Il monumento immortalato sulla copertina del nuovo disco dei Rammstein è il Trudelturm di Berlino, una massiccia costruzione tuttora visitabile nel parco aerodinamico della capitale tedesca. Una figura grigia e imponente che ci riporta indietro fino all'epoca del nazismo e poi ancora qualche decennio più avanti, quando quella parte della città era sotto il controllo sovietico. "Zeit" è dunque un titolo inequivocabile: è il tempo che scorre inesorabile modellando la storia, quella stessa storia che continua a scrivere delle pagine insanguinate, ancora oggi.
I Rammstein hanno lavorato su queste undici composizioni durante i giorni difficili della pandemia, inconsapevoli dell'infame destino a cui stava andando incontro una parte dell'Europa orientale. Eppure "Zeit" trasuda le scorie di una Guerra Fredda ancora viva, oscillando tra oscuri sentori apocalittici (l'apertura affidata all'elettronica di "Armee Der Tristen") e incalzanti marcette industriali ("Dicke Titten").
Curioso poi come Lindemann e soci riescano a passare - restando ai loro primi due singoli/video - dalla Z alla Z: da "Zeit" a "Zick Zack". Non che sia una sorpresa, piuttosto una constatazione, l'ennesima per una band capace di alternare gli scenari, le emozioni e le tematiche più distanti, offrendo sempre una riflessione. Nel caso del brano che dà il titolo al disco, siamo faccia a faccia con l'inesorabile passare del tempo. Un'introspezione che ha lo sguardo rivolto al mondo circostante, a un presente privato di ogni speranza ("Continuiamo a morire, finché viviamo. Morire vivendo nella morte. Andiamo alla deriva verso la fine. Nessuna sosta, solo andare avanti. Sulla riva attende l'infinito, prigionieri così nel flusso del tempo", recita il testo della title track). Anche in "Zick Zack" il tempo passa, ma in maniera molto più concreta, fisica: qui la band irride la chirurgia estetica, ipotizzando un futuro che speriamo - per loro - non si verifichi mai.
Se non mancano passaggi agguerriti impacchettati con mestiere (da "Angst" a "Giftig") ed esplicite tematiche sessuali (la già citata "Dicke Titten" e "OK", ovvero Ohne Kondom, senza preservativo), la grandezza dei Rammstein è ancora una volta custodita in quei brani altri, dove la band più che scuoterci con la forza meccanica del suo sound, preferisce toccare corde molto più profonde. Se nel predecessore spiccava "Puppe", qui abbiamo "Meine Tränen" ("Un uomo piange solo quando sua mamma muore") e la splendida "Lügen", aperta da un suono struggente e poi portata in alto dalla voce (distorta ed effettata) di un Lindemann nei panni di un incurabile bugiardo ("io mento e imbroglio").
"Zeit" non è dunque un'appendice del precedente lavoro, non è il "Rosenrot" di turno che scodinzola dietro a un'esperienza appena conclusa (in quel caso, "Reise, Reise"), anche perché qui sono trascorsi ben tre anni dall'omonimo full-length del 2019.
Purtroppo, però, per quanto gradevole, l'ascolto non può non essere condizionato dal tempo che è passato e si atterra così sulle note di "Adieu", da leggere (sulla scia di altre canzoni dei Rammstein) come un messaggio riferito ai propri fan. Meglio dunque salutarsi e abbracciarsi con un'ultima canzone ("adieu, goodbye, auf wiedersehen"), non si sa mai.
01/05/2022