettivo, conquistano il clarinetto free quasi classico di “Solar Power”, i synth cosmici e i beat house di “Which I Believe It Will” e gli estratti storici “dub-bati” dalla drum machine di Locks in “Which I Believe I Am”.
Tra i brani più affascinanti troviamo “The Colors That You Bring”, inno trip-hip-hop con tanto di fraseggi di clarinetto obliqui che dialogano con beat elettronici altrettanto scivolosi, per fondersi infine con il coro gospel. “The Future?” e la sua struttura molecolare, elettronica e sfilacciata, suona come l’incontro ideale tra Locks, Roberts e Moor Mother sotto la stella di Sun Ra, mentre le energie si coagulano di nuovo per “The Power”, corsa collettiva senza fiato verso “From A Spark To A Fire”, che rappresenta una vera e propria fusione delle intenzioni e della forma dei due brani precedenti in un epilogo volitivo, catartico e aperto.
Tra jazz, gospel, hip-hop, performance e sound art, la prima prova del Black Monument Ensemble di Damon Locks è una presa di coscienza politica e culturale collettiva elegante e viscerale, che si plasma nel presente riattivando gli elementi musicali primari della musica afroamericana di ieri e di oggi, spaziando dalla Nigeria ai Caraibi, come nell’emblematica “Sound Like Now”. Non vediamo l’ora di poter vedere l’ensemble dal vivo.
31/12/2019