Affrancarsi dalle grinfie di una major che ti stritola e ti limita può portare a una più che giustificata euforia, ma il rischio di perdere la bussola e lasciarsi trascinare verso imprese avventate è altissimo. A maggior ragione se ti chiami Tinashe: capace di belle prove quando ben concentrata, ci vuole poco perché l'inconsistenza spadroneggi, e quando succede non c'è RCA che tenga. Fa piacere vedere come “333” non appartenga a questa seconda categoria, e riponga l'ex-promessa mainstream sull'affascinante percorso tracciato dai primi mixtape e, soprattutto, dall'ottimo “Aquarius”. Curioso, dotato di un'effervescenza che non diventa sinonimo di superficialità, il secondo album post-major acuisce la versatilità espressiva e il carattere interpretativo della sua autrice, avvalendosi di collaborazioni che per una volta non soverchiano la protagonista. In tempi in cui perdere la bussola è più frequente che mai, un simile colpo di reni non era affatto scontato.
Per quanto hook e melodie siano sicuramente accattivanti, e piazzano momenti da manuale (“Bouncin'” e le sue articolate modulazioni dance, richiamate poi in una seconda parte che ne approfondisce gli elementi in una lunare versione al rallentatore), è nel sound che questo “333” scintilla veramente. Non che anche le sue precedenti prove non abbiano fatto sfoggio di grande classe produttiva, anzi, di momenti dal grande sound la discografia di Tinashe è piena: è un'altra cosa però osservare come la presa di coscienza è arrivata al punto che la produzione sappia essere così eclettica e ariosa, eppure compattissima, precisa, capace di circondare voce e scrittura senza volersi prendere tutto lo spazio possibile. E così “X”, in compagnia di un ritrovato Jeremih, estrae il meglio da una base che accoglie puntate drill in una fluttuante cornice cloud, donando opportuno respiro alla linea melodica e all'interscambio vocale tra i due. Kaytranada fa pure di meglio, nel fornire una struttura bipartita, quasi progressiva, a “Unconditional”: il calore funk della base si stempera in rivoli chitarristici e carezze downtempo, lasciando che il tono appassionato di Tinashe si esprima in tutta la sua ricchezza.
Finisce qui? No di certo, l'album sa come colpire a più riprese, che sia nel rendere validi gli abusatissimi stilemi trap-pop (“I Can See The Future”) oppure nell'esplorare una passione fin troppo sopita verso il vasto universo dell'elettronica (il nerbo drum'n'bass di “Shy Guy”, il taglio in fascia house di “Let Me Down Slowly”, l'episodio più glorioso dell'intero lavoro). Tinashe si muove con la curiosità e la leggerezza di chi ha trovato un difficile equilibrio e adesso sa come manovrarlo, senza commettere errori evitabili. Il tempo dirà se questo è l'inizio dell'effettiva ripresa oppure si arriverà a un nuovo stallo: se la tenacia della sua autrice sta a indicare qualcosa, è che questo “333” non vuole assolutamente essere un punto d'arrivo. Troppo l'appetito per limitarsi a un pur sostanzioso antipasto.
14/09/2021