Nato nel silenzio di una Monza in lockdown, “Comunque vada è successo. Vol. 1” vede Luca Urbani, ex-leader dei Soerba, riprendere in mano gli amati schemi di cantautorato pop-elettronico. Com'è accaduto per larga parte dei suoi progetti (Zerouno, Deleyva, Fluon) e per le numerose collaborazioni come autore (Bluvertigo, Alice, Garbo, Mao, La Sintesi, per citarne solo alcune), l’artista lombardo struttura il lavoro su armonie fitte e sintetiche, sviluppate all’interno di sonorità elettro-wave che richiamano i più scuri Depeche Mode, amalgamate con periodiche incursioni di stampo dancefloor.
Sono i testi, tuttavia, la peculiarità del cantautorato di Luca Urbani, grazie all’innata capacità di descrivere ciò che lo (e ci) circonda con concetti diretti ed essenziali, che talvolta diventano veri e propri slogan atti a veicolare, in modo semplice, pensieri molto più complessi: una finestra spalancata sul corrente e complicato periodo storico.
Urbani dimostra di essere attento e sagace osservatore, sbattendo in faccia analisi personali, irreprensibili, turpi proprio perché autentiche, velate da congrue dosi di causticità e ironica amarezza, ma che lasciano lo spazio per l’inserimento di barlumi di fiducia per un futuro più nitido o nel quale può bastare accontentarsi della propria condizione.
Il frequente utilizzo della seconda persona singolare nella narrazione, altra caratteristica storica di Urbani, favorisce il recepimento del messaggio da parte dell’interlocutore, che è chiamato inequivocabilmente in causa e spinto a porsi interrogativi.
Doverosa la segnalazione per intensi capitoli quali “Mondo Bellissimo”, “L’imbroglio” o “Credere al destino”, ma più che citare e analizzare i brani è più corretto spaziare tra i concetti e i messaggi che Urbani sparge con grande estro tra i solchi. E’ vero che “La vita è anche stupidità, staticità, spavento”, come spesso capita di “Sentirsi in un paese straniero, dove le solite cose sembrano nuove” o pensare che “Non esistono persone snob. Esistono persone che non ti considerano, a cui non servi, di cui però ti servi” e ad esempio ci si può accorgere di vivere “In un mondo bellissimo, che però mi fa sentire piccolissimo”, o che la stessa esistenza preveda un futuro trasformato in “Un mondo di schiavi flessibili, senza legami familiari”.
Luca Urbani si conferma cantautore moderno che, in un itinerario synth-pop, allaccia riflessioni e visioni descritte in modo schietto ed esclusivo, con un piglio che lo rende decisamente riconoscibile nel panorama italiano. La sua proposta artistica parte da molto lontano, gode di un presente considerevole ed è proiettata verso un futuro che merita un’alta soglia d’attenzione.
23/11/2020