Nella corsa a ostacoli del mondo discografico, la londinese Cleo Sol può vantare un percorso davvero peculiare; esordiva ormai qualcosa come otto anni fa con un (ottimo)
brano di ritmato e stiloso r&b sulla scia di
Beyoncé e Amerie, salvo poi far passare anni di silenzio prima di tornare sulle scene con una nuova miscela di soul alternativo, jazz, tinteggiature di
exotica e finissimi arrangiamenti orchestrali. Ed è con quest'ultimi pezzi - alcuni rilasciati sparsi, altri raccolti nell'Ep "Winter Songs" del 2018 - che noi l'avevamo notata, letteralmente stregati dal pathos e dalla sopraffina qualità compositiva e sonora di brani quali "
Sweet Blue" e "
One". Una videografia semplice, ma ben curata, aveva fatto il resto, mettendo definitivamente sotto l'obiettivo il volto di una ragazza certamente giovane ma già in possesso della propria visione artistica.
Tuttavia, è con un nota di amaro disappunto che si arriva a fine ascolto di "Rose In The Dark", debutto sull'ormai lunghissima distanza, rilasciato totalmente a sorpresa per la gioia dei suoi fan più affiatati. Nonostante svariati ascolti, il nuovo materiale semplicemente stenta a replicare quella formula che faceva di Cleo Sol un nome unico e riconoscibile tra mille nel panorama, anche fuori dai confini d'Inghilterra. Adesso si preferisce piuttosto insistere per la maggior parte su un suono acustico alquanto standard, fin troppo parco di colori e di atmosfere per potersi definire davvero eccitante nel 2020.
Solo il singolo "Why Don't You", infatti, mostra ancora quegli echi di
exotica e lascive orchestrazioni da terrazza sul mare di una Hollywood anni 50. E volendo c'è pure la bellissima ballata "When I'm In Your Arms", che si dipana elegante e sinuosa su oltre cinque minuti di bassi, arpe e tendaggi di seta pregiata, con più di un richiamo al puro melodismo r&b anni 00 di
Erika De Casier.
Ma già dall'altro singolo "Butterfly", un semplice momento acustico come se ne possono sentire tanti in giro per la Rete o in un qualunque localino jazz di Camden Town, si ricava la formula che detta l'andazzo per il resto del disco: jam rilassate ("Young Love", "Sideways") e all'occasione confessionali ("Sure Of Myself"), ma che tendono comunque a risultare sfuggenti e - talvolta - quasi frustranti nel loro pavido abbozzo melodico (vedasi "I Love You", o l'inspiegabilmente piatto momento urban di "Rewind").
Nella sua fin troppo scontata semplicità, "Rose In The Dark" non sembra proprio avere la stoffa per posizionare Cleo Sol sulla mappa, magari accanto ai lavori di altre stimate colleghe della scena londinese - vedasi le multicolori divagazioni
art-folk di
Eska, le raffinatezze elettroniche di
Fatima, il sensuale
neo-soul di
Eliza, o il caratteristico
songwriting spigliato e giovanile della prima
Lianne La Havas.
Un vero peccato, perché Cleo Sol aveva già mostrato di possedere tutte le carte giuste per potersi trasformare in un'inedita e raffinata diva a passeggio sulla spiaggia di Ipanema. Con quei vecchi singoli ci aveva quasi fatto rivivere quel momento di ormai un decennio abbondante fa, quando la fascinosissima concittadina - ed ex-Smoke City - Nina Miranda si mise alla voce del progetto Shrift per un raro e inimitato disco di
electro-lounge-exotica quale "
Lost In A Moment". Insomma, a questo punto non ci resta che confidare nelle capacità dell'autrice e aspettare una possibile nuova mossa - sperando che a quel punto l'orchestra la segua passo passo.
02/04/2020