Non è certo una novità il rapporto dei Marlene Kuntz con il grande schermo, basti pensare al lavoro svolto dalla band piemontese per “Tutta colpa di Giuda”, film che nel 2009 fruttò una nomination ai David di Donatello, oppure ricordare le tante sonorizzazioni realizzate dal vivo per il cinema e il teatro. A tal proposito va ricordata l’impegnativa sfida affrontata nel 2017 in occasione dello spettacolo allestito per sonorizzare le immagini de “Il Castello di Vogelod”, capolavoro muto del regista espressionista tedesco Wilhelm Murnau, interagendo non soltanto con la pellicola ma anche con la presenza sul palco dell’attore Claudio Santamaria.
Non sono nuove neppure le connessioni con Beniamino Catena, conosciuto nel 1999 e autore di tre fra i videoclip più amati dei Marlene Kuntz: “La canzone che scrivo per te”, “A fior di pelle” e “Notte”. Nel 2019 il regista iniziò a gettare le basi per la riprese del film “Io sono Vera”; per progettare la colonna sonora pensò proprio ai Marlene che, sfruttando il periodo del primo lockdown, diedero forma a linee strumentali inedite, puntando sull’attitudine onirica e sperimentale della propria scrittura. Il risultato sono nove tracce dalla forte componente ipnotica, in grado di interpretare il tono iperrealistico dell’opera, incentrato sul tema del ritorno alla vita dopo un’esperienza di morte apparente.
E’ una sorta di evoluzione delle Spore che popolavano il dischetto bonus di “Ho ucciso paranoia” e che trovavano spesso spazio, in forme diluite e dal piglio psichedelico, anche nelle esibizioni dal vivo. Ma questa volta non incontriamo soltanto situazionismi ambient-noise (“Il fiato dell’universo”, “Suoni dal mistero”), procurati attraverso l’effettistica applicata alle chitarre, mestiere nel quale i Marlene Kuntz sono da sempre maestri, o brevi squarci che hanno l’intento di caratterizzare singole scene, nei quali a prevalere possono essere una ritmica ai confini con la deep house (“Inquietudine”) o decise influenze afrocentriche (“Tribalità”).
In alcuni casi gli arpeggi elaborati da Cristiano Godano e Riccardo Tesio generano vere e proprie canzoni di grande fascino che, anche se prive di testo, sono percepibili come canonicamente Marlene Kuntz. Si tratta di “Armonie”, “Raggi di luce” e “Una sottile malinconia”, arricchita dai riconoscibili vocalizzi di Godano, il quale per questo progetto abbandona il ruolo di mero frontman per concentrarsi sulle possibilità del suo strumento, conducendolo (o lasciandosi condurre?) in territori artisticamente distanti da quelli d’origine della band. Imbastendo suoni che alternano noise, psych, ambient e post-rock, l’intento è enfatizzare la narrazione senza mai prevaricarla, trovando le giuste dinamiche emozionali nel rispetto dei tempi previsti dal copione.
Marlene si conferma così alla costante ricerca di nuovi orizzonti espressivi, in grado di ampliare una proposta artistica sempre più mutevole. Un lavoro che assume significati ancor più profondi se analizzato in concomitanza con quanto pubblicato in contemporanea dai Verdena (autori della colonna sonora di “America Latina” dei fratelli D’Innocenzo) e da Manuel Agnelli (il quale ha confezionato la canzone portante del “Diabolik” portato sugli schermi dai Manetti Bros, aggiudicandosi il David di Donatello). Una simultanea convergenza di intenti verso la materia soundtrack che ha senz’altro un grande significato e che in pochi si sarebbero attesi soltanto qualche anno fa dal tris d’assi del rock alternativo italiano.
21/08/2022