Tra i protagonisti del rinascimento "gotico" degli anni Novanta, c'è anche il duo tedesco degli Aurora, ovvero Peter Spilles e Patricia Nigiani (entrambi già nei Project Pitchfork). I loro lied tenebrosi si fondano su un sound cupo e drammatico, pervaso al contempo da quel "tribalismo" arcano e da quelle suggestioni ancestrali che hanno fatto la fortuna dei Dead Can Dance. Nelle loro partiture romantiche, tornano temi cari anche a Love Is Colder Than Death e Ordo Equitum Solis. Ma rispetto a molte altre band del cosiddetto "gotico ambientale", gli Aurora possono vantare uno straordinario talento melodico, che consente loro di affrancarsi dal "vizio" principale di quel movimento: la tendenza a crogiolarsi nelle "atmosfere", a scapito delle canzoni.
Il disco d'esordio The Land Of Harm And Appletrees (1993) è anche il loro capolavoro. Immerse nelle atmosfere più crepuscolari del gotico barocco, le nove tracce riescono a combinare alla perfezione melodie classico-medievali e ambientazioni elettroniche. L'iniziale "Regression" conduce subito in questo mondo incantato, costruito su un delicato intreccio di tastiere, trilli, cori, droni e percussioni. La struggente mini-sinfonia romantica di "Posen 1793" si snoda sul gelido incalzare delle percussioni, rispolverando un tribalismo ossessivo degno dei Dead Can Dance: Nigiani veste i panni di Lisa Gerrard, abbandonandosi a vocalizzi angelici che accentuano il clima onirico e surreale. La title track sfodera un carillon sinistro, mentre la cantante intona una tenera melodia dal sapore medievale con uno sfrigolio di tastiere in sottofondo. Su "Hereafter", invece, è il canto spettrale di Spilles a declamare un motivo sinistro, su un incalzare di percussioni e sintetizzatori, subito seguito da quello sempre piu' straniante di Nigiani.
La qualità visionaria della loro musica tocca forse l'apice in "Floating Dolphins", con rumori ed eco lontane di delfini da un oceano oscuro e insondabile, accompagnati da cori sempre più lugubri e minacciosi, e dai vocalizzi eterei di Nigiani. Il finale pomposo di "Crusaders" sembra quasi fondere Wagner e i Dead Can Dance in una sinfonia trionfale e allucinata.
Il successivo Dimension Gate (1994), concept album sulla storia dell'evoluzione del genere umano, esalta le tinte mistiche e solenni del loro repertorio. Il tema di fondo è ancora una volta quello del rapporto tra uomo e natura, reso attraverso sonorità ancor più apocalittiche e al tempo stesso eteree, che combinano arie classiche, temi sacri (cori gregoriani, messe cantate), musica medievale (dai saltarelli ai madrigali) e pulsazioni elettroniche. Il disco si apre sulle note angosciose di "Solar", che si snoda su un groviglio di tastiere febbrili, con la declamazione teatrale e straniante di Patricia Nigiani ad acuire il clima da dramma incombente. "Legend Of Our Origin" si regge sul contrasto tra i rimbombi cupi del mellotron e i toni eterei del soprano, tra la gravità del coro gregoriano e la soavità del controcanto di voci femminili. "Garden Of Temptation" è un'incursione nelle atmosfere piu' fiabesche della tradizione medievale, mentre "Egypt" e "In Search Of The Unity" mescolano spezie "etniche" e percussioni tribali.
Quindi, è il turno del viaggio nella "Firenze" rinascimentale, al suono di flauto, viola e percussioni. L'ode di "Shadow Land" e la tetra "The Marriage Of Heaven And Earth" sono meditazioni esistenziali all'insegna di un lirismo purissimo. In questo viaggio cosmico alle radici dell'uomo, c'è spazio anche per un'interessante cover di "Hide and Seek", (l'unico) gioiello elettronico di Howard Jones. Il disco si conclude con la suite strumentale dedicata ai quattro elementi, "Fire/ Earth/ Water/ Air", in cui si susseguono acquerelli ambientali e pulsazioni techno, in un crescendo di misticismo e pathos.
La vicenda degli Aurora si conclude nel 1995, quando termina anche la storia tra Peter Spilles e Patricia Nigiani, che sarà poi "celebrata" da Spilles con le canzoni d'amore dell'Ep Corps D'Amour (1995) dei Project Pitchfork. Pur essendo un progetto parallelo di questi ultimi, l'esperimento-Aurora ha finito col raggiungere traguardi ancor più ambiziosi e entusiasmanti, spingendosi oltre le frontiere di classica e avanguardia.
Pulsazioni electro-dark
Ad ottenere il grande successo internazionale, tuttavia, è stato proprio il duo electro-dark dei Project Pitchfork di Peter Spilles e del tastierista-programmatore Dirk Scheuber. Scavando nelle viscere della musica gotica, industriale e techno, i due hanno fissato uno standard di grande successo e influenza per la scena tedesca (e non solo), al crocevia tra Killing Joke, Front Line Assembly e Nine Inch Nails.
Dopo la cassetta demo di Killing Nature Killing Animals (1990), l'album Dhyani (1991) sforna già due pezzi graffianti come l'antimilitarista "Vietnam" e il singolo "Psychic Torture", mentre con il successivo Lam` Bras (1992) arriva il loro primo singolo di successo, "Conjure", che spopola nei club tedeschi. Gli hit di quel periodo saranno raccolti nella compilation Early Years '89-'93 (1996), uscita negli Stati Uniti.
Entities (1992) accresce i toni esoterici, ma anche i ritmi: la dance atmosferica di "Souls" conia un nuovo genere di gotico-ballabile che spopolerà nei club alternativi della Germania. Un'evoluzione che - secondo Spilles - non è frutto di un piano reciso: "Non abbiamo progettato nulla - spiega - facciamo solo musica per il nostro spirito. Il risultato può essere inconsciamente una combinazione tra i primi due album. L'unica idea era quella di accentuare i contrappunti elettronici e rendere le sonorità più dure".
Ad acuire la drammaticità dell'album, l'intermezzo di "Mirror".
Seguono un album in tono minore, Carrion (1993), con la cover di "Circus Of Death" degli Human League, e il più convincente IO (1994), che lancia il nuovo hit "Renascence" e consolida la loro fusione di battiti industrial tipicamente teutonici, progressioni rock, tastiere goticheggianti e magie elettroniche alla Klaus Schulze. I Project Pitchfork continuano a spopolare, soprattutto dal vivo, con esibizioni lugubri e incendiarie, che esaltano il pubblico.
Ma in studio la loro ispirazione si va inaridendo: Alpha/Omega (1995) si limita a riproporre cliché ormai stantii, l'unica novità, semmai, è il primo brano cantato in tedesco, "Endzeit". "Ci è stato chiesto spesso perché non cantavamo in tedesco - racconta Spilles - La verità è che il tedesco non era adatto a rappresentare la nostra musica. Ma era interessante, per me, provare a sentire come la mia voce potesse suonare nella mia lingua". Chakra:Red! (1997), con l'improbabile cover di "I'll Find My Way Home" di Jon Anderson/Vangelis, aggiunge un tocco metal che compromette in buona parte la magia del loro sound. E neanche Eon:Eon, concept-album sul tema di un mondo futuro in cui gli uomini sono manipolati dalle macchine, riesce a interrompere la parabola discendente. La formula è sempre la stessa: testi pedantemente apocalittici (".the happiness of death.the sky is black.the pain goes to deep."), sintetizzatori aggressivi, voce sempre più cupa e la tipica atmosfera da canzone trendy in voga nelle discoteche tedesche. "Carnival" e "Wish" offrono gli unici spunti interessanti. Accusati di "scelte commerciali" anche dai loro fan sulla rivista-cult tedesca "Zillo", i Pitchfork rispondono così, per bocca di Dirk Scheuber: "Arrangiamo da soli i nostri pezzi e li produciamo, senza chissà quale strategia di vendita. Con noi la musica viene dal profondo, dallo stomaco. Questo è importante".
Dopo quei due passi falsi, Spilles e Scheuber. si riprendono parzialmente con Daimonion, impreziosito dall'ottimo singolo "Timekiller", mentre Inferno (2002), primo capitolo di una trilogia che comprende anche i mini-cd View From A Throne e Trialog, è un ambizioso "concept album" in 14 tracce, alcune delle quali ("Momentum", "Lead and feather", "A Cell", "Awakening") ripropongono sonorità degne dei loro tempi d'oro. Nello stesso anno, i Project Pitchfork ottengono in Germania una nomination nella categoria "Best National Alternative Rock Group/ Artist" degli Echo Award.
Nell'ipotesi che qualcuno volesse convincervi che il presente di Peter Spilles e della sua creatura più luminosa (siamo nel pieno del paradosso parlando di uno dei progetti più scuri dell'elettronica tedesca) Project Pitchfork s'ispiri direttamente al passato, non dategli la possibilità di andare oltre, arginatelo sul nascere.
Continuum Ride (2010) ha forse dentro qualche seme di Alpha Omega, qualche veloce ballata che si può relazionare a Io: è sempre Peter Spilles il mastro cerimoniere del suono, ma Continuum Ride in realtà è figlio diretto di Dream, Tiresias!, ne continua l'evoluzione, lo amplifica nei toni di un totale "impero" del synth (la chitarra è definitivamente scomparsa dal suono), ne accelera i battiti per portare a sfinimento il popolo goth sul dancefloor.
Verrebbe da chiedersi chi sia oggi Peter Spilles. Non è solo un cantante, o meglio un vocal, e anche musicista è un abito ancora stretto a chi, oggi, è un'espressione totale di voce e composizione, ma rappresenta il carisma di un satiro, di un demone sardonico votato a divertire e a divertirsi, un demone con l'anima del joker che strega e sottrae l'anima.
Non crediamo ci sia troppa opposizione in questo e il subire il fascino tout-court del leader dei Project Pitchfork è l'abbandonarsi a un alter-ego oscuro che ognuno di noi ha in sé e che spesso non è così male come lo si dipinge.
Non l'ha mai nascosto nelle recenti interviste che il side-project Imatem gli serviva al duplice scopo di godersi nuove composizioni votate a istinti non reprimibili usufruendo della collaborazione di artiglierie del synth come Ronan Harris (sua maestà VNV Nation) o Der Graf (Unheilig), per citare due dei maggiori partner Imatem, in grado di permettergli l'apertura di nuove visioni compositive, non sovversive, ma che spostassero baricentri verso mood alternativi.
Continuum Ride, allora, è un'immersione nell'electro-goth più aggressivo degli ultimi anni, ancora più oscuro del precedente album e per certi aspetti virato verso inferni elettronici cari a Suicide Commando (ascoltate in tal senso "Stacked Visions") o per altre simmetriche emozioni il patrimonio Covenant degli anni di "United States Of Mind", come nell'opener "Way Of The World". Patrimonio di synth che nell'intreccio di note digitali matura la forza del suono; la voce di Peter è vetrosa e mefistofelica come nella ballata maledetta "The Dividing Line". In questi ambiti la title track, forse e con gusto tattico appositamente collocata al centro del dischetto, è un interludio dance crepuscolare, un sentiero in discesa slow nei suoni che gradualmente e senza troppi misteri punta agli abissi dove vi attende la voce di Spilles, bassa e ostile, in uscita da un'ugola che è caverna, i toni granitici.
Lo stesso è il finale: "Full Contact" di nuovo ha ritmi di ballo ipnotico e insidioso, al cui interno i synth giocano tra loro, si accoppiano e intrecciano creando una ragnatela di beat dalla quale è impossibile non rimanere imprigionati.
Formule semplici: ognuno governa la propria macchina del suono, le note scendono come uno scroscio su chi ascolta, il ritmo è costante e mantenuto acceso per creare la danza, un'alchimia da manuale base dell'apprendista compositore, eppure è proprio questa la ricetta vincente del nuovo corso Project Pitchfork, approdati ormai a una ruvida ebm dalle atmosfere cupe.
Quantum Mechanics (2011) conferma il tenore degli ultimi album, finendo col ricordare i lavori di Suicide Commando o Wumpscut. Il sound dei Pitchfork è ora caratterizzato da una netta omogeneità,che nei primi dischi mancava, con la band che tendeva a inserire fin troppe idee in un singolo album. Tale omogeneità ha comportato però anche un generale appiattimento nelle sonorità. Inoltre, quella che era una particolare predisposizione per le melodie azzeccate, negli ultimi anni è stata sostituita da un marcato orientamento al ritmo facile da dancefloor, impoverendo in questo modo la ricerca musicale.
Quello che manca è lo "schiaffo" all'ascoltatore, anche se l'album serba al suo interno numerosi "graffi", con la voce di Spiller quasi sempre distorta a dominare un contesto decisamente oscuro e harsh. A tratti riaffiora nel campionario di suoni quel gusto squisitamente sci-fi, riscontrabile soprattutto nelle "code" strumentali dei brani: delle vere e proprie outro che concludono le canzoni incastonandole in un'ideale soundtrack aliena.
Marziali e anthemici, i dieci brani dell'album rappresentano una certezza nell'ambito di riferimento: certezza forse non sufficiente ad attirare il neofita, ma in grado di accontentare il fan di vecchia data.
Nel 2013 esce Black, che conferma lo spostamento verso territori assimilabili all'harsh-ebm, senza apportare alcuna novità al loro suono.
Blood, del 2014, azzarda sporadiche digressioni synth-pop e omaggi al passato electro-industrial, seguendo nel complesso il trend del lavoro precedente.
La differenza la fa il mestiere e, in questo senso, si tratta di dischi senza dubbio realizzati con cura, consigliabili però soprattutto a die-hard fan e completisti.
Look Up, I'm Down There esce nel 2016, sancendo 25 anni di attività e inaugurando una sorta di nuovo corso per i Project Pitchfork. Un lavoro introspettivo, ancora più infuso di elementi synth-pop, quasi a smussare le ruvidità di un sound che rimane comunque "quadrato", come da trademark.
Un discorso che prosegue con i successivi due full-length, entrambi pubblicati nel 2018, prime due parti di una trilogia il cui completamento è previsto per il 2019.
Akkretion, uscito a gennaio, conferma i sopra citati elementi pop ("Gravity Waves", "This Collision"), abbinandovi innesti dark-wave ("Good Night Death"); non mancano comunque brani più carichi, come la potente "Circulation".
Il secondo capitolo, Fragment, esce ad ottobre, e si caratterizza per una carica energica, a tratti upbeat, che attraversa le tipiche sonorità - da sempre oscure - dei Project Pitchfork.
Il gruppo ne esce rinnovato ma non dimentica certo il dancefloor, confezionando alcune potenziali hit come "In Your Heart" (contraddistinta dalle clean vocals di Spilles), e la cadenzata "There Is Much More".
Non accenna ad arrestarsi dunque l'iper produttività dei Pitchfork, accompagnata dalla pubblicazione di edizioni alternative dei loro lavori, arricchite da corposi booklet e numerosi remix.
Contributi di Nicola Tenani ("Continuum Ride") e Lorenzo Pagani ("Quantum Mechanics", "Black", "Blood", "Look Up, I'm Down There", "Akkretion" e "Fragment")
AURORA | ||
The Land Of Harm And Appletrees (Cleopatra, 1993) | 9 | |
Dimension Gate (Cleopatra, 1994) | 8 | |
PROJECT PITCHFORK | ||
Killing Nature Killing Animals (1990) | ||
Dhyani (SPV, 1991) | 6,5 | |
Lam` Bras (SPV, 1992) | 7 | |
Early Years '89-'93 (Cleopatra, 1996) | 7 | |
Entities (SPV, 1992) | ||
Carrion (1993) | 5 | |
Io (Metropolis, 1994) | 6,5 | |
Alpha/Omega (Metropolis, 1995) | 4 | |
Chakra Red (Metropolis, 1997) | ||
Eon:Eon (Metropolis, 1998) | ||
Daimonion (Metropolis, 2001) | ||
Inferno (Metropolis, 2002) | ||
View From A Throne (mini-cd, 2002) | ||
Trialog (mini-cd, 2002) | ||
Continuum Ride (Trisol, 2010) | 7,5 | |
Quantum Mechanics (Trisol, 2011) | 6 | |
Black (Trisol, 2013) | 5,5 | |
Blood (Trisol, 2014) | 5 | |
Look Up, I'm Down There (Trisol, 2016) | ||
Akkretion (Trisol, 2018) | 6 | |
Fragment (Trisol, 2018) | 6 |
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