Ottavo capitolo discografico, il quarto pubblicato al di fuori dei confini patri, “Old Flowers” è per la musicista americana l’album dei ricordi e della riflessione. Un vero e proprio diario intimo per un’autrice ancora giovane, 30 anni a novembre, la cui crescita umana e artistica è stata scandita dalla passione per la musica.
Sono lontani i tempi in cui insieme alla mamma si dilettava con il karaoke nei bar di provincia, o si cimentava con il punk-rock in una band tutta al femminile, ed era ancora adolescente Courtney quando restò folgorata dall’energia di “Car Wheels On A Gravel Road” di Lucinda Williams.
Appena diciottenne, la ragazza dell’Arizona aveva già inciso tre album, ma è solo con “Honest Life” che l’artista ha trovato il giusto equilibrio espressivo, un album intenso e personale che ha avuto riscontro anche in Europa e le ha offerto la possibilità di misurarsi con un budget più elevato per la realizzazione di “May Your Kindness Remain”.
Non del tutto entusiasta della resa finale, Courtney Marie Andrews per “Old Flowers” ha voluto evitare gli errori commessi nella realizzazione del precedente album, recuperando in primis il suono più minimale e asciutto degli esordi, ha poi trovato in Andrew Sarlo (già alla corte dei Big Thief) il produttore adatto per questa nuova direzione stilistica, coinvolgendo tra i musicisti l’eclettico polistrumentista Matthew Davidson (Twain) e James Krivchenia (Big Thief), perfetti complici per un album dai toni malinconici e aspri.
Courtney Marie Andrews non ha mai nascosto le sue fonti d’ispirazione, album storici come “Blue” di Joni MItchell e “Tapestry” di Carole King, ma anche la sensualità di Carly Simon e l’attenzione alla radici di Lucinda Williams, punti di riferimento che tornano a essere centrali nella scrittura e negli arrangiamenti di “Old Flowers”.
Basti come esempio la notevole ballata pianistica “Together Or Alone”, graziata da un lirismo amabilmente classico, altresì reso moderno da sottili trame elettroniche, una magia che si ripete nella confessionale e fragile “If I Told”, o nell’evanescente romanticismo di “Break The Spell”, brani che aggiungono nuovi idiomi al termine folktronica.
La grande intuizione di Andrew Sarlo e Courtney Marie Andrews è quella di affidarsi a una fragilità emotiva che offre alle canzoni un pragmatismo lirico e armonico che seduce dopo ripetuti ascolti, spogliandole di inutili orpelli e lasciandone intatta la carica emotiva (“Guilty”, “How You Get Hurt”).
Anche le briciole di soul che alimentano la più dinamica title track e la spensieratezza country di “It Must Be Someone Else's Fault” non modificano l’atmosfera generale del disco. “Old Flowers” non corteggia l’easy listening e non ha canzoni epiche alle quali aggrapparsi, ma le melodie dispensate dalla cantautrice sono inebrianti, pronte a insidiarsi sottopelle e a conquistare l’anima (“Carnival Dream”) mettendone a crudo gioie e dolori.
Il nuovo album di Courtney Marie Andrews è un progetto coraggioso, destinato forse a dividere in due il pubblico. Un deciso passo avanti nella giusta direzione per un’artista che ha trovato finalmente la propria voce.
02/07/2020