"Olympic Girls", dopo il pur interessante ma transitorio "Brightly Painted One", è sicuramente l'album più completo della neozelandese: un florilegio di arrangiamenti che richiama in generale le ambientazioni del "nuovo" Laurel Canyon d'oltreoceano ("My Love Leda"), insieme a più sognanti ambientazioni alla Linda Perhacs ("Holograms"), dona il giusto spazio d'espressione all'ispirazione melodica sempre smagliante di Hollie (la title track).
Anche uno dei pochi brani più nineties ("How Much") si inserisce in un contesto di maturità artistica che si può dire, per "Olympic Girls", al suo massimo apice. Come resa dei brani, era dai tempi di "Fleet Foxes" (richiamate qua e là, naturalmente, ad esempio nelle infiorescenze di "One Million Flowers") che non usciva un disco di tale longevità.
Non dispiacerà probabilmente ai cultori dello stile l'associazione della Holbrook con David Lynch (che ha prodotto in passato un suo singolo), che ispira vagamente anche questo lavoro dolceamaro (la Miyazaki-ana "Kore Waits In The Underworld"), in cui l'emozione è da scoprire, più che essere esplicitamente gettata in faccia all'ascoltatore ("Cold Enough To Climb").
Nel complesso, si tratta di un album che difficilmente verrà superato in termini di profondità e completezza espressiva in quest'anno, che si tratti di maschietti o femminucce.
(10/02/2019)