Era da un po’ di tempo che quel pacioccone di Dan Deacon non si faceva vivo con un Lp. Dopo “Gliss Riffer” del 2015 abbiamo avuto modo di apprezzarlo al lavoro su due colonne sonore molto particolari come quelle di “Rat Film” e “Time Trial”, ma quel mondo incantato, fatto di acidi e marshmallow in cui solo i suoi dischi possono condurre, ci era mancato. Da questo punto di vista, “Mystic Familiar” va ben oltre il colmare la mancanza. I suoi colori sgargianti e la sua struttura, che si allunga e annoda come un ruscello di Lsd dai mille, fluorescenti corsi, traghettano l’ascoltatore in un trip indietronico irresistibile, che lo farà passare in uno schiocco di dita dall’astinenza all’overdose, da zero a cento.
L’uncino che tira dentro le spire in technicolor di Deaconland è un insistente, caloroso arpeggio di piano, un po’ minimalismo fiammingo e un po’ Little Miss Sunshine, che fa da fondamenta alla bellissima “Become A Mountain”, cantata da Dan con fare da pifferaio magico. Una breve, vischiosa parentesi intitolata “Hypnagogic”, con una tastiera analogica che fa il verso a una cornamusa ancestrale, prepara la scena al delizioso e pimpante garbuglio ritmico di “Sat By At Tree”. Appisolandosi di schiena a un albero magico non si possono fare che sogni magici, con gli Animal Collective che bivaccano intorno al fuoco in compagnia di Beatles e MGMT. Un altro superbo numero pop, con un refrain quasi radiofonico, è “Fell Into The Ocean”.
Al centro del disco troviamo una suite in quattro movimenti intitolata “Arp”, una specie di sogno nel sogno che porta il trip a un ulteriore livello subconscio, una corsa a perdifiato su rotte siderali dove è possibile intravedere i sintetizzatori di Jean-Michel Jarre sfrecciare a braccetto con sax conturbanti sulle altre corsie stellari. Prima dell’implosione finale, il lungo brano viene fatto bruciare a velocità Fuck Buttons, con milioni di coriandoli al posto dei detriti noise.
Notevole è anche “Weeping Birch”, camera di decompressione dal viaggio spaziale che la precede, anch’essa di ispirazione minimalista. Delude un pochino un finale non all’altezza di quanto lo precede, composto dalla canzoncina “My Friend” e dalla lunga “Bumble Bee Crown King”, che immerge un fitto gioco di percussioni elettriche in una nebbia psichedelica indiana.
“Mystic Familiar” è insieme il disco più complesso, per architettura ed evoluzione progressiva delle sue trame, e quello più accessibile di Dan Deacon. Un viaggio coinvolgente e articolato con qualche sosta in frangenti di pop cristallino e irresistibile. Decidere se “Mystic Famliar” sia meglio o peggio degli altri due più apprezzabili, ma più frammentari, lavori del musicista di stanza a Baltimora (per chi vi scrive “Spiderman Of The Rings” e “Bromst”) sarebbe impossibile. È invece un'affermazione priva di rischi asserire che si tratti della sua opera più matura e consapevole, dove le sue intuizioni trovano l’organicità finora mancata.
Ancora una volta, buona permanenza a "Deaconland".
14/02/2020