Da Re Mida dell’afrobeat britannico a fardello della scena? Fa strano scriverlo, ma la parabola di Shabaka Hutchings potrebbe davvero rivelare una simile traiettoria. Il suo stile sassofonistico, indubbiamente focoso e personale, è stato insieme alla sua ideologia intrisa di blackness fra i principali propellenti dell’esplosivo panorama jazzistico londinese degli ultimi anni. Eppure, man mano che le strade esplorate iniziano a divergere, quel linguaggio singhiozzante che suonava perfetto agli esordi di Sons Of Kemet e Comet Is Coming mostra crescentemente i suoi limiti espressivi. Tant’è che, approcciandosi a un nuovo disco che lo veda coinvolto, ci si trova ad augurarsi: “Speriamo non lo si senta troppo…”
E quanto lo si sente, nell’ultima uscita dei Comet Is Coming? Dipende da come la si ascolta. Come sottofondo, fila a meraviglia. Predominano i groove di Danalogue e Betamax (Dan Leavers e Max Hallett, insieme anche nel duo Soccer96) e le atmosfere decollano. Ancor più che nelle registrazioni precedenti, in questo “Hyper-Dimensional Expansion Beam” le tessiture elettroniche giocano la parte del leone e gran parte dei brani deve la propria efficacia evocativa all’uso ossessivo dei sequencer e alle oscurità cyberpunk scaturite dai sintetizzatori.
Se invece si presta attenzione alle linee melodiche, il gioco si fa meno entusiasmante. Ogni volta che Hutchings balza in primo piano — e accade spesso — gli schemi proposti si reiterano. Timbri, intervalli, perfino sequenze di note sono cliché che mal si adattano alla ricchezza degli scenari costruiti da batterista e synth wizard.
Non che sia un dramma: una volta che lo si è messo a fuoco, si rimette su l’album sapendo come approcciarvisi. E di motivi per riascoltare ce ne sono senz’altro: l’iniziale “Code” assicura una partenza col botto, “Aftermath” è fra gli episodi più luminosi realizzati dal terzetto, “Tokyo Nights” dura meno di un minuto, ma fonde piglio wonky, frenesia ritmica e toni crepuscolari. Anche “The Hammer”, pur abbondando in fraseggi prevedibili, presenta uno sposalizio intrigante fra incedere elefantiaco e aperture sintetiche.
Con la loro quarta uscita di lunga durata, i Comet Is Coming mostrano di aver solo iniziato a esplorare un nuovo spazio di possibilità musicali, una terra jazz-tronica meno psichedelica rispetto agli esordi e forse più vicina alle acque propizie in cui navigano Otis Sandsjö e i suoi numerosi compari nordeuropei. Il dubbio è: davvero l'equipaggio è ancora il migliore per proseguire nella missione? La data italiana di marzo, a Milano, sarà l'occasione più adatta per farsene un'idea.
24/12/2022