Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti
(Articolo 1)
La modern classical è uno dei generi che più ha caratterizzato le pubblicazioni musicali degli ultimi due decenni. In tempi di odio crescente nei confronti dei diversi, dei poveri e degli ultimi - presi come capro espiatorio di ogni personale insoddisfazione - e in un mondo dell’informazione dove la musica viene vista come mero intrattenimento per non pensare, come uno strumento per disinnescare ogni forma di pensiero libero, la modern classical si pone totalmente in un altro universo, sia sonoro che filosofico di approccio alla vita.
Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione
(Articolo 3)
Max Richter è - tra i compositori che hanno aperto la strada alla modern classical - il più celebre e probabilmente il più significativo, ormai un punto di riferimento assoluto di questa generazione di musicisti. Richter comprende bene quanto la rabbia e l’odio siano due elementi costitutivi dei nostri tempi, e quanto vadano combattuti e isolati. Ha quindi l'idea geniale di rispolverare uno dei capolavori del secolo precedente, quell’inno all’umanità nato dalle macerie del secondo conflitto mondiale, la "Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo", che, riletta oggi, appare quasi come un miracolo di poesia e bellezza, capace di farci riflettere su quanto il mondo oggi sia regredito rispetto a quegli illuminati principi fissati nell'anno 1948.
Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese
(Articolo 13)
Richter ne è consapevole e punta tutto sulla bellezza e sulla profondità del testo, cercando di dare voce (come fa intendere il titolo) alle vittime silenziose della negazione dei diritti umani di oggi e di ieri. La musica diventa lo strumento di questa operazione: non innovativa ma potente, non troppo diversa da quella a cui Richter ci aveva già abituati, ma capace di moltiplicare l'impatto emotivo con l'ascoltatore a livelli del tutto nuovi. Piano e violino - nel consueto stile del musicista tedesco - creano mondi dilatati e sognanti, minimalisti e (a volte) ripetitivi, ma capaci di aprirsi in imperiosi crescendo melodici che da vari anni rappresentato uno stile divenuto unico e riconoscibile.
Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni
(Articolo 14)
Vari lettori si alternano scandendo tutti i trenta articoli della Dichiarazione, dall'iniziale “All Human Beings”, nella quale vengono illustrati i primi articoli sui concetti basilari di libertà ed eguaglianza. La musica accompagna prima silenziosa la lettura, poi emerge lentamente sino a uno straziante crescendo di archi che tocca i sentimenti più nobili. Un piano minimalista fa da base a “Origins” con in sottofondo vecchie registrazioni di voci ormai dimenticate, di pensieri di libertà soffocati dal tempo. “Journey Pieces” è il brano più etereo e insieme al successivo “Chorale” è dedicato alle libertà individuali che nessuno stato dovrebbe mai limitare: ne nasce una sorta di requiem dove il canto lirico diventa la voce sofferente delle molteplici vittime del sopruso e del narcisismo del potere; il brano non può che terminare, come in un cerchio che si chiude, con il primo e fondamentale articolo della Dichiarazione (“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”).
Ancora pianoforte minimale in “Prelude”, che ricorda vari momenti della discografia di Richter, mentre “Murmuration” e “Cartography” continuano le letture e la lunga raccolta di voci dal nulla, ripescando alcune idee già presenti all’inizio della carriera del compositore tedesco. “Little Requiems” e “Mercy” chiudono il disco accentuando gli aspetti neoclassici, in particolare i cinque minuti di “Mercy” non hanno più bisogno di parole in quanto il piano e gli archi riescono a parlare da soli, commuovendo come in una sorta di ringraziamento agli autori di questi testi tanto significativi per la storia dell’uomo.
Si potrebbe dire di trovarsi di fronte a uno dei migliori album di Richter. Certamente è quello con cui il compositore entra più profondamente dentro la società di oggi cercando di carpirne le contraddizioni quotidiane e cercando di avvisare che la strada dell'odio non potrà che portare a nuove tragedie. Richter si pone come un "alieno" rispetto a questa nuova società manipolata dalla demagogia e dal populismo, ci sottolinea l'importanza della riflessione, del silenzio e soprattutto dell'empatia verso il prossimo. Se la sua musica in “Voices” riprende gli stilemi tipici del genere di cui è capostipite, la capacità emotiva raggiunge probabilmente il culmine della sua carriera.
Da sottolineare i tre video disponibili, tutti bellissimi, e la possibiltà di ascolto dei brani in versione solo strumentale nel secondo cd.
25/08/2020