Pavement

Il quinto e ultimo atto della carriera dei Pavement fu anche – almeno inizialmente - il meno amato dai fan. Non tanto per la qualità media delle canzoni, migliorata rispetto a quella dei due album precedenti, quanto per l’eccessiva pulizia dei suoni, opera del maniacale perfezionismo di Nigel Godrich, un fan del gruppo che cercò di innestare la propria disciplina “Radiohead style” sull’atteggiamento weird-slacker di Stephen Malkmus e compagnia. Grazie al suo contributo, il progetto riuscì comunque a sbloccarsi, dopo settimane nelle quali avanzava fra mille difficoltà generando grande frustrazione all’interno della band. La mano di Godrich si rivelò comunque più pesante del previsto, anche solo per aver proposto di lasciare gli States per recarsi a completare le registrazioni in Inghilterra.

La proverbiale etica lo-fi dei Pavement andò così a farsi friggere, in favore della levigata serenità di “Major League” e “Ann Don’t Cry”, o dei perfettini slanci indie-pop espressi in “Spit On A Stranger” e “You Are A Light”, sempre in grado di confermare le inconfondibili doti di scrittura di Malkmus. Gli istinti alt-rock restarono ben presenti in “Cream Of Gold”, le bizzarrie da parco giochi nella conclusiva “…And Carrot Rope”, mentre le faccende più squisitamente sperimentali rimasero relegate all’imprevedibile approccio zappiano di “Platform Blues” e “Speak, See, Remember”. Venature country si scorgevano nel banjo di “Folk Jam” e nell’imprevedibile finale di “Billie”, ma il momento più straripante esondava dalle spire psichedeliche di “The Hexx”, fra i vertici assoluti dell’intera carriera dei Pavement, qui lanciati verso un’inedita dimensione lisergica.

Originariamente pubblicato nel giugno del 1999, “Terror Wilight” trova soltanto ora, a diversi anni di distanza dagli altri quattro album, il riconoscimento della deluxe edition. Nelle versioni in digitale e in vinile la sequenza è modificata in favore di quella – cervellotica e obiettivamente incomprensibile - pensata da Godrich e rigettata dai musicisti coinvolti. Oltre alle tracce rimasterizzate, trovano posto il breve inedito strumentale “Shagbagh”, le B-side dei singoli, una manciata di demo casalinghi e qualche ruvida registrazione catturata durante le session intermedie tenute presso gli Echo Canyon Studios, quelli di proprietà degli amici Sonic Youth, con i quali condivisero un leggendario tour qualche anno prima.
Si può così osservare la lenta e faticosa evoluzione delle canzoni e comprendere quanto gli interventi del produttore riuscirono a indirizzare il lavoro, traghettandolo verso lidi rassicuranti ma intriganti, sopperendo alla sopraggiunta inadeguatezza di parte della band, tecnicamente non in grado di spiccare ulteriori salti in avanti.

In fondo alla scaletta prendono posto anche alcune registrazioni live dell’epoca, dalle quali emerge la volontà di suonare quelle canzoni replicando la versione finita sul disco. Quel tour promozionale deteriorò in maniera irreversibile i rapporti interni: di lì a poco lo scioglimento del gruppo avrebbe consentito lo start up di carriere soliste mai ai livelli dei migliori Pavement. Nel box di “Terror Twilight: Farewell Horizontal” sono raccolte complessivamente 45 tracce, delle quali 28 mai edite prima, riunite in quattro vinili o due cd, più un book con foto rarissime e commenti scritti da gran parte dei protagonisti. La reissue arriva in contemporanea con l’atteso reunion tour, rinviato negli ultimi due anni a causa della pandemia, che partirà a inizio giugno dal Primavera Sound Festival di Barcellona, prime apparizioni sul palco dopo il giro di concerti tenuto nel 2010, in quel caso accompagnato dalla compilation “Quarantine The Past”.

12/04/2022