Con alle spalle le esperienze Eva Mon Amour e Cappello a Cilindro, Emanuele Colandrea prosegue il percorso in solitaria con il terzo disco di inediti "Belli dritti sulla schiena", masterizzato da Matteo Gabbianelli dei Kutso, prodotto da Pier Cortese e uscito per la FioriRari di Roberto Angelini, con questi ultimi due presenti come musicisti guest. Nomi con cui Colandrea condivide l'appartenenza a una più ampia scena cantautoriale capitolina dove troviamo anche gaLoni, con cui ha spesso incrociato il suo percorso.
"La fortuna di perdersi nel bosco", il look dominato dalla folta barba, le scene di provincia e l'essenziale folk acustico: Colandrea potrebbe ricordarci Iron & Wine o Bon Iver. In "Belli dritti sulla schiena", però, a discapito delle parabole contemporanee di Samuel Ervin Beam e gli struggimenti di Justin Vernon, troviamo una vivida e vivace rassegna di pensieri e scenari quotidiani. La scrittura si concentra infatti su immagini/frasi spesso ripetute, dove si stagliano scorci riflessivi (l'opener dall'intro celestiale "Il ciglio del vulcano" o "Credo", sporcata dalla chitarra elettrica).
In alcuni passaggi, il tono si fa alquanto (auto)critico, vedi il singolo anticipatore "Ok Emanuele": "Se fossi stato di Bologna forse l'avrei chiamata 'L'avvelenata'", ha dichiarato a riguardo l'autore. A far da collante, sparso un po' ovunque, un amore raccontato in prima persona in ogni sfumatura, da "Buona fortuna amore mio" a "Gerico" e "Erika".
Unico momento musicalmente "estraneo" è proprio la trascinante title track, una "lettera scritta a qualcuno per parlare di se stessi", che si stacca dal morbido flusso degli arrangiamenti per una scintillante veste cucita dai sintetizzatori. Chiude l'ispirata e genuina mezz'ora d'ascolto la sentita "Il pane e la farina (canzone per Gabriele)".
17/03/2022