Denuit

Senza ricorrere a troppi giri di parole, i francesi Denuit si autodefiniscono così: “goth as fuck, our favorite color is black”, descrivendo il loro sound come una sorta di incrocio tra Cure, Depeche Mode e Siouxsie (giusto per volare bassi!). Stereotipi su stereotipi che possono rappresentare un’arma a doppio taglio, perché se da un lato gli integralisti del giro dark, leggendo questa introduzione, avranno già alzato le antenne, c’è da dire che alla fine della giostra i conti tornano fino a un certo punto.

Il biglietto da visita è comunque di rilievo, non a caso “I’m Bleeding” è un singolo che ha tutte le carte in regola per fare il botto, merito anche di un videoclip sopra le righe in cui si riaffacciano con prepotenza i tanti luoghi comuni di cui sopra (per l’occasione, inzuppati nel sangue). Tuttavia, non serve risalire fino alle origini del genere per inquadrare a dovere la musica del duo francese, una proposta in realtà molto più scarna di quanto si possa immaginare: i riferimenti si agganciano infatti al presente e non alla profonda sostanza del glorioso passato, tra citazioni sparse per i vari Selofan o Lebanon Hanover (“In The Darkroom”, “Voice Of The Shadows”, “Life And Death”) e qualche impennata synth degna di nota (“Némésis”).

Se Parigi è il motore inesauribile di una scena transalpina in grandissimo fermento (tra i nomi attualmente più in vista, spiccano Soror Dolorosa, Minuit Machine, Je T’Aime e Saigon Blue Rain), questa coppia proveniente da Montpellier prende le distanze dalle sfumature più corpose ed eclettiche delle band sopracitate, rifugiandosi in un modello di goth scheletrico forgiato dalla voce imponente di Lis Araignée e da un immaginario fin troppo artefatto per convincere appieno.
“Inferno” si lascia ascoltare, ma è un solletico che passa in fretta.  

11/05/2023