My muscles are fine, it’s in my fucking bones
Anche se i muscoli sono ancora in forma, sono le ossa a non reggere il peso della vita, sembra voler intendere Spencer Krug in uno dei versi del nuovo “Twenty Twenty Twenty Twenty One”.
La fatica di vivere, di adattarsi a questi anni complicati e a una visione del futuro altrettanto minacciosa sono i temi del secondo capitolo da solista di uno più attivi elementi della scena canadese (fondatore dei Wolf Parade, ex-Frog Eyes, diviso tra i progetti Moonface e Sunset Rubdown) che, come suggerisce il titolo, è una raccolta di brani composti durante il biennio 2020/2021, già precedentemente pubblicati a cadenza mensile e in forma grezza sulla sua pagina Patreon.
In questa sorta di diario musicale, Spencer Krug si mette a nudo, sorpreso dal lockdown e dalle responsabilità paterne. È qui che, in esilio dal mondo, la sua vena più lunare e meditabonda ha il sopravvento svelando profondità ansiose tra cieli grigio osso e pomeriggi nuvolosi, in mezzo a chiese che bruciano insieme alle poche certezze, sviluppando un’ulteriore spinta a cercare la propria d’ identità.
“Twenty Twenty Twenty Twenty One” immerge l’ascoltatore in una malinconia riflessiva senza scadere nella sfiducia, grazie alle abilità letterarie di Spencer, che quasi ispirandosi alla Confessional Poetry riesce a creare immagini evocative, molto personali e mai troppo esplicite.It's how we have to live
Versus living with ourselves
25/06/2022