Il progetto Psycho Kinder di Alessandro Camilletti ci ha abituati negli anni a una ferrea opera di riduzione, che ha trovato il suo culmine nel 2018 con “Diario Ermetico”. Una continua sottrazione che - partendo dagli esordi darkwave - ci ha condotto verso testi sempre più ermetici, necessario punto di arrivo di un processo portato tanto al limite che era legittimante difficile immaginare una nuova strada di fronte a sé (se non pensando a un disco per sola voce). Cambiare ma allo stesso tempo seguire un tragitto coerente con la propria discografia non era facile; qui sta il colpo di genio di Camilletti nel trovare una soluzione perfetta per conciliare due obiettivi apparentemente contraddittori.
L’idea geniale è quella che il guru del minimalismo italiano Lino "Capra" Vaccina potesse essere un perfetto punto di congiunzione tra il continuo percorso di sottrazione e la necessità di un'evoluzione. La collaborazione con l’autore di “Antico adagio” è quindi la soluzione a questo difficile bivio, punto di partenza di un piccolo esperimento di appena due singoli che potrebbe aprire la strada a un nuovo percorso con nuovi e interessanti sviluppi nei prossimi anni.
Due soli brani di cinque minuti ciascuno, dove vibrafono e piano dettano i tempi e dove le parole di Camilletti si inseriscono con naturalezza, anch’esse minimali come le note di Lino Vaccina (autore anche del mixaggio). I testi perdono gran parte del pessimismo rabbioso precedente per aumentare la componente riflessiva. Non più l’uomo opposto a una società inaccettabile, in cui unica difesa è la volontaria marginalità. Stavolta l’uomo si pone di fronte alla natura stessa, cosciente che la sua salvezza è possibile solo nell'abbandono assoluto, l'esatto opposto della lotta e della resistenza. Se Camilletti era stato il fautore di una orgogliosa diversità dalla massa, dalla ricerca di una identità forte, ora è invece il momento di abbandonarsi totalmente. Un abbandono nella natura madre che è liberatorio e unica speranza di salvezza filosoficamente possibile.
“Un disegno infantile” riflette proprio su come lo sguardo di un bosco possa donare una pace interiore. Nonostante il “disordine” apparente - cosa che lo differenzia da un lussuoso giardino curato in modo maniacale in ogni dettaglio - la visione degli alberi crea una pace interiore proprio in quanto lontano dalle ossessive rigidità mentali a cui siamo sottoposti quotidianamente. Il disordine è quindi anche e soprattutto libertà, assenza di regole e schemi mentali imposti dai falsi bisogni consumistici (ville con giardino da miliardari), è “grazia della natura” in cui abbandonarsi senza remore, come un ritorno a un nostro io antico e più autentico.
“All’ombra di metafore” è legata alla antichissima filosofia indiana dei Veda. E’ anch’essa connessa a una sorta di abbandono, ma la visione è ancora più ampia. L’uomo non è più in contrapposizione ad altri uomini, non è un uomo solo contro modelli di società inossidabili, ma è indivisibilmente legato nella sua essenza personale a quella universale, uomo e natura uniti ma separati solo temporaneamente nel tempo fugace della vita per poi ritrovarsi appena dopo (“siamo uno noi due in esilio dal tempo”). Quindi tutte le esperienze umane (siano esse quelle del singolo individuo o quelle di una società complessa) non esistono realmente ma sono come immagini che scorrono (“scorrono le immagini”), come metafore che si ripetono all’infinito (“all’ombra di metafore”) che rendono superflue le categorie umane in cui cataloghiamo ogni fenomeno o evento (“e saltano le categorie”). Tutto quello che crediamo reale, tutte le nostre sovrastrutture che immaginiamo come reali e che influenzano totalmente la nostra vita in effetti non esistono (“la storia non esiste”) se non inquadrate in un contesto molto più ampio.
28/09/2019