“The Patience Fader” è quieto come una meditazione, articolato come un pensiero ponderato, emozionato come qualcosa che non si provava da tempo, attento come un dialogo intimo tra persone che si amano. L’album si compone di tante istantanee tra neo-folk e slowcore che avvicinano lo stile di Nelson a quello di David Wingo, autore di diverse colonne sonore dei film di David Gordon Green.
Lo stile chitarristico del musicista è vicino anche a Ben Chasny/Six Organs of Admittance e William Tyler, a ridisegnare con la chitarra elettrica clean, più che con l’acustica o la parlour, le geometrie di un American songwriting moderno che non necessita di parole.
Tra la ricerca di una quiete estatica (“Swimming In A Western Hotel”, “The North Line”) e un lirismo struggente (“Outskirts, Dreamlit”) si insinuano echi di ambienti (“Corneil”, “Wooster, Ohio”) e suoni del mondo (“Baitshop”), crepe (“Memorizing, Memorizing”) o tracce di una narrazione epica (“Just A Story”) che lasciano la sensazione di un deja-vu (“Harmony Conversation”).
Chiude il cerchio “Grounded”, un saluto sospeso con l’armonica tra un “arrivederci” e un “addio”. La figura quieta di Nelson torna nella penombra dove era stata negli ultimi anni, dopo aver condiviso con l’ascoltatore 40 minuti di fulgente solitudine, senza sapere se e quando riapparirà.
(24/04/2022)