Foresta, fauna, terra. Gli altopiani dell'Alvernia sono lo spazio naturale dove abitano le canzoni di Sophia Djebel Rose. Un luogo fuori dal tempo, in cui la vetta del monte Puy de Sancy è il ponte ideale da cui sfiorare le nuvole e immergersi nel trascendente.
"Métempsycose" racchiude nove canzoni con cui Sophia Djebel Rose, metà del duo folk An Eagle In Your Mind, nome che rievoca l'omonima traccia dei Boards of Canada contenuta in "Music Has The Right To Children", accompagna i propri demoni tra i sentieri e riprende come una Gretel cresciuta i sassolini disseminati finora nella sua vita.
Ballate per anime vaganti, dunque. A metà tra la Nico di "Desertshore" e Valet. Momenti in cui la speranza indossa i panni di uno spettro che si aggira nel bosco. La fauna selvatica è infatti omaggiata a più riprese. Come tutto ciò che resta nell'ombra delle periferie montuose. Nei chiaroscuri di esistenze dimenticate.
Il titolo, in italiano "metempsicosi", sottintende la trasmigrazione dell'anima come suggestione motrice. Mentre la musica riporta a galla l'acid-folk dei Settanta, che la Djebel Rose riveste di pathos sibillino. Ne è prova il lirismo ora disperato per le tragedie dell'uomo, altrove estasiato dalla grandezza del creato.
Sophia canta di libertà affondate ("Libertè") ed evoca la Venere di Botticelli per farne una musa impertinente ("Venus"). Quando poi entra in scena l'organetto, apre le porte di una cattedrale all'aperto ("Le Diable et L'Enfant"). Tra lacrime e preghiere, si resta, infine, ipnotizzati dalla luce profonda trasmessa in "Blanche Canine".
Le melodie scarne, il timbro sciamanico, la voce afflitta, da matrona ferita, esplicano nel complesso un sentimento impenetrabile, eppure rivelatore.
Sophia Djebel Rose cita "Illuminations" di Buffy Sainte Marie come capolavoro guida delle proprie canzoni. Un disco cicerone importante, a cui si aggiunge la spontaneità di una scrittura priva di effetti speciali. Buona la prima.
07/05/2022