Assemblando industrial-rock, techno e gothic elettronico in un edificio musicale solenne e orrorifico, dalle architetture ballabili e dall'impatto chitarristico, il juggernaut teutonico Rammstein ha costruito da un humus musicale variegato un sound industriale caratteristico, con una forte vocazione scenica e pirotecnica. Frutto di un'attitudine neo-romantica per vocazione, Rammstein è un prodotto interiormente industriale, nell'economia del quale elementi distintivi come i ricorsi orchestrali, i vocal tedeschi gutturali in basso profondo e il ricorso spettacolare al fuoco nei live rischiano, a volte, di colmare il confine tra il volo solenne e la caduta nel kitsch, atterrando generalmente in salvo sui territori dell'autoironia.
I componenti dei Rammstein, provenienti da Berlino, Schwerin, Wittenerg e Leipzig, si uniscono nel 1993 per iniziativa del chitarrista Richard Z. Kruspe-Bernstein, che nel 1989 era scappato a Berlino Ovest e aveva formato gli Orgasm Death Gimmick con cui si ispirava alle tendenze musicali provenienti dagli Stati Uniti e dalla Germania Ovest. Dopo il crollo del muro, Kruspe potè assoldare Paul Landers (chitarra), Oliver Riedel (basso) e Christoph Schneider (batteria). A questo punto Bernstein trova nel tastierista Christian Lorenz, inizialmente scettico sul progetto, il comprimario ideale per un songwriting che aspira a sposare ballabilità, atmosfere e impatto. La scelta del cantante ricade su Till Lindemann, amico personale di Bernstein ed ex campione giovanile di nuoto, il cui registro basso e accento marcatamente germanico, insieme alla ingombrante presenza scenica e alla manipolazione di mezzi pirotecnici, caratterizzeranno in maniera decisiva il progetto. Il contesto in cui si muovono è quindi quello della Germania Est, nei suoi ultimi anni e subito dopo la riunificazione politica, con le difficoltà e le fonti d'ispirazione che quel momento storico comportava. Allo stesso Lindemann, operaio figlio di una coppia divorziata quando era bambino, a sua volta padre single, è stato chiesto di unirsi al gruppo dopo esser stato sentito fischiettare e canticchiare mentre intesseva ceste di vimini per sbarcare il lunario.
La coesistenza di un gusto romanticistico e orrorifico e di un'appartenenza a un'epoca industriale, prima ancora che nella musica, è all'opera nel nome della band, manifesto programmatico: Rammstein richiama la strage della base aerea di Ramstein, causata da un un jet delle frecce tricolori, che causò la morte di 67 persone. La m in più è dovuta a un errore di battitura, ma è un errore che conferisce sapore perché può tradursi anche con perifrasi come "pietra sfondante". Forse per l'ingombranza di questo riferimento da gruppo popolare, il gruppo avrebbe poi maldestramente cercato di cambiare le proprie origini, affermando di ispirarsi alle "rammsteine", delle pietre che nelle vecchie porte urbane fungono da fermi; ma ormai l'immaginario che circonda il gruppo, fatto di fiamme, di tensione come per un viaggio senza ritorno, era inciso.
A rafforzare l'identità del gruppo contribuisce il ricorso quasi esclusivo alla lingua tedesca nel canto, reso particolarmente efficace dal timbro vocale profondo e carismatico di Lindemann, con alcuni tratti distintivi come dei toni molto enfatici e un marcato rotacismo, talmente accentuato da ispirare i più comuni stereotipi sulla durezza germanica al punto che alcuni giornalisti lo definirono superficialmente "hitleriano" (e forse il gruppo era astutamente consapevole che avrebbe potuto suscitare scalpore mediatico). Questa scelta ha motivazioni sia artistiche, proseguendo nel solco tracciato dai gruppi connazionali che ispirano i Rammstein, sia di necessità contingente, perché Lindemann non sa parlare in inglese in quanto è cresciuto sotto il regime comunista dove impararlo era difficile.
A pochissimi singoli si sarebbero affiancate versioni cantate in inglese. Il booklet dell'esordio Herzeleid, tuttavia, presenta alternanza tra liriche in lingua originale e traduzioni in francese, mentre il booklet del successivo Sehnsucht presenterà le sole traduzioni in inglese di alcuni brani pur cantati in tedesco. E negli album successivi faranno capolino sporadici brani con inserti in altre lingue (inglese, russo, spagnolo, persino italiano).
Il primo lavoro, Herzeleid, prodotto nel 1995 a Stoccolma da Jacob e Carl Michael Herloeffson, è interamente fondato su tali connotati. Traendo notevole ispirazione da una band connazionale come i KMFDM ma soprattutto dagli Oomph!, che avevano gettato i semi di quella che proprio con questo disco sarebbe poi stata chiamata dalla stampa Neue Deutsche Härte ("nuova durezza tedesca"), il disco tradisce anche le influenze di formazioni come Laibach, Skinny Puppy, Nine Inch Nails, ma anche elementi di un gruppo distante come quello dei Depeche Mode. In particolare il punto di riferimento principale per la formazione teutonica è l'album "Sperm!" uscito l'anno prima, ma i Rammstein partono da quelle basi per progredirle tramite un discorso proprio. Herzeleid, il cui concept visivo si presenta come un pastiche tra nudità villose e variopinti fiori sbocciati, e che risulta disturbante forse non proprio per scelta, è un incontro tra ritmiche chitarristiche nette, potenti e trascinanti; marce industriali e tastiere che impongono sonorità techno le quali, tuttavia, virano verso un gusto sonoro e verso l'evocazione di un universo visivo a volte decisamente sinistro e oscuro.
La maggior parte dei brani sembra non sfuggire alla formula della composizione attorno al nucleo ritmico ossessivo di una chitarra ("Wollt ihr das bett in flammen sehen", "Weisses Fleisch"). Altri mescolano in eguale misura techno o drum'n bass e una certa tradizione industrial-metal ("Weisses Fleisch", "Asche zu asche"), mostrando tangenzialmente l'influenza decisiva dai Ministry. E se la convincente "Du riechst so gut" rischia di non funzionare solo nell'inserto-scivolone elettrofolk, la melanconica "Seeman" e l'anthem "Herzeleid" dimostrano una produzione asciutta, accorta nelle commistioni sonore e versatile negli approcci, che distingue i Rammstein da molte, più insicure band coeve o dal simile profilo, nonché da molti dei suoi successivi imitatori. Il brano "Rammstein" chiude l'album richiamando coerentemente i temi cari a Bernstein e Lindemann, evocando la morte e le fiamme del disastro aereo in una specie di ipotetica carrellata visiva sull'inferno di metallo, con una marcia industriale sostenuta quanto sinistra e l'ufficio narrante di una voce granitica.
A questo punto è definitivamente avviato un nuovo filone che attinge a più gradi da industrial-metal, electro-industrial, wave, techno e gothic-rock, che la stampa decide di chiamare Neue Deutsche Härte e di cui i Rammstein divengono gli alfieri o quantomeno il gruppo più rappresentativo e di successo.
La produzione low-budget di Herzeleid era stata preceduta da un'intensa attività concertistica, che aveva imposto i Rammstein in patria come un act dall'impatto scenico senza pari, costruendo una base di estimatori per il loro suono caratteristico, ma anche per il ricorso agli effetti scenici. Le performance live utilizzano effetti pirotecnici, diffondendo fuoco ed esplosioni sul palco. Lindemann arriverà più avanti ad affinare la proposta scenica fino a indossare tute di amianto per ricoprirsi schiena e braccia di fuoco, cantando intere canzoni avvolto dalle fiamme. In numerose interviste, il frontman dichiara che la scelta di utilizzare simili mezzi scenici è maturata durante i primi live, quando "durante le parti strumentali, non sapevo proprio cosa fare per non restare immobile stupidamente, quindi mi diedi da fare per sviluppare idee teatrali e sceniche". Se l'impatto sul palco è più unico che raro, la riuscita estetica del primo video non è altrettanto felice: il clip di "Du Riechst so Gut" può avere tutt'al più un "fascino" kitsch, che rischia di piacere solo a palati troppo rozzi. Tuttavia, le vendite del disco si impennano, e Herzeleid si stabilizza nelle classifiche tedesche ai primi posti, rimanendovi per due anni, mentre il nome del gruppo varca i confini nazionali e inizia a circolare in tutto il mondo, al di fuori di Germania, Austria e Svizzera.
L'attività concertistica prosegue con una maggiore visibilità: tra ottobre e dicembre 1995 Herzeleid viene sottoposto a promozione intensiva con una serie di concerti nazionali ed europei, aprendo la band per act importanti come Project Pitchfork. Nel 1996, il video della ballad "Seeman", questa volta prodotta con criteri artistici più equilibrati, mantiene alto il gruppo in classifica. Nel frattempo, continuano gli impegni sul palco: oltre a proseguire il tour nazionale, i Rammstein aprono per i Clawfinger in Austria e Svizzera e supportano in patria i Ramones per otto tappe dell"Adios Amigos Tour", comparendo anche su Mtv Live e proseguendo un tour tedesco che li impegnerà fino all'estate, quando partecipano a numerose rassegne tra cui il Bizarre Festival di Colonia. Mentre la base di follower cresce, la band conquista un fan importante. Il regista David Lynch, che definisce i Rammstein come il suo gruppo preferito e propone loro l'utilizzo dei brani "Rammstein" e "Heirate Mich" per il suo successivo lavoro, "Lost Highway". Il film, una delle più importanti pellicole girate negli anni 90, consacra i Rammstein nella colonna sonora accanto a nomi del calibro di David Bowie, Nine Inch Nails, Angelo Badalamenti, Marilyn Manson e Smashing Pumpkins, attirando ulteriori riflettori sul nome della band. Il video di "Rammstein" beneficerà dell'apporto di scene dal film.
Quando il nuovo album Sehnshucht è pronto per essere commercializzato, Herzeleid è in classifica tedesca da 29 settimane. Il nuovo singolo "Engel", con il suo refrain fischiettato, l'appeal ballabile e un coro velenoso su una ritmica di chitarra trascinante, supera le 250.000 copie vendute. Il secondo singolo "Du Hast" ha altrettanto successo, spopolando nei club europei con un ritmo industrial-rock martellante e ballabile e con il suo ritornello dai vocal gutturali, dal tema ambiguo e scritti con una metrica pensata apposta per il sing-along, seppure in tedesco. Un passo avanti è mosso anche nella direzione di video ben prodotti, come quello di "Du Hast", che cita le "Reservoir Dogs" di Quentin Tarantino, con la recitazione di una famosa attrice tedesca.
Sehnsucht, prodotto da Jacob Hellner, debutta in Germania al numero 1, arrivando nelle classifiche europee ai primissimi posti e sgomitando con band come Rolling Stones, Prodigy e Radiohead, mentre il gruppo stipula accordi per un tour autunnale europeo e per un tour con i KMFDM sul suolo americano. Nel nuovo album, che riceve lusinghieri apprezzamenti da vasti versanti della critica musicale (tra cui Rolling Stone e Spin), Rammstein appare un act più sbilanciato sulla ballabilità che sull'headbanging, con un equilibrio maggiore tra approccio chitarristico e vocazione industrial-gothic e una produzione decisamente più raffinata: evidente, per esempio, in "Tier", che mescola abilmente una citazione dei Ministry, un refrain accattivante, sonorità elettroniche e influenze rock tra le più svariate. La capacità caratterizzante della voce di Lindemann, pur soggetta all'idiosincrasia dell'ascoltatore, rimane in primo piano, come quando sembra autocompiacersi nella scalata vocale, una volta tanto verso i bassi, di "Bestrafe Mich". Brani come "Spiel mit mir", una specie di valzer industriale, si distinguono per l'originalità e la freschezza, mentre pezzi come la title-track e soprattutto "Buck Dich", oltre ad avere l'usuale impatto sull'ascoltatore, fanno emergere con maggiore chiarezza l'humour cinico e grottesco della band, con testi che si discostano leggermente dalle violente evocazioni di grand-guignol e fuoco e fiamme dell'album di esordio, virando su temi erotici, evocati licenziosamente e con ampio utilizzo di doppi sensi, e furbamente accompagnati a indizi di possibile appartenenza ideologica del gruppo.
Già accusati di presunte simpatie ideologiche di estrema destra, per motivi risibili come la pronuncia definita "hitleriana" di Lindemann, la copertina di Herzeleid (i torsi nudi sono stati interpretati come una messa in mostra del "maschio ariano"), la gestualità marziale sul palco o i contenuti estremi dei testi, i Rammstein confrontano simili accuse su un piano più esplicito all'uscita, nel 1998, del video di "Stripped", una cover prodotta per il tributo ai Depeche Mode "For The Masses". La cover, uno dei migliori pezzi mai prodotti dalla band, rilegge "Stripped" con personalità e appeal, dotandola di vocal esasperatamente bassi, accompagnati da una seconda voce, su un arrangiamento industrial dance-rock ispirato e che esalta il songwriting dell'originale. Per il video, i Rammstein illustrano l'opposizione lirica "metropolis/land" scritta da Dave Gahan con immagini olimpioniche di atleti di ogni nazionalità e razza, ma alternano questi ultimi a spezzoni del controverso "Triumph des Willens", pellicola di propaganda del Reich girata da Leni Riefenstahl nel 1934.
Il gruppo nega fortemente qualunque simpatia politica o intento ideologico, ma le controversie si traducono ovviamente in un positivo e costruito ritorno di attenzione mediatica. Sorprendentemente, i Rammstein sembrano anche aver superato l'apparente barriera all'attrattiva internazionale costituita dal ricorso alla lingua tedesca, riscuotendo un successo che si estende, oltre alla madrepatria e al versante gothic ed elettronico, sempre più nel pubblico alternative-rock e -metal.
Mutter, il terzo lavoro della band, è pronto per uscire nel 2000. Nei due anni intercorsi, i Rammstein non sono certo divenuti globally mainstream. Sono però, ormai, un act alternativo internazionale di primo piano, nonché la band tedesca di maggior successo nel mondo, stando ai dati di vendita degli album e alla rivista Echo, che ne sancisce il traguardo. Se i primi album superano il mezzo milione di copie vendute in Germania, Sehnsucht raggiunge un simile traguardo anche negli Usa. La band apre i concerti dei Kiss, dei Soulfly e degli Skunk Anansie, ma ha anche occasione di inaugurare un tour americano da headliner che la porta fino al Sud America. Il sestetto teutonico partecipa a numerosi eventi e festival dal richiamo internazionale, tra cui il Family Values Tour insieme a Orgy, Limp Bizkit e Ice Cube, e compare tra i nomi degli ospiti d'eccezione in eventi musicali di Mtv, oltre che tra le nomination degli Mtv Europe Music Awards (nel 1998 ma anche, successivamente, nel 2001).
Le registrazioni del tour tedesco del 1999 fruttano Live aus Berlin, in versione musicale o come live video, mentre il comparto elettronico della band aveva già trovato il tempo di eseguire remix di brani dei Faith No More e dei KMFDM, riuniti nel maxi-single della nuova versione della vecchia "Du Riechst So Gut". Per questo pezzo dal primo album i Rammstein pensano a un secondo, miglior video, che riesce però a risultare ancora più penoso del primo, vecchio tentativo: il girato è pacchiano e dozzinale, fiabesco nel mero tentativo e orrorifico nel solo risultato registico.
Sul versante dei live, la band continua a costruire una reputazione di spettacolarità, accresciuta a suon di make-up futuristico, performance piretiche come musicisti-mangiafuoco, luci ed esplosioni. L'impatto scenico va in effetti affinandosi di pari passo con i mezzi tecnologici. L'aderenza a un'estetica da techno-junkie si è fatta più complessa e ironica, mentre Lindemann trae ispirazione dal comportamento sul palco di personaggi dal simile appeal, come Marilyn Manson: rispetto all'anticristo über-pop, Lindemann ha più stazza e meno carisma, ma le sue boccacce e i comportamenti schizofrenici sul palco ne guadagnano in grottesca spettacolarità. Gli episodi sul palco arrivano ad annoverare la distruzione ad accettate di un manichino rappresentante il tastierista Flake, abitudine abbandonata repentinamente quando si rischia di colpire l'uomo e non il suo simulacro. Una gag di simulazione sessuale con un grosso fallo di gomma, messa in scena come da copione durante l'ironica "Buck Dich", frutta ai Rammstein un pernottamento in cella durante il Family Values, in occasione della tappa di Worcester, Mass.
Eppure, Mutter presenta un'attitudine estetica molto diversa dall'evoluzione del gruppo sul palco, né è possibile, per la sua progressione stilistica, parlare come si è fatto di "more of the same". Mutter si discosta radicalmente dai due album precedenti, dando linfa a una svolta decisamente neo-romantica, più netta degli abbozzi dall'ispirazione industrial-orrorifica o licenziosa dei primi lavori, nei quali la componente teatrale non si era spinta fino alla definizione di un concept coerente. Questa volta, la componente elettronica del sound viene asciugata e integrata col lavoro chitarristico, con l'intento di costruire brani esplosivi come "Mein Herz Brennt", "Links" o "Feuer Frei", artatamente dalla falsa ideologia come "Feuer Frei" o "Sonne", intimistici eppure energetici come "Mutter" o la bella "Nebel". Non mancano la consueta dose di allusione sessuale spinta, come in "Rein Raus", o fantasticherie gender come quelle di "Zwitter". Nel complesso, l'effettistica corale sintetica e il ricorso a un repertorio para-orchestrale, zeppo di cori ma anche di sirene industriali, guadagna terreno per mezzo di una produzione ancora più netta e "asciutta", quadrata e funzionale, certamente dal vasto appeal.
Attraverso "Feuer Frei", i Rammstein sarebbero comparsi sul grande schermo all'interno delle scene di "XXX", action movie con Vin Diesel e Asia Argento. Ma se il processo di vocazione al lirismo avrebbe trovato pieno compimento con il successivo Reise, Reise, è evidente come i Rammstein, in Mutter, abbiano anche perseguito l'intento di corteggiare un settore del mercato musicale più sensibile a una simile proposta estetica. Non è un caso che la critica e il grosso pubblico heavy-metal, fino ad allora prevalentemente schizzinosi nei confronti del loro sound, inizino a schierarsi dalla loro parte, secondo un processo di progressiva assimilazione che oggi corrisponde a un'acclamazione corale, stemperata da sporadiche critiche sulla "semplicità" dei riff, che però ne fraintendono interamente lo stile.
Nel 2003, il celebre compositore tedesco Torsten Rasch decide di rendere omaggio al gruppo con una riproposizione in chiave orchestrale e neo-espressionista del materiale rammsteiniano, intitolando la pubblicazione Mein Herz Brennt, con l'aiuto dell'orchestra filarmonica di Dresda.
Ma torniamo ai Rammstein. Mutter è stato uno spartiacque che ha determinato uno shift stilistico e una vocazione più netta, ma questa vocazione trova espressione compiuta in Reise, Reise. Pubblicato nel 2004, all'indomani di numerosi momenti di visibilità e di successi commerciali e di tour (tra i quali, negli Usa, il Pledge Of Allegiance insieme ai System Of A Down), Reise, Reise è fortemente atteso da parte di vasti settori del pubblico, anche per via di polemiche e censure pregresse: le prime, per via della citazione della band da parte di uno dei responsabili della strage di Colombine, in America; le seconde, per nuovi episodi sul palco e i tagli operati sul "Live".
Il disco presenta un'evoluzione stilistica che va oltre quanto già fatto su Mutter e si sviluppa in senso più solenne, atmosferico, melodico e cupo allo stesso tempo: la maggior parte dei brani presenta una commissione di potenza muscolare e solennità orchestrale, portata a definitivo compimento verso un'estetica dal gusto lirico e romantico, che fa utilizzo organico di ensemble lirici. Le atmosfere sono pessimiste, grazie sia alle chitarre che fanno largo uso dell'accordatura ribassata e di chords sincopati, sia a pervasivi quanto efficaci riempimenti di tastiera (che sono più gotiche e rifuggono dall'elettronica tagliente dei precedenti album per concentrarsi su choirs enfatici e strings melodiche). Il concept dell'album sembra chiudere il cerchio con il primo disco, raffigurando la carlinga e la scatola nera di un aereo per ritornare sul concetto del viaggio senza ritorno. La copertina infatti è ispirata al volo della Japan Airlines 123 del 12 agosto 1985, quando un Boeing 747 si schiantò causando 520 vittime. Il titolo è coerente con questa interpretazione nel suo doppio senso (letteralmente "viaggia, viaggia", ma è anche un richiamo dei marinai chiamati all'adunata sull'imbarcazione al largo dopo il risveglio).
Nel complesso, il songwriting è leggermente meno ispirato che in Mutter. Tuttavia, Reise Reise include anche pezzi quasi fuori concept, come le politicamente sarcastiche "Moskau" e "Amerika", o il brillante industrial-rock dell'aggressiva e macabra "Mein Teil", ispirata dall'episodio di cannibalismo rituale di Armin Meiwes che sconvolse cronaca e pubblico in Germania. Singolare anche la power-ballad atmosferica "Ohne Dich", particolarmente zuccherosa nel testo e nelle strings, generando un senso di dolceamaro così com'è inframezzata tra gli altri brani.
Pur se in un processo di liricizzazione apparentemente irreversibile, e stucchevole per molti, quindi, i Rammstein riescono a mantenere una dose cospicua di self-humour e di versatilità. Sembra, in effetti, che l'estetica e il concept dietro al marchio Rammstein siano solo apparentemente naïve, e che celino, al contrario, oltre a una spiccata e auto-ironica vocazione teatrale da intrattenitori pirotecnici, un'operazione estetica e musicale abbastanza sofisticata nel ricercare e ottenere successo, e in ogni modo alla base di alcuni, ineressanti risultati artistici. Operazione criticabile o meno e che, come nel caso di Manson - imparentato ai Rammstein per ben più di un suo remix a opera dei teutonici - sembra comunque destinata a esporre il gruppo a giudizi estremi, polarizzati tra le aprioristiche bocciature di una certa critica, a volte decisamente superficiale, e la condiscendenza totale e ugualmente acritica degli ormai fin troppi estimatori.
Nel 2005 viene pubblicato Rosenrot che diluisce la formula del suo predecessore, senza però aggiungere significative novità, giacché i brani si suddividono tra outtakes di Reise, Reise e alcuni inediti che ricalcano il suo stile, il tutto con attitudine semplificata, ammorbidita e più radiofonica. Il titolo è ispirato al poema di Goethe Heidenröslein ("Rosellina della landa") e alla favola dei fratelli Grimm Schneeweisschen und Rosenrot ("Biancaneve e Rosarossa").
Il binomio iniziale costituito dal singolo "Benzin" e dalla feroce ma catchy "Mann gegen Mann" mostra dei Rammstein molto orecchiabili e direzionati verso la formula d'impatto, ma senza la stessa profondità sonora fino ad ora dimostrata. La title track ricalca "Stein um Stein", in "Spring" invece si impongono basi cupe e sentimentali su cui si ergono la tastiera atmosferica e il coro di voci per cercare effetti melodrammatici, che tuttavia iniziano a suonare banali e preconfezionati. Peculiare la ballata sentimentale "Wo bist du?", terribilmente semplice come impianto ma romanticamente espressiva, con soundwall di chitarra a sostegno dell'appassionato Lindemann, sonorità dolciamare che probabilmente suoneranno stucchevoli ai fan della prima d'ora del gruppo, riempimenti di tastiera e piccoli inserti di flauto. Dopodiché, altra ballata: "Stirb Nicht vor mir – don’t die before I do", un insolito brano di pop-rock dolce e acustico in cui Lindemann, più spensierato rispetto al brano precedente, duetta con la cantante Sharleen Spiteri. Non sembra più di sentire i Rammstein e si percepisce una discontinuità stilistica che spezza l'equilibrio del disco.
"Zerstören" è una ripresa veloce e dalla batteria dal ritmo trascinante. "Hilf mir" è il brano più oscuro di tutti, grazie a uno dei riff più duri di sempre per i Rammstein e all’aura avvolgente di tastiera, in alcuni punti anche macabra. Si passa all'umorismo con la spiritosa "Te quiero puta!", goliardata in spagnolo con un susseguirsi di riff veloci e di stoppaggi imponenti. Le trombe spagnole e le linee vocali adottate immergono negli stereotipi di un ambiente latino-americano, il testo è ultra-banale seppur d’effetto, le voci femminili mordaci e taglienti. Sopraggiunge ora uno dei migliori pezzi del lotto, "Feuer und Wasser", per due minuti un insieme di arpeggi e atmosfere oscure apparentemento monotono a divenirsi, ma al sopraggiungere dei muri sonori delle chitarre irrompe subito il chorus, con una delle migliori prestazioni di Lindemann. La chiusura dell’album viene affidata alla malinconica "Ein Lied", una semplice outro arpeggiata.
Nel 2006 il live e dvd Völkerball a mostrare lo stato di salute nei concerti del gruppo.
Nel 2007 viene pubblicato l'esordio omonimo del progetto Emigrate del chitarrista Richard Kruspe, che per l'occasione si occupa anche delle parti vocali e della produzione. È un lavoro dal songwriting sferzante e melodico, che mantiene gli elementi principali del sound rammsteiniano a livello chitarristico, ma tagliando pesantemente le tastiere e l'elettronica che sono relegate a piccoli cenni di accompagnamento di sottofondo. Il riffing si fa a tratti più hard-rock e corposo, mentre il lato più debole è probabilmente la voce di Kruspe che non possiede neanche lontanamente l'incisività e il carisma di Lindemann. Nonostante diversi filler, alcuni momenti acustici stantii ("You Can't Get Enough") e un occasionale riciclo di idee già usate coi Rammstein ("In My Tears" è praticamente una rivisitazione di "Stein um Stein"), si rivela tutto sommato un album passabile, con alcuni singoli catchy ("Wake Up" su tutti), consigliato soprattutto ai fan dei Rammstein in cerca di qualcosa di differente, ma non imprescindibile.
Dopo una lunga e travagliata gestazione, i Rammstein tornano nel 2009 con un titolo che è tutto un programma: Liebe Ist für Alle Da, l'amore è per tutti. Viene ripreso da Mutter il gioco del contrasto fra un nome apparentemente dolce, che dovrebbe ispirare serenità, e fra sonorità poi molto più dure, taglienti e orecchiabili, pur ogni tanto inframezzate da momenti più emotivi. C'è anche la solita ironia erotica tipicamente rammsteiniana, che ha causato la censura del disco in alcuni paesi. Il titolo è infatti un riferimento al nome di un bordello berlinese, mentre testi e video abbondano di riferimenti alla pornografia e alla trasgressione. In effetti il lavoro segna un ritorno al passato rispetto a Rosenrot, in direzione di suoni più duri e granitici vicini ai primi lavori, ma mantenendo una certa dose di solennità enfatica. Stilisticamente quidi si avverte il tentativo di una summa dei principali momenti della carriera del gruppo (il riffing aggressivo ed incalzante di Sehnsucht, le atmosfere più oscure e metalliche di Mutter, il sound enfatico, solenne e corposo di Reise, Reise).
A questo giro le idee messe a cuocere sono poche, al punto che i tedeschi per compensare ciò indugiano troppo in stereotipi del loro stile, nel sensazionalismo e nei ritornelli a effetto. Le canzoni hanno inoltre minore identità che in passato, si fanno più simili fra loro e piatte fino a che la ripetitività della struttura riff-centrica non inizia a risultare eccesiva. Abbondano gli elementi ormai divenuti caratteristici del sound rammsteiniano, ma senza la genuina grinta e spinta creativa che li aveva caratterizzati in passato: i soliti choirs atmosferici ed effetti tastieristici di cui in molti, ispirandosi proprio ai Rammstein (su tutti i Deathstars), hanno abusato; gli attacchi distorti di chitarra prima di passare al motivo portante; la voce melodrammatica di Lindemann pronta a tramutarsi in un impetuoso ruggito. Fra i brani migliori "Ich Tu Dir Weh", con giochi atmosferici ipnotici a cui rapidamente si susseguono i riff pesanti, un ritornello epico e un assolo emotivo; "Waidmanns Heil" (il saluto del cacciatore, il doppio senso è voluto) in cui l'epicità si fa sempre più ironica e immediata; "Wiener Blut" che gioca sulla contrapposizione di momenti di forte impatto e distensioni più mesmerizzanti; "Mehr", un'interessante commistione di elettronica caustica, ritmi incalzanti e note acustiche, il tutto con un crescendo atmosferico che genera suspance prima di una possibile esplosione sonora. I momenti peggiori sono con tutta probabilità le due ballate sentimentali "Fruhling in Paris" e "Roter Sand", che sembrano messe tanto per proseguire con il trend della ballata introdotto cogli ultimi lavori, ma senza trovare il giusto spessore emotivo e anzi stemperando le atmosfere. A conti fatti Liebe Ist für Alle Da si rivela il disco più povero di idee e meno riuscito della discografia dei Rammstein, un passo falso auto-indulgente e molto auto-celebrativo su cui il gruppo dovrà meditare.
Se il gruppo principale a questo punto entra in un periodo di sospensione a tempo indeterminato, non si può dire lo stesso per i progetti paralleli dei membri del gruppo. Gli Emigrate pubblicano il secondo disco a 7 anni di distanza dall'esordio, intitolandolo per l'appunto Silent So Long. Questa volta lo stile del gruppo si è evoluto in un alternative-rock ruvido e chitarristico, macchiato di hard-rock, metal e occasionalmente di industrial-rock in alcuni interventi elettronici, comunque sporadici e senza le componenti caustiche e alienanti del genere (tradendo invece l'influenza di acts maggiormente melodici e mainstream saliti alla ribalta durante gli anni 2000 sulla scia del post-grunge). L'album è segnato dai numerosi contributi degli ospiti: Peaches ("Get Down"), Lemmy ("Rock City"), Marilyn Manson ("Hypothetical"), Jonathan Davis (la title track)... tutti che conferiscono un pezzo del loro gusto artistico ai brani, che spaziano così da tonalità abrasive e furenti di chitarra ad altre più cupe e colorate dalle tastiere; ma per contro fanno emergere la disomogeneità del disco che è più una collezione di idee sparse. A livello di songwriting e soprattutto vocale si rivela un po' più consistente del suo predecessore, ma senza particolari guizzi o sorprese innovative.
Comunque sia, Kruspe preferisce comporre col suo progetto parallelo. Emblematiche le risposte che fornisce nelle interviste sulla differenza tra Emigrate e Rammstein, affermando che coi primi si trova più a suo agio perché ha il controllo artistico di ciò che realizza. In un'intervista per Ultimate-Guitar:
"I Rammstein sono totalmente democratici, si vota su tutto e certe decisioni si prendono solo in base ai voti, in base alle personalità più forti e non in base alla musica. Negli Emigrate tutto questo non succede, e questo rende il processo di registrazione in studio molto più piacevole. Con i Rammstein sento il peso della responsabilità di stare in una band di quel tipo, e se mi chiedi se mi diverto a registrare con i Rammstein, no, non mi diverto."
Nel 2015 è il turno di Till Lindemann di avviare un progetto parallelo, assieme al musicista svedese Peter Tägtgren (che a nome Hypocrisy e a nome Pain si è dedicato in maniera prolifica rispettivamente al melodic-death-metal e all'industrial-metal). L'amicizia tra i due iniziò nel 2000 in un pub di Stoccolma, mediante l'intercessione dei Clawfinger. Tra di loro nacque subito un'intesa che si tramutò nell'idea di formare un progetto in comune (chiamato semplicemente Lindemann su suggerimento di amici) e la scrittura di alcune demo. Tuttavia, gli impegni personali dei musicisti impedì di realizzare qualcosa di più concreto per quasi 15 anni, prima di dare alle stampe Skills in Pills. Il sound è sostanzialmente quello dei Pain, quindi chitarre taglienti e approccio easy-listening, chords ripetuti a squarciare l'atmosfera, tastiere elettroniche che vibrano spaziando con tenui spruzzate tra techno, ebm, dubstep e synth-pop. Tägtgren incoraggia Lindemann a cantare in inglese, e per il ruvido cantante l'esperienza si rivela divertente. L'attitudine è molto irriverente e scanzonata, con testi che il duo stesso definisce grotteschi (svettano l'incalzante "Ladyboy" e "Fat" quanto a humor), ritornelli enfatici ("Children of the Sun") e campionamenti bizzarri (i nitriti di cavallo in "Cowboy"), a livelli che tradiscono l'intento di fare del tutto solo un divertissement. L'album riesce difatti a metà: le idee iniziali non sono adeguatamente sfruttate nel corso di tutti i 45 minuti e in certi momenti si percepisce una certa stanchezza e ripetitività di contenuti. Forse un Ep sarebbe stato più congeniale. Se per i fan dei Rammstein l'album può rivelarsi un interessante e orecchiabile diversivo, per i fan dei Pain non ci sono affatto sorprese nei suoni (che sono gli stessi che il musicista svedese propone da tre lustri) eccetto che per una parte vocale migliore.
Gli Emigrate tornano nel 2018 con A Million Degrees. Il lavoro è un po' più coeso, complessivamente, del suo predecessore, col fatto che nella sua interezza si lascia andare a un approccio totalmente melodico con spiccata attitudine radiofonica. La matrice industriale a cavallo tra rock e metal, però, è ormai del tutto marginale e, quando presente, suona stantia e fin troppo diluita in un songwriting che può risultare troppo ammorbidito se non moscio. Inoltre mancano del tutto i picchi e il disco indugia in soluzioni stilistiche vecchie di anni. A modo suo cerca di suonare vario, con episodi controversi che si distanziano dal sound consolidato del gruppo per provare a ispirarsi ad altro: "War" è guidata da chitarroni distorti gotici in stile Evanescence, "1234" si avvicina al punk-pop in stile Billy Talent (Benjamin Kowalewicz d'altronde è ospite nel brano), la title track gioca tra industrial-rock e country-rock usando l'elettronica come collante, "You’re So Beautiful" è influenzata da un pop-rock in stile U2, "We Are Together" è quasi un dark-rock in stile Cure versione schitarrata e distorta, "Let's Go" è una ballata synth-rock all'acqua di rose in cui compare Till Lindemann, e così via. In realtà però tra tutti i brani è presente un filo conduttore comune melodicizzato e la varietà è solo apparente. Il progetto Emigrate è ormai completamente slegato dal retaggio rammsteiniano, il che da un lato è positivo, perché il gruppo cerca di trovare un'identità propria pur attingendo da vari stilemi differenti per assemblare le canzoni. D'altro canto la vena radiofonica che contraddistingue l'album con tutta probabilità alienerà totalmente il pubblico industrial & dintorni, e quanto a livello compositivo difficilmente potrà catturare l'attenzione di quello già avvezzo a queste sonorità. La produzione pulita si rivela un boomerang, rendendo ancora di più evidente quanto si tratti di un disco derivativo e annacquato.
A questo punto tutto è pronto per l'atteso ritorno, a dieci anni di distanza, del juggernaut Rammstein. Registrato lungo il 2018 in Francia alla Fabrique di Saint-Rémy-de-Provence, Rammstein (2019) è il primo lavoro in cui non compare lo storico produttore Jacob Hellner: al suo posto c'è Olsen Involtini. L'opera è stata anticipata da due singoli, "Deutschland" e "Radio". Nel primo ritroviamo la fortunata miscela di elettronica e metal culminante nel sontuoso ritornello, con autocitazioni presenti anche a livello testuale ("Du Hast" e "Ich Will" riecheggiano in apertura delle strofe dove Till Lindemann declama il controverso rapporto con la propria patria). Il secondo, "Radio" è decisamente più aggressivo e ritmato, ma possiede un tocco melodico lontano dalle radici tanz, con buona pace di chi sperava in un ritorno alle origini più dure. Due canzoni, due gran bei singoli, poco da discutere.
Proseguiamo l'ascolto dicendo subito cosa non funziona: i Rammstein si sono adagiati sulla formula capace di garantire la fama e i numeri da "Reise Reise" in poi. Nonostante il tempo trascorso, non c'è differenza tra questo lavoro e i precedessori: le aspettative erano alte e in parte sono state deluse. Manca quel mordente, quella cattiveria compositiva e quel lavoro testuale di opere seminali come "Sehnsucht" e "Mutter". Sia chiaro: non stiamo parlando di un disco brutto, ma chi si aspettava il capolavoro dei Rammstein o comunque il ritorno shock, rimarrà con l'amaro in bocca. Soprattutto davanti a una "Auslander", thrash-dance difficile da giustificare come divertissement mentre "Sex" - il cui giro di sei corde ricorda troppo i Muse di "Psycho" - nonostante il bell'assolo centrale, non decolla e palesa come Lindemann sull'argomento abbia finito le cose originali da dire.
Passiamo ai momenti alti. "Puppe" è una delle migliori performance di sempre di Lindemann e ogni molecola della canzone vibra d'una tensione clamorosa da inserire subito nelle perle della carriera del gruppo: avremmo gradito più spunti di tale caratura. Belli anche i due intensi minuti acustici di "Diamant", la sentita "Was Ich Liebe" e per quanto "Zeig Dich" sembri la versione aggiornata di "Zerstören" (con l'aggiunta dei "cori sacri" introduttivi come in "Rammlied"), la sua foga riesce a spiccare più delle colleghe "Weit Weg" o "Tattoo".
Chiuso da "Hallomann", Rammstein è un lavoro di mestiere ben fatto che non aggiunge nulla all'attualmente non proprio florido discorso musicale dei tedeschi: non mancano i passaggi positivi, ma considerando i tempi di lavorazione e il valore della band, l'opera scorre via troppa innocua, senza lasciare particolari spunti significativi. Dieci anni d'attesa per qualche gran bel pezzo da vedere magari live insieme agli altri classici è davvero poco. Peccato.
Il monumento immortalato sulla copertina del nuovo disco dei Rammstein è il Trudelturm di Berlino, una massiccia costruzione tuttora visitabile nel parco aerodinamico della capitale tedesca. Una figura grigia e imponente che ci riporta indietro fino all’epoca del nazismo e poi ancora qualche decennio più avanti, quando quella parte della città era sotto il controllo sovietico. Zeit (del 2022) è dunque un titolo inequivocabile: è il tempo che scorre inesorabile modellando la storia, quella stessa storia che continua a scrivere delle pagine insanguinate, ancora oggi. I Rammstein hanno lavorato su queste undici composizioni durante i giorni difficili della pandemia, inconsapevoli dell’infame destino a cui stava andando incontro una parte dell’Europa orientale. Eppure Zeit trasuda le scorie di una Guerra Fredda ancora viva, oscillando tra oscuri sentori apocalittici (l’apertura affidata all’elettronica di “Armee Der Tristen”) e incalzanti marcette industriali (“Dicke Titten”).
Curioso poi come Lindemann e soci riescano a passare - restando ai loro primi due singoli/video - dalla Z alla Z: da “Zeit” a “Zick Zack”. Non che sia una sorpresa, piuttosto una constatazione, l’ennesima per una band capace di alternare gli scenari, le emozioni e le tematiche più distanti, offrendo sempre una riflessione. Nel caso del brano che dà il titolo al disco, siamo faccia a faccia con l’inesorabile passare del tempo.Un’introspezione che ha lo sguardo rivolto al mondo circostante, a un presente privato di ogni speranza (“Continuiamo a morire, finché viviamo. Morire vivendo nella morte. Andiamo alla deriva verso la fine. Nessuna sosta, solo andare avanti. Sulla riva attende l’infinito, prigionieri così nel flusso del tempo” recita il testo della title track). Anche in “Zick Zack” il tempo passa, ma in maniera molto più concreta, fisica: qui la band irride la chirurgia estetica, ipotizzando un futuro che speriamo - per loro - non si verifichi mai. Se non mancano passaggi agguerriti impacchettati con mestiere (da “Angst” a “Giftig”) ed esplicite tematiche sessuali (la già citata “Dicke Titten” e “OK”, ovvero Ohne Kondom, senza preservativo), la grandezza dei Rammstein è ancora una volta custodita in quei brani altri, dove la band più che scuoterci con la forza meccanica del suo sound, preferisce toccare corde molto più profonde. Se nel predecessore spiccava “Puppe”, qui abbiamo “Meine Tränen” (“Un uomo piange solo quando sua mamma muore”) e la splendida “Lügen”, aperta da un suono struggente e poi portata in alto dalla voce (distorta ed effettata) di un Lindemann nei panni di un incurabile bugiardo (“io mento e imbroglio”). Zeit non è dunque un’appendice del precedente lavoro, non è il “Rosenrot” di turno che scodinzola dietro a un’esperienza appena conclusa (in quel caso, “Reise, Reise”), anche perché qui sono trascorsi ben tre anni dall’omonimo full-lenght del 2019. Purtroppo però, per quanto gradevole, il tempo passa anche durante questo ascolto e si atterra così sulle note di “Adieu”, da leggere (sulla scia di altre canzoni dei Rammstein) come un messaggio riferito ai propri fan. Meglio dunque salutarsi e abbracciarsi con un’ultima canzone (“adieu, goodbye, auf wiedersehen”), non si sa mai.
Nel 2023, il cantante dei Rammstein pubblica il primo disco solista firmato a suo nome. C'è infatti un Till prima di Lindemann adesso, ad anticipare quel cognome che oltre a definire il cantante della band tedesca, inquadrava anche il progetto fuori dalla band madre con Peter Tägtgren. Ora, i Rammstein vanno avanti spediti, mentre le strade con Tägtgren - altro componente basilare dei Lindemann - si sono divise: ma questo non ha fermato Till. Dopo un paio di singoli modesti ("Ich hasse Kinder"), pubblica un nuovo disco. Il contenuto era pronto giù da un pò ma le note vicende extra musicali lo hanno rimandato. In "Zunge" Lindemann si fa seguire da una lista di produttori pronti a contribuire ognuno a singole tracce, come si fa nell’hip-hop: ma il sound di base é ancora quello dei Lindemann, più eclettico e pronto ad aprirsi verso nuove lande rispetto ai Rammstein. In solitaria Till cerca di innalzare i ritornelli più efficaci e potenti possibili: la title track, “Schweiss”, "Übers Meer". A volte le chitarre sono metal, a volte le sferzanti sei corde si fondono con i sintetizzatori (come nelle frenetica "Sport frei"), a volte cadono pesanti come scuri. Il tedesco si concede i suoi testi estremi (“Nass”) e torna ai topos su cui ha costruito una carriera, basti pensare al mondo dell’infanzia. Dal “Nun liebe Kinder, gebt fein acht” all’ “Alles Für Die Kinder”.Poi chi ascolta i Rammstein da un po', non mancherà di scorgere alcuni piacevoli dettagli/richiami, vedi la “carne” che una volta era “Weisses”, adesso è “Altes”. Nel complesso, “Zunge” è un lavoro dagli esiti positivi, con tutte le anime e le sfaccettature che Lindemann ha presentato negli anni: dall’estrema corporalità e le annesse perversioni delle sue liriche, i momenti più scanzonati (qualcuno ha detto la folkloristica hidden track alla fine di “Selbst verliebt”?) fino ai passaggi più inquietanti e sinistri. Subentra poi il gusto personale o cosa cerca l’ascoltatore in quel monstrum chiamato Till: quello del sottoscritto apprezza molto passaggi quali “Tanzlehrerin”, figlia di “Knebel” e "Ach so gern". Doveroso concludere con i videoclip e i cortometraggi con cui Till Lindemann accompagna sempre la propria musica: una vera e propria appendice della sua estetica.
Contributi di Alessio Belli (Till Lindemann "Zunge", "Rammstein", "Saddle Up", "Zeit" e "F & M" e Paolo Chemnitz per "F & M" e "Zeit")
Herzeleid (Ils International, 1995) | ||
Sehnsucht (Motor Music, 1997) | ||
Live aus Berlin (Slash, 1999) | ||
Mutter (Universal, 2000) | ||
Reise, Reise (Republic, 2004) | ||
Rosenrot (Universal, 2005) | ||
Volkerball (live, Universal, 2006) | ||
Liebe ist für alle da(Universal, 2009) | ||
Paris (live, Universal, 2017) | ||
Rammstein (Universal, 2019) | ||
Zeit(Universal, 2022) | ||
Altro | ||
Torsten Rasch - Mein Herz Brennt (Universal, 2003) | ||
Emigrate - Emigrate (autoproduzione, 2007) | ||
Emigrate - Silent So Long (Universal, 2014) | ||
Lindemann - Skills in Pills (Warner, 2015) | ||
Emigrate - A Million Degrees (Universal, 2018) | ||
Lindemann - F & M (Universal / Vertigo Berlin, 2019) | ||
First Arsch -Saddle Up (Ristampa, REKORDER digital, 2020) | ||
Lindemann -Live in Moscow (Live,Universal / Vertigo Berlin, 2021) | ||
Till Lindemann - Zunge(Self-released, 2023) |
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