Durante quest'ultima settimana, mentre assimilavo le canzoni presentate in concorso alla settantatreesima edizione del Festival di Sanremo, ho avuto occasione di leggere molte opinioni sulla stampa specializzata e di scambiare punti di vista con amici e colleghi. Sono in tanti a considerare il quarto mandato di Amadeus come quello della "restaurazione", della "normalizzazione", dopo qualche anno in cui gli artisti, specie i più giovani, avevano osato di più. Questa volta avrebbe invece prevalso un generalizzato atteggiamento poco rischioso, più conservativo. Come caso-scuola viene spesso tirato in ballo Tananai, il quale tutto sommato si è egli stesso stupito per aver ricevuto applausi scroscianti al termine della prima esibizione, martedì sera.
Al di là delle opinioni personali sulle singole edizioni, le quali possono riuscire più o meno bene secondo la qualità media delle canzoni in gara, l'analisi va secondo me più correttamente focalizzata sul trend, ed è innegabile come il Festival negli ultimi anni stia spostando in maniera significativa il proprio baricentro, muovendosi verso un deciso svecchiamento, sia stilistico che anagrafico, indispensabile per rendersi interessante alle nuove generazioni, a quella fetta di pubblico che può garantire l'esistenza futura della manifestazione. Sanremo oggi non rappresenta più una parata di cariatidi fuori tempo massimo, ma uno specchio (almeno un po') più eterogeneo e veritiero della canzone(tta) italiana. Non che tutto vi sia rappresentato, per carità, stiamo parlando pur sempre di uno degli eventi più conservatori della nostra penisola, ma è evidente a tutti quanto il Festival si sia aperto in maniera notevole alle diversità.

 

Un trend iniziato ben prima della direzione artistica di Amadeus, un trend che rende oggi la partecipazione a Sanremo non più motivo di imbarazzo per molti musicisti con un seguito già consolidato. Questo anche grazie a una ormai lunga sequenza di artisti di un certo spessore che ha calcato il palco del Teatro Ariston senza snaturarsi. Si pensi ad esempio a Elio e le Storie Tese, a Mauro Ermanno Giovanardi, ai Subsonica, agli Afterhours, ai Marlene Kuntz, agli Zen Circus, a Motta. Nessuno di loro ha portato al Festival il pezzo più pregiato della propria discografia, ma ognuno è stato rigorosamente sé stesso, senza svendersi, senza scendere a compromessi, contribuendo a sbiadire il confine - una volta ben più netto - fra mainstream e circuito "alternativo".
Qualcuno ci torna anche una seconda volta, magari come autore oppure sfruttando la serata dei duetti, senza temere di dover dare spiegazioni ai fan, che solo pochi anni fa non avrebbero capito e condiviso certe scelte. Del resto anche il fan non si sente più tradito se il proprio cantante preferito decide di affrontare la gara: basti notare quanti adolescenti si dimostrino felicissimi di scovare nell'elenco dei partecipanti alcuni dei propri artisti preferiti, comprendendo come Sanremo diventi in alcuni casi una scelta determinante per ampliare la propria platea verso universi altrimenti irraggiungibili.

 

Un Sanremo dall'attitudine sempre più social, con il simpatico giochino del Fantasanremo raccolto con divertimento e fantasia dai musicisti sul palco. Nota stonata, ma in questo caso va accettato il verdetto delle giurie, la totale assenza di donne nella cinquina di testa, nonostante la presenza di molte voci femminili che avrebbero meritato un piazzamento migliore. Questioni di genere a parte, quest'anno abbiamo ascoltato tante belle canzoni, captato più di qualche piacevole conferma, scoperto diversi giovani in grado di esprimere qualità e grandi potenzialità. Qualcuno di loro lo ritroveremo senz'altro nei prossimi anni su queste pagine, ne sono certo.
OndaRock ha rinnovato nel 2023 il proprio rapporto di affetto con il "Festival della Canzone Italiana", seguendo tutte le serate con estrema attenzione. Di seguito potete leggere le impressioni della redazione su tutti i cantanti e le canzoni che hanno partecipato alla competizione. Giudizi suscettibili di variazioni future, perché scritti di getto, a caldo; chiavi di lettura diverse, perché tante sono state le penne coinvolte, a rappresentanza delle tante anime che compongono OndaRock. Buona lettura.
(Claudio Lancia)


Anna Oxa - "Sali (Canto dell'anima)"

Sali, donna, sali e resuscita
Sali e ritorna alla tua nascita
Durante la prima serata urla, gracchia e canta col solo registro di petto, incapace di dare sostegno alle corde vocali e di offrire un vibrato degno di questo nome. Fa meglio in quelle successive, ma la Oxa eversiva, sensuale e stilosa, in grado di usare la voce come uno strumento - pur con tutte le perplessità tecniche del caso - sembra aver lasciato il posto a una nonnina incazzata in preda a vagheggiamenti new wave sui cristalli e l'equilibrio bio-psico-energetico.
Il brano, scritto con Francesco Bianconi dei Baustelle, ha dalla sua un fascino ieratico che su disco funziona un po' di più. (Giulia Quaranta)
Voto: 5

ARIETE - "Mare di guai"
Tutto ciò che amo mi fa sempre paura
Alla fine la piccola Ariete è riuscita in una grande impresa: portare sul palco dell'Ariston una canzone d'amore cantata da una donna a un'altra donna. La base di Dardust rende il pezzo più brioso, mentre la firma di Calcutta si palesa nella metrica sfasata e nell'incedere incerto delle strofe, cui Arianna fatica a star dietro durante la prima serata, salvo poi riprendersi in quelle successive, grazie a una vocalità limpida e a una presenza scenica tenera e delicata. Nonostante l'ingeneroso quattordicesimo posto e mille difetti, tra cui la pericolosa somiglianza con "Nascosta in piena vista" de I Cani, il romantico scoramento di "Mare di guai" riuscirà a conquistare i più, pur necessitando di vari ascolti per essere assorbito e compreso. (Giulia Quaranta)
Voto: 6

ARTICOLO 31 - "Un bel viaggio"
Non volevamo crescere, ma è successo tutto a un tratto
Potevano recuperare il tempo perduto, allineandosi a quanto J-Ax ha fatto da solista, e invece gli Articolo 31 tornano insieme per un brano degno del più nostalgico e prevedibile Max Pezzali. Sul palco Dj Jad prova a darsi un ruolo, butta là qualche scratch e si muove quanto basta a farci sapere che non è un umarell capitato all'Ariston per sbaglio. Il tutto ha quel saporaccio che ti rimane in bocca quando incontri un vecchio amico, ti prometti di frequentarsi ancora ma sai che non succederà mai. Il massimo che può fare "Un bel viaggio" è ricordare ai millennial com'erano ai tempi in cui gli Articolo 31 andavano forte. Vedere che J-Ax non ha più il fiato per stare dietro al testo, poi, è quasi doloroso: sono (e siamo) davvero invecchiati. (Antonio Silvestri)
Voto: 4

COLAPESCE E DI MARTINO - "Splash"
Ma che mare, ma che mare
meglio soli su una nave
per non sentire il peso delle aspettative
Sono i mattatori della settantunesima edizione del Festival. Ritornano sapendo benissimo i rischi che si corrono giocando il classico "lascia o raddoppia". Perché "Musica leggerissima" avrebbe potuto trasformarsi rapidamente nella rovesciata che ti riesce solo una volta nella vita prima di tornare per sempre in panchina. E invece no. "Splash" usa le stesse carte e saccheggia di nuovo il banco. I due cantautori siciliani stavolta sostituiscono Iglesias con Battisti, la strafottenza con la necessità di una fuga e la voglia di non fare niente con il cuore spezzato da un'estate infame. Cantano di una spiaggia soltanto bramata, in un sogno ribaltato con la consueta ironia. Dimartino in prima linea e Colapesce da buona spalla. Del resto, c'è un motivo per cui "Afrodite" è stato scritto dal primo. Un album incomprensibilmente sfuggito ai più, che moltissimi farebbero bene a riprendere, prima che il giochino svanisca. O forse no? Magari non c'è due senza tre. Chissà. Intanto, i due colpiscono ancora con una canzone già sulla bocca di mezza Italia. E alla fine fanno pure incetta di premi: gli ambiti Dalla e Martini sono entrambi assegnati a loro. Per gli amanti delle loro passate carriere, resta l'attesa di un disco definitivo e non da traino alla seconda hit. (Giuliano Delli Paoli)
Voto: 7,5

COLLA ZIO - "Non mi va"
Ogni tanto c'è un altro che sfiora i tuoi sensi, ma non mi va
Si divertono tanto, il problema è che non è chiaro se noi siamo invitati alla loro festa. Hanno dalla loro un ritmo funk non particolarmente originale, sono certamente vivaci e indubbiamente giovani, ma l'effetto animazione turistica è dietro l'angolo. Il testo prova a rimanere impresso con qualche verso sopra le righe, ma è davvero troppo poco per evitare di sembrare una versione minore de La Rappresentante Di Lista, peraltro decisamente più novantiani. Le sezioni rap, poi, se la giocano con Amadeus quando si sforza di suonare fresh. (Antonio Silvestri)
Voto: 4

COMA_COSE - "L'addio"
Potrò sempre ritornare da te
se mi dimentico me, com'ero
È necessario separare la performance dalla canzone. La prima è un misto di tenerezza, con quel gioco di sguardi e l'intensità di una coppia che sul palco mette in mondovisione una crisi, ma se lei se la cava con quel filo di voce, lui sbaglia quasi tutto, stonando e faticando a portare un po' di energia e di ritmo (è inutile sbracciarsi come fossi Eminem, non funziona). Al netto di questi problemucci non da poco, il brano è una ballata innocua che non azzarda molto, senza infamia. Non capisco quando i Coma_Cose hanno perduto tutta l'ironia e sono diventati uno spin-off di "Casa Vianello" ambientato in un centro sociale. La proposta di matrimonio a favore di telecamere è stato un gesto di una ruffianeria battuto solo dai bambini di Mr. Rain. Un po' d'imbarazzo empatico. (Antonio Silvestri)
Voto: 5

ELODIE - "Due"
Per me le cose sono due
lacrime mie o lacrime tue
La cantante romana arriva con la certezza di non dover dimostrare più niente a nessuno, soprattutto a Sanremo, dove ha raccolto consensi da presentatrice nel 2021 e nel 2020 come cantante. Una presenza scenica che è arrivata nel 2022 anche al cinema con "Ti mangio il cuore" di Pippo Mezzapesa. È considerata un po' ovunque la nostra Dua Lipa, definizione che però meriterebbe qualche correzione, visto l'evidente gap tra le due voci. E infatti Elodie entusiasma ancora una volta più per l'outfit e le movenze da matrona sensualissima che per la prova canora in sé, buon(in)a ma niente di memorabile. La canzone invece c'è tutta. Ed è accettabile in piccola parte anche il testo di Federica Abbate: prevedibile, va da sé, ma con spunti sparsi. "Due" è, alla fine della fiera, la classica canzone scritta per Elodie. Per spingerla oltre l'esosfera dei programmi radiofonici. Pop elettronico cucito addosso a una sobria Di Patrizi, che nel passaggio tra strofa e ritornello più che impennare tende a planare per poi salire di quota, trascinata da una melodia in fondo azzeccata. (Giuliano Delli Paoli)
Voto: 6,5

GIANLUCA GRIGNANI - "Quando ti manca il fiato"
Ciao papà o addio papà
io ti perdono
Il cantautore milanese sale sul palco del Teatro Ariston per la settima volta, l'ultima nel 2015. Il "poeta maledetto" della musica italiana, appellativo assegnatogli negli anni 90 per l'inquietudine adolescenziale che caratterizzava i suoi testi, presenta un brano che è una sorta di lettera scritta al padre. Dal testo profondo e a tratti struggente, emergono tutte le caratteristiche di Grignani, nel bene e nel male: vita, sofferenza, imperfezioni e insicurezze. La canzone è certamente apprezzabile a livello di contenuti, ma piuttosto scarna di spunti rilevanti, se si eccettua la vigorosa e discreta coda finale. Il buon Grignani porta a termine le varie esibizioni con grande impegno e come meglio è in grado di fare, palesando alcuni fraseggi zoppicanti. Gianluca è stato costretto a fermare l'esibizione di giovedì a causa di un problema audio, scusandosi con pubblico e fonico, ammettendo, probabilmente con un sottinteso accenno all'affaire Blanco, che all'età di cinquant'anni queste cose si gestiscono con più maturità rispetto a quanto sarebbe potuto accadere a venti. Ma non basta per convincere appieno. (Cristiano Orlando)
Voto: 5,5

gIANMARIA - "Mostro"
Che mi sono perso? Ero solo distratto, da me
Il giovane gIANMARIA continua a campare di rendita dai tempi in cui si esibì con "I suicidi" a X-Factor, pezzo di una banalità sconcertante ma perfetto per le lacrime farlocche di Emma Marrone e i "mi è arrivato" di Manuel Agnelli che, non a caso, fiutando come sempre il favore delle telecamere, si è esibito con lui nella serata delle cover. Ancora una volta le intenzioni di gIANMARIA sono buone, mentre i risultati, checché ne dicano i giornalisti sanremesi sperticandosi le mani, insipienti. "Mostro" racconta la sensazione di spaesamento nei confronti delle avversità e degli accadimenti della vita, ma lo fa con un linguaggio adolescenziale e un modo di cantare ai limiti della comprensibilità. Ridateci Irama. (Giulia Quaranta)
Voto: 4

GIORGIA - "Parole dette male"
E tu alla fine eri una bella canzone
la prima fuga al mare in moto d'estate
Mancava in gara dal 2001. Giorgia si presenta per la quinta volta al Festival di Sanremo, dopo averlo vinto nel 1995 con il brano "Come saprei".
La canzone proposta quest'anno tratta delle difficoltà che contraddistinguono il lasciare andare ciò che fa parte di un percorso che non ha più ragione di esistere, trasformando il dolore e la malinconia in forza positiva.
Il brano, tecnicamente troppo schematico, non presenta particolari picchi, sia dal punto di vista armonico che da quello concettuale. L'argomento è decisamente inflazionato e trattato con debole efficacia. A tutto questo si aggiunge una performance della cantante romana che nelle varie serate sembra tradire qualche piccola e sorprendente imperfezione. La sua straordinaria vocalità, che in passato ha innalzato il livello di canzoni talvolta decisamente deboli, sembra tenuta legata con il guinzaglio. Solo nella serata finale è sembrata più sicura e padrona delle proprie qualità e il risultato è apparso più apprezzabile. Peccato. (Cristiano Orlando)
Voto 5

I CUGINI DI CAMPAGNA - "Lettera 22"
Io non sono altro che un bambino
Che non sa contare
Avrebbero dovuto rappresentare la quota meme di questo Sanremo, ma la verità è che I Cugini di Campagna, con una canzone scritta da Veronica Lucchesi e Dario Mangiaracina (La Rappresentante di Lista), se la sono cavata piuttosto bene. "Lettera 22" è uno dei brani più orecchiabili tra quelli in gara, l'interpretazione di Nick Luciani è a fuoco dal vivo come su disco, mentre il testo, semplice e diretto, ma molto sdolcinato e ripetitivo, avrebbe meritato un bel po' di mordente in più.
In fondo, diciamoci la verità, sarebbe stato divertente vederli calcare il palco dell'Eurovision con le chiome ricciute, le tutine di paillettes, le platform argentate e le frecciatine ai Maneskin, rei - a quanto dicono - di essersi ispirati ai loro look. (Giulia Quaranta)
Voto: 5,5

LAZZA - "Cenere"
Rinasceremo insieme dalla cenere
La produzione più bella di Sanremo 2023, firmata non a caso da Dardust, è una fusione di deep-house e un pop-rap drammatico. Il testo è un ego-trip finto-poetico con frasi dimenticabili come "ormai non facciamo l'amore/ direi piuttosto che facciamo l'odio" ma montato sul beat veloce e l'arrangiamento movimentato, caratterizzato da un esteso sample vocale, il tutto funziona benone. L'esibizione di Lazza, che non è esattamente un secondo Marco Mengoni al microfono, è sorprendentemente precisa, generosa senza strafare: si muove, spinge quanto basta, sorride e ringrazia. Arriva inaspettatamente secondo. È davvero maturato, ora basta non diventare direttamente vecchi. Il Lazza del 2019 avrebbe asfaltato quello sanremese con due versi explicit in un freestyle in riocontra: come si cambia, per fatturare. (Antonio Silvestri)
Voto: 6

LDA - "Se poi domani"
Verrai da me se verrai da me
o sarai solo un'altra bugia
C'è Ed Sheeran in ogni atomo di questo pezzo. In tutti i suoi luoghi e in tutti i laghi, per dirla un po' con Valerio Scanu, che peraltro non avrebbe nulla da invidiare al giovane figlio di Gigi D'Alessio, un ragazzo simpatico ma evanescente sia nel canto che nella scrittura. Scritta con il cugino Francesco, che dirige anche l'orchestra, "Se poi domani" è un concentrato di stereotipi melodici con il faccione del buon Ed come sfondo dello smartphone. Le parole vanno ancora oltre. E ricordano perché, comunque sia, l'amore non si cancella "nemmeno mangiando un cornetto". (Giuliano Delli Paoli)
Voto: 4

LEO GASSMANN - "Terzo cuore"
Forse voli in un cielo migliore ma giuro che non ti abbandono
Se con Lda essere figlio d'arte, dunque inevitabilmente avvantaggiato, ha una certa scusante, in quanto si è in fondo pur sempre cresciuti a due metri da un pianoforte, con Leo non se ne esce a prescindere. L'interpretazione del Gassmann bambino, a metà tra l'esaltazione ingiustificata di un concorrente di Amici e un dodicenne a cui è appena arrivato un pacco regalo via Amazon contenente una PlayStation 5, è ai limiti dell'imbarazzo. Mentre la canzone mette a dura prova fin dalle prime note. Chitarrina inflazionatissima rubata a un imitatore a caso di Jack Frusciante e refrain impalpabile al netto di una certa spintarella. Il testo finisce per portarci a Superquark e ai polpi, che hanno appunto tre cuori. È diciottesimo soltanto perché molti giovani dal cognome meno blasonato del suo riescono incredibilmente a fare peggio all'Ariston. (Giuliano Delli Paoli)
Voto: 4

LEVANTE - "Vivo"
Vivo un sogno erotico
la gioia del mio corpo è un atto magico
Claudia Lagona torna a Sanremo con il "destino stanco" e il look stravolto ma non stravolgente. Le strofe illudono con una base "synthwave" (prendete le pinze senza problemi) ma il ritornello brucia ogni aspettativa in un crescendo urlato male, con versi tra il patetico e l'effimero. Del cinismo e dell'impegno promessi non c'è nemmeno l'ombra. Tutto è strillato senza verve, solo con una smania impertinente di rifarcela nuovamente senza però prima "sanguinare" sul serio o quantomeno (sor)reggersi all'umiltà del caso e dei grandi. Finisce giustamente al ventitreesimo posto. E magari tornerà a scrivere romanzi elementari per Rizzoli, i diari di bordo delle incomprese che avevano un senso negli anni 90, su Cioè, di certo non oggi. È quello il suo futuro? Visto lo stato di forma in musica, forse sì. (Giuliano Delli Paoli)
Voto: 4

MADAME - "Il bene nel male"
La puttana che ha ridato un senso ai giorni miei
Cresce con un uragano che dall'oceano arriva sulla costa e travolge ogni cosa. Gioca sulle parole, sui significati e significanti, le strapazza alla sua maniera, fortunatamente senza renderle incomprensibili, e si appoggia a una base ritmicamente azzeccata, nonostante una certa ripetitività che verso la fine tende a guastare un po' tutto. Si gode gli applausi nell'ultima serata e molto meno un settimo posto un poco immeritato, vista la presenza di oggetti impalpabili e non identificati come Mr. Rain. Madame si riscatterà in radio e su Spotify, dove si gioca un altro campionato. Le riserve della vigilia sull'incompiutezza, sparse dappertutto su quella che ormai non è più una promessa ma una brillante realtà del pop nostrano, sono già un lontano ricordo. (Giuliano Delli Paoli)
Voto: 7,5

MARA SATTEI - "DUEMILAMINUTI"
Ho capito che non era amore ma soltanto un posto che avevi creato per me
Come la canzone di Will, anche "Duemilaminuti" sembrerebbe uscita da un'edizione sanremese di una quindicina d'anni fa. Le uniche spie di una modernità (forzata) sono, ancora una volta, la dizione sgangherata e qualche biascicata finto rap in corsivo. La cosa divertente è aver scoperto solo in un secondo momento che le musiche sono del fratello minore della cantante, thasup, mentre il testo è di DamianodeiManeskin. Il nuovo che avanza, insomma. C'è da dire, però, che la voce cristallina di Mara Sattei e la sua capacità di gestire i non facili cambi di registro che precedono il ritornello conferiscono al brano una bellezza e un candore che ontologicamente non gli apparterrebbero, facendoci soprassedere sugli inciampi, come il poco controllo sulle note basse (tipico di buona parte delle ragazze uscite da Amici di Maria De Filippi) e i finali di frase un po' calanti. In fondo ci si può godere il vecchiume di "Duemilaminuti" senza troppi sensi di colpa, come se Mara Sattei fosse una novella Chiara Galiazzo. (Giulia Quaranta)
Voto: 5,5

MARCO MENGONI - "Due vite"
Che giri fanno due vite
siamo i soli svegli in tutto l'universo
Accreditato tra i favoriti della vigilia, l'artista viterbese si presenta alla kermesse sanremese per la terza volta, dopo averlo vinto nel 2013 con "L'essenziale" e classificandosi al terzo posto nel 2010 con "Credimi ancora".
Il brano, di cui è coautore, è un viaggio intimo all'interno della propria indole, ma anche un invito ad accettare tutto quello che offre la vita, senza pensare a cosa dovrebbe o potrebbe accadere. I momenti positivi, ma soprattutto quelli negativi, servono per evolversi.
Superata qualche piccola e ammissibile emozione iniziale, Mengoni porta il brano dalla sua parte, con la sua solita invidiabile estensione vocale e la sua carismatica modalità interpretativa, ancor di più nell'esibizione del giovedì, con tanto di occhi lucidi nel finale e l'unica standing ovation riconosciuta a un artista in gara. Look un po' alla Village People che ha riscosso sia apprezzamenti che qualche critica.
Inserito in un giudizio che deve tenere conto del contesto sanremese, è certamente uno dei momenti migliori in concorso (non il suo migliore), confermando in pieno le aspettative e aggiudicandosi meritatamente una vittoria a molti apparsa da subito decisamente scontata. Sicurezza. (Cristiano Orlando)
Voto: 7

MODA' - "Lasciami"
Lasciami, con la nostra canzone e un bicchiere con dentro un tramonto
Quarta presenza al Festival per la band capitanata da Kekko Silvestre, a dieci anni di distanza dal terzo posto raggiunto con "Se si potesse non morire" e dal secondo ottenuto con Emma nel 2011 con "Arriverà".
Il pezzo presentato quest'anno tratta lo scomodo e gettonato argomento della depressione (vedi Mengoni) e di come le forze negative debbano essere convogliate per trovare la chiave della rinascita.
Tolto questo apprezzabilissimo pensiero, null'altro porta a raggiungere un livello generale sufficiente. La canzone non dispone di alcun segnale attraente e anche la voce di Kekko, da sempre un cavallo di battaglia dei Modà, non riesce a sollevare un episodio decisamente deludente.
Dalla loro, potranno fregiarsi di aver "aperto" l'esibizione dei Depeche Mode durante la serata finale. Passo falso. (Cristiano Orlando)
Voto: 4,5

MR. RAIN - "Supereroi"
Mi basta un attimo e capisco che ogni cicatrice tua è anche mia
Mi basta un attimo per dirti che con te ogni posto è casa mia
Il premio per il miglior paraculo va a Mr. Rain che gioca la carta Povia trascinando un coro di bambini alati sul palco, i "Mitici Angioletti" di Zelo Buon Persico. Con "Supereroi", infatti, il cantante bresciano crea un fil rouge tra l'attualissimo tema della salute mentale e l'immaginario infantile, assicurandosi così un posto comodo su social, streaming e radio, nonché il gradino più basso del podio in una top5 (incomprensibilmente) declinata tutta al maschile. Il ritornello, col coro rubato a "Bad Romance" di Lady Gaga, rimane impresso, nella sua mediocrità, sin dal primo ascolto e verrà canticchiato anche da quegli amici che "Sanremo fa schifo". (Giulia Quaranta)
Voto: 5

OLLY - "Polvere"
Io che ho molta fantasia vedo mare, mare, mare
Tra i giovani, lui quantomeno sa tenere il palco e cantare e infatti va meglio degli altri. Ci mette tanta energia e tanti sorrisi, resta umile fino alla fine e il suo brano, un vivace pop elettronico da Pop X per la prima serata, riesce a destare dal torpore delle lunghissime serate sanremesi. Certo, il testo non brilla e rischiamo di dimenticarlo da lunedì prossimo. L'arrangiamento orchestrale soffoca un po' il brio con una citazione, diciamo così, dei Coldplay di "Viva La Vida". Riprovaci, Olly. (Antonio Silvestri)
Voto: 5

PAOLA E CHIARA - "Furore"
In questa notte di sole furore, furore
Le sorelle Iezzi hanno segnato, nel bene e nel male, l'infanzia e l'adolescenza di chi oggi ha tra i trenta e i quarant'anni. In alcuni casi anche i sogni erotici (do you remember "Kamasutra"?). Giustamente dimenticate per vent'anni, ritornano come icone camp e portano un po' di ritmo e autoironia sul palco. Fasciatissime in vestiti gloriosamente appariscenti, con una mobilità prossima a quella di un bradipo con l'artrite, intonano non proprio benissimo una canzone dance d'altri tempi, supportate da piacenti ballerini e ornate di innumerevoli glitter. Paola guida la sorella, che a tratti sembra sul punto di mollare tutto e tornare nel dimenticatoio, ma in definitiva si divertono e indovinano un ritornello che ha già fatto breccia nel mondo LGBTQ+. Su Spotify suona tutto meglio, ma non vale. Guilty pleasure per millennials. (Antonio Silvestri)
Voto: 5

ROSA CHEMICAL - "Made In Italy"
Che sono perverso e non mi giudichi se metterò il rossetto in ufficio lunedì
Incredibile ma vero, è riuscito nell'impresa di adattare la sua musica alla diretta su Rai 1 conservando un'irresistibile energia. Provoca senza fare mai male, in modo spassoso e scanzonato, con un testo che ammicca e pungola: è tutto calcolato, ma si può stare anche al gioco, per una volta. Un po' sagra kitsch di paese, un po' rap radiofonico, è una canzone che ha un ritornello appiccicoso e il bridge più divertente di quest'edizione, un grammelot che culmina in un "Hey, sexy lady!" esilarante. Lui si presenta sul palco agghindato come un Malgioglio misto Achille Lauro, sembra contento di esserci e non si dà alcuna aria da intellettuale, per fortuna. Quello che non riesce a fare cantando, lo fa con l'esibizione. Twerka e bacia Fedez, con la lingua, facendo esplodere i social e indispettendo la Ferragni. Io ho già messo il cuoricino su Spotify, e voi? (Antonio Silvestri)
Voto: 7,5

SETHU - "Cause perse"
Triste vedere niente cambia col tempo
e io sto da solo con il cuore a metà
Sethu porta in scena un nostalgico pop-punk cantato in corsivo e supportato da uno stilosissimo soffiato nel ritornello, per strizzare l'occhio sia ai millennials che alla genZ. Non a caso, il savonese si pone, anagraficamente parlando, quasi a metà strada tra le due generazioni. Finisce in fondo alla classifica più per il taglio di capelli che per la canzone in sé, ma possiamo dire che almeno "Cause perse" ci prova ad arricchire l'offerta di un un festival noiosissimo? (Giulia Quaranta)
Voto: 6

SHARI - Egoista
Dal divano osservavo in silenzio la vita crollarmi davanti
La ventenne Shari, forte della produzione del manager Salmo, porta sul palco dell'Ariston un brano pop-rap dall'afflato vagamente soul. "Egoista" racconta, con slancio dolceamaro, il desiderio di avere accanto una persona che le stia accanto, qualcuno da amare, idealizzare e ferire. È una canzone che puzza di déjà-vu e di Sanremo Giovani sin dalla prima nota ma, in un'edizione non particolarmente brillante come questa, una cantante dotata di buona tecnica è già grasso che cola. Ci pensa poi la solita dizione in corsivo, con le aperte che vengono chiuse e le chiuse che vengono aperte, tipica della genZ, a rovinare tutto. (Giulia Quaranta)
Voto: 6

TANANAI - "Tango"
Eravamo da me, abbiamo messo i Police
Era bello finché ha bussato la police
Alberto Cotta Ramusino, in arte Tananai, ritorna sul palco che l'ha lanciato, nonostante l'ultimo posto della sua "Sesso occasionale", canzone che nel 2022 ha conquistato il pubblico con un ribaltone da record. Sornione, poco inquadrabile, a questo giro Tananai rientra in mischia con una canzone d'amore "difficile", i cui protagonisti sono una coppia di giovani ucraini divisi dalle bombe della guerra. È una scelta che per alcuni aspetti fa il pari con l'ultima ballatona strappa-cuori di Tananai, "Abissale", amplificandone il peso con il testo impegnato. Il canto è al solito tra lo stralunato e il dozzinale che piace: prendere o lasciare. Il quinto posto è un eccessivo, ma anche lui gode del mezzo disastro degli emergenti al Festival. (Giuliano Delli Paoli)
Voto: 5,5

ULTIMO - "Alba"
Amo l'alba perché è come fosse solo mia
Mi rilassa respirare l'aria pure tua
Anch'egli annoverato in griglia di partenza tra i maggiori candidati alla vittoria finale, il giovane cantautore romano si presenta per la terza volta al Festival, dopo la vittoria nella sezione "Nuove proposte" del 2018 con "Il ballo delle incertezze" e il discusso secondo posto del 2019 con "I tuoi particolari".
"Alba" si discosta dalle consuete creazioni di Ultimo, in passato principalmente rivolte ad analisi interiori e pensieri innescati dall'indole personale. È un brano che si apre verso una visione collettiva della forza e delle fragilità che caratterizzano l'essere umano. Il risultato è apprezzabile, seppur senza mostrare alcun cenno di modernità, sicuramente tra i più intensi e qualitativi proposti per l'occasione. Ultimo, come al solito, affronta il pezzo con un progressivo crescendo interpretativo, che accompagna a un finale comandato con sicurezza grazie alla sua voce possente, sprigionata in totale libertà. Nel complesso, si scorge la flebile sensazione che manchi qualcosa, forse un ritornello di presa, ma ci accontentiamo. Visto il quintetto che si è giocato la vittoria finale nello spareggio conclusivo, avrebbe forse meritato un posto sul podio. Maturità. (Cristiano Orlando)
Voto 6,5

WILL - "Stupido"
Volevo tutto il pianeta stringerlo in una mano
Volevo fare il poeta, ora l'essere umano

Will arriva da Sanremo Giovani dove ha partecipato con la canzone "Le cose più importanti". E fa una tenerezza infinita, questo ventitreenne veneto che si presenta tra i "Big" con la solita canzone su una storia d'amore finita male, che sarebbe suonata vecchia già quindici anni fa. Peccato, perché Will sembra controllare con agilità le dinamiche del suono e il suo colore vocale è morbido e rotondo, ma tutto sembra sprecato, ancora una volta, alla mercé della solita banalità, del solito finto rap infantile e del solito testo senza direzione, conditi dalla solita dizione da milanese imbruttito. (Giulia Quaranta)
Voto: 3

Classifica finale e premi

1. Marco Mengoni - Due vite
2. Lazza - Cenere
3. Mr. Rain - Supereroi
4. Ultimo - Alba
5. Tananai - Tango
6. Giorgia - Parole dette male
7. Madame - Il bene nel male
8. Rosa Chemical - Made in Italy
9. Elodie - Due
10. Colapesce Dimartino - Splash
11. Modà - Lasciami
12. Gianluca Grignani - Quando ti manca il fiato
13. Coma_Cose - L'addio
14. Ariete - Mare di guai
15. LDA - Se poi domani
16. Articolo 31 - Un bel viaggio
17. Paola & Chiara - Furore
18. Leo Gassmann - Terzo cuore
19. Mara Sattei - Duemilaminuti
20. Colla Zio - Non mi va
21. I Cugini di Campagna - Lettera 22
22. Gianmaria - Mostro
23. Levante - Vivo
24. Olly - Polvere
25. Anna Oxa - Sali (Canto dell'anima)
26. Will - Stupido
27. Shari - Egoista
28. Sethu - Cause perse

 

Premio della critica "Mia Martini": Colapesce Dimartino - Splash
Premio della sala stampa "Lucio Dalla": Colapesce Dimartino - Splash
Premio miglior testo "Sergio Bardotti": Coma_Cose - L'addio
Premio "Giancarlo Bigazzi" per la miglior composizione musicale: Marco Mengoni - Due vite