Il 2019 porta la collaborazione preziosa e inconsueta tra il producer italiano Alessio Natalizia, aka Not Waving, e il cantautore americano Mark Lanegan (Screaming Trees, Queens of the Stone Age, Gutter Twins) aka Dark Mark, che con “Downwelling” danno vita a un progetto che potremmo descrivere come cantautorato elettronico colto.
Dopo la collaborazione ai remix dell’ultimo album della Mark Lanegan Band, “Gargoyle” (Heavenly, 2017), con la versione Not Waving di “Blue Blue Sea” per l’Ep “Still Life With Roses - Gargoyle Remixes” (Heavenly, 2017), Natalizia e Lanegan s’incontrano alla frontiera dei rispettivi orizzonti, addentrandosi reciprocamente tra gli spettri l’uno dell’altro, in un gioco di riflessi costante che crea un’opera visionaria, inquieta e cristallina.
Natalizia – che ha da poco pubblicato “Futuro (Music For The Waldorf Project)” (Ecstatic, 2019), compendio musicale dell'installazione immersiva di Sean Rogg in cui esplora sonorità più minimali, ambient e astratte – trova nella voce del crooner di Ellensburg un punto fermo, un narratore solido per le composizioni che scorrono tutt’altro che statiche. Dark Mark a suo modo – prossimo a pubblicare il nuovo capitolo della Mark Lanegan Band – esplora in maniera circostanziata non solo i suoni ma le strutture sperimentali dei brani elettronici di Natalizia – sonorità che lo avevano affascinato per i tratti più industrial in prove decisamente rock, come “Blues Funeral” (4AD, 2012) della Band e in collaborazioni più pop come la cover di “Crystalised” degli xx realizzata con Martina Topley-Bird e Warpaint.
La voce scura e grave di Dark Mark si staglia in modo nitido nelle composizioni, a tratti limpide, a tratti acide di Natalizia, proponendo i topoi caratteristici del glossario “lanegan-iano” (in un florilegio di “graveyard”, “demons”, “sin”, “darkness”…). Sono storie di peccatori sul baratro di un vicolo della città, o al crocevia della morte, raccontate in maniera ferma da Lanegan e mosse invece da un’incredibile pulsione vitale e da una melanconia profonda che scaturisce dalla elettronica sofisticata di Natalizia (“Murder In Fugue”): si inizia con l’accettare l’assenza del futuro, sulle quiete note di synth e le parole moltiplicate in echi (“Signyfing The End”); si cammina lungo le strade della città, dove i suoni metallici delle catene stridono coi desideri di fuga del protagonista (“City Of Sin”); si attraversa storditi Babilonia per completare la catarsi (“Burned Out Babylon”) e giungere infine alla consapevolezza di essere comunque perduti (“The Broken Man”): “Who guards the great gates to Heaven?/ Who can ride the phantom horse?/ Who can stitch my wings back together?/ Who has made this broken man?/ I will kill you if I can”.
Durante il processo si aprono tre finestre strumentali in cui ci si arresta: per prendere respiro al suono dei campanacci dei greggi, che si odono nebulosi tra i bordoni di synth (“On The Yeard”); per contemplare la drammaticità elegiaca dei fraseggi di archi, dove compare appena in loop la voce di Dark Mark come parte integrante dell’arrangiamento (“The Last Time Leaving Home”); per perdersi nel caos atavico generato dalla ripetizione e sostenuto da dissonanze, ritmiche scomposte e archi taglienti (“Lights On Canopus”).
Presentato in anteprima a Berlin Atonal 2019, “Downwelling” è un disco eclettico, visionario e fuori dagli steccati di genere, del lignaggio di autori capaci di riti musicali sciamanici come Jim Morrison o Scott Walker. Entra progressivamente in circolo e pulsa costantemente nelle vene, lasciando un immane senso di irrequietezza e di pienezza.
10/10/2019