Da un lato abbiamo Little Simz, la rapper dal flow assassino, la paroliera ingegnosa, l'attrice prossima a costruirsi un nome di rilievo: un pacchetto imponente, quasi intimorente, eppure alquanto eccitante, figlio di una visione espressiva matura. Dall'altro troviamo invece Simbi Ajikawo, la donna dietro al personaggio, riflessiva, piena di conflitti, talvolta introversa, come da titolo del suo nuovo album, che ne mette pienamente in mostra le qualità in una cornice magniloquente, dalle fattezze addirittura sinfoniche. Come risolvere l'apparente dissidio? Con lucidità e onestà: sorta di invito nel passato e nel presente della londinese di origini yoruba, i 65 minuti dell'album trattano la scissione tra maschera e volto con la pompa di un concept-album anni Settanta, ma con la schiettezza di una raccolta confessionale, che non fa sconti a nessuno, prima di tutto alla propria firmataria. E chi lo ha detto che l'introversione non possa avvalersi di robuste striature orchestrali?
Con le fattezze di un kolossal contemporaneo, è la sontuosità di “Introvert” ad aprire le danze, ad accoglierci nel sinuoso universo dell'album, vasto e sfaccettato quanto può esserlo la vita di Ajikawo, tanto da concedersi addirittura il lusso di (ottimi) innesti spoken in forma di interludio, affidati alla voce di Emma Corrin (già vista di recente come Lady Diana in “The Crown”). È uno sfavillante diario in musica che non segue ordini precostituiti o il filo del tempo, ma ragiona seconda la logica di una teatralità manifesta, eppure mai eccessivamente calcata, presente quel che basta per fornire un canovaccio narrativo all'intera opera. Canovaccio che non tarda a essere utilizzato già dall'importante stacco che separa l'incipit dalla successiva “Woman”, in compagnia dell'amica Cleo Sol. Con la classe di chi sa perfettamente esprimersi anche in linguaggi più soul e tradizionali, Little Simz omaggia il mondo intero e le sue donne senza facili prosopopee, ma con il calore e la comprensione di chi è vicino a quello che racconta.
E così il viaggio passa attraverso decisi richiami alla sua terra di origine (la collaborazione con Obongjayar per gli ostinati afro-funk di “Point And Kill”; lo spettro di Fela Kuti che aleggia lungo tutta “Fear No Man”), un impetuoso compianto sul difficile rapporto con un padre assente (le fattezze old-school di “I Love You, I Hate You”), secchi fraseggi grime, dalle parti dei migliori episodi della Fade To Mind (“Rollin Stone”).
Simbi e Simz si cedono il passo senza mai annullarsi, impatto lirico ed energia espressiva sanno procedere e rivelare la sfaccettata interiorità dell'autrice con tutta la grinta e la compattezza necessarie, in un gioco di contrasti e slanci che ripaga pienamente la densità tematica e stilistica del progetto. Se si riscontra il dubbio, l'insicurezza, basta un giro di pagina per scoprire l'euforia, un appagamento totalizzante, proprio di chi ha saputo far fruttare la propria riflessività ed è riuscita a raggiungere un difficile equilibrio.
Forse ancora non è arrivata a toccare la grandezza di cui “Sometimes I Might Be Introvert” a momenti si fa testimone, ma con una simile ambizione, e con una personalità che la accompagna dagli esordi, Little Simz non ha di che temere. Potrà essere introversa talvolta, ma la sua stella è destinata a brillare ancora più forte.
20/09/2021