Due anni di lavoro, iniziati durante il lockdown, sono stati fondamentali per fare ritrovare ai Bell Witch il loro rapporto liturgico ed esoterico con il tempo. Il confine labile tra vita e morte, la permeabilità della membrana che le divide, è da sempre al centro della loro musica e ha già trovato con il colossale "Mirror Reaper" (2017), un capolavoro del doom-metal, pieno compimento. Il difficile compito del nuovo progetto Future's Shadow, articolato in tre parti per un totale di quattro ore di musica, è di descrivere l'intero ciclo di giorno e notte - cioè luce e buio, cioè vita e morte - in una maestosa sinfonia gotica dove agli strumenti tradizionali impiegati dal duo si aggiungono più ampie parentesi di organo e arrangiamenti orchestrali. Nelle intenzioni della band, il progetto finito sarà fruibile come un loop che racchiude la poesia e il dramma del dipanarsi del tempo.
Il primo capitolo della trilogia Future's Shadow è questo "The Clandestine Gate", un unico brano di 83 minuti. Aperto da un minimale baluginare di organo, poi affiancato da rintocchi di basso e scrosci di piatti, prima del nono minuto inizia a trasformarsi nella trenodia al rallentatore che sostiene l'intera composizione, un canto solenne del basso distorto poi affiancato dalla voce riverberata all'infinito, tutto reso più intenso da una batteria che esalta il trascorrere del tempo in una tempesta di esplosioni drammatiche. Più che un'evoluzione che da un inizio giunge a una fine, secondo una narrazione lineare, la composizione fluttua, maestosa e misteriosa, inesorabile e ineluttabile. Ridotta al silenzio dopo 24 minuti, rinata da un sussurro del basso, rivela lentamente una preghiera recitata da un coro di fantasmi: è un’altra visione dal confine tra i due mondi, struggente poesia del margine fra dimensioni che sono in realtà, questa la tesi, parti di un’unica realtà.
La solenne marcia funebre successiva, da fa tremar le vene e i polsi, si stratifica fino a lambire il sinfonico, prima di sprofondare nell’abisso: è il growl mostruoso del rituale funebre iniziato intorno al quarantesimo minuto a dominare questa sezione. Segue un lungo corale, che emerge dalle tenebre, riaffonda in un rallentando crepuscolare e quindi riaffiora per lasciare al basso distorto, sul registro della chitarra, imbastire con un lungo assolo un duello con il growl e poi anche con l'organo; al minuto 51 si spalanca l'abisso di nuovo, il tempo avanza lento e spietato; miracolosamente filtra il raggio di luce di una malinconia struggente, dove di nuovo il basso distorto si fa voce protagonista, anche con passaggi insolitamente dinamici che portano a un climax luminoso e quasi sinfonico dopo circa un'ora dall'inizio.
Sei minuti di Hammond e campane a morte introducono un'ultima sinfonia per fantasmi, rischiarata da riflessi di synth e decisamente più veloce e animata, che dopo un frangente tumultuoso si rassegna al pianto solitario del basso, protagonista totale degli ultimi minuti.
Ispirati dall'eterno ritorno di Nietzsche e dal cinema di Andrei Tarkovsky, questi Bell Witch sembrano pronti a superare i confini del formato e ad allargare la loro musica a una più sviluppata dimensione filosofica e cinematica. Pur sospendendo il giudizio per un trittico di album tutto da definire, si può già affermare che "The Clandestine Gate" sia capace di ampliare in modo creativo, coerente e suggestivo il linguaggio della band con una composizione sconfinata che non si limita a ripetere "Mirror Reaper" ma anzi suggerisce possibilità per oltrepassare nuovi confini.
30/04/2023