Lo sai che mi deprimo
Ma con stile
("Considera")
In queste parole c'è tutto il mondo racchiuso dentro il nuovo album di
Colapesce e
Dimartino. Dopo aver conquistato (quasi) tutti per ben due volte sul palco dell'Ariston, il duo siciliano torna sulla propria carreggiata con un disco che fin dal titolo, "Lux Eterna Beach", è compendio di un immaginario che va a braccetto con lo scatto in copertina che ritrae i due a GAL Hassin, il Centro Internazionale per le Scienze Astronomiche di Isnello, vicino Palermo. Un'immagine che evoca scenari sulla carta new age, ma che in realtà è solo il collante filosofico di un'opera più articolata, dove i personaggi vanno dalla star del porno al giovane elettore di destra.
La presunta metafisica restituita dalla fotografia è quindi un argine estetico e ciò che trasuda in "Lux Eterna Beach" è perlopiù un sentimento di mera inquietudine, possibilmente da scacciare con un'ironica accettazione dei cunicoli imposti dall'età matura. Tra un canzone e l'altra, prendono così quota lo smacco nei confronti di una frivolezza diffusa nell'Italia degli ultimi tempi, il manifesto politico dai toni sarcastici e l'omaggio che più o meno non t'aspetti. Mentre chitarre, tastiere e pelli ondeggiano tra code
kraut e passaggi
post-rock, in un collage in parte inedito per la premiata ditta sicula; tutto senza mai dimenticare l'approccio pop che rema dritto verso le classifiche, a partire dalla hit "Splash", vincitrice del Premio della Critica
Mia Martini e del Premio
Lucio Dalla all'ultimo
Festival di Sanremo, che giganteggia (e gigioneggia) al centro del piatto.
In un certo qual modo, "Lux Eterna Beach" si collega anche alla sceneggiatura irriverente del primo film di Colapesce e Dimartino, "
La primavera della mia vita", pellicola tra le più riuscite di quest'anno, e che plana legger(issim)a sulle macerie di un panorama cinematografico italico sempre più accartocciato sul nulla, irriducibilmente familista e incapace di comunicare con la società o restituire un sorriso per abbracciare la vita senza prendersi troppo sul serio. Insomma, è un album a momenti guascone, al netto dei passaggi introspettivi sparsi lungo il cammino, che parte addirittura con una mini-suite dal titolo vagamente
panelliano, "La luce che sfiora di taglio la spiaggia mise tutti d'accordo", dilatata per essere la virtuale colonna sonora di un cortometraggio sul senso delle cose, bramato dai due cantautori attraverso la ricerca di nuovi orizzonti possibili da scorgere in riva al mare. Con le dovute differenze siamo dinanzi alla loro "
Venice Bitch".
L'avvio spiazzante lascia presto il posto a fughe pop in avanti come "Sesso e architettura", in cui non mancano passaggi alla
Battiato, tra minareti millenari e allegri doppi sensi. "Ragazzo di destra" pare invece proseguire il discorso intrapreso da
Riccardo Sinigallia ne "
Le donne di destra", ma senza erotismo; si assiste più che altro alla derisione di uno stereotipo marcato in un paese che ragiona politicamente come uno stagno, attraverso una ballata gentile ma non troppo, con strofe anche un po' banali come "Mi darai un figlio naturale la notte di Natale mentre cade giù la neve" e "Tutto solo nel tuo bomberino, senza la tua squadra tu chi sei?". Ci sono poi i suoni trasognati con gli archi estrapolati da "It's Raining Today" di
Scott Walker (!) in "30.000 euro", che alla fine finiscono per stridere con il disagio generazionale descritto, che è quello di una gioventù
bypassata da tutto e alle prese con una crisi perenne che dura dal 2007. Di tutt'altra pasta è "Considera", ossia l'altra finta canzonetta (esistono ancora, per fortuna) con qualche uscita alla
Soerba: "Ma chi ha mai saputo cantare".
La vera sorpresa di tutto il disco è senz'altro "I marinai", canzone sepolta nell'archivio di
Ivan Graziani che Colapesce e Dimartino riprendono grazie all'aiuto (e all'offerta spontanea) di Filippo Graziani, il figlio del grande cantautore abruzzese. Il "duetto" postumo funziona, in un brano che i due musicisti completano con un ritornello che sembra quasi essere stato scritto dallo stesso Graziani a suo tempo. In un'intervista al Corriere della Sera, Lorenzo e Antonio hanno appunto dichiarato di averla ultimata "in punta di piedi scrivendo i ritornelli, tenendo la voce di Graziani e un synth" e di essere "impauriti e titubanti".
Chiude infine i battenti una
title track strumentale che guarda al tramonto che sta per finire, quasi a dirci, forse, che presto ci sarà un "addio". Chissà.
"Lux Eterna Beach" è in definitiva un buon disco e tra le sue pieghe non manca l'ambizione di volersi smarcare dal clamore e tornare in camer(ett)a. Tuttavia, entusiasma a dovere solo nei momenti in cui finisce per bagnarsi tra la folla. Un paradosso, ma tant'è.
04/11/2023