Jakub Żytecki

Remind Me

2023 (autoprodotto)
progressive metal, djent, ambient, fusion, art-pop

Qualcuno magari il metal se lo immagina ancora così: borchie, draghi, capelli lunghi, chitarre Ibanez, gente che strilla. Una sciatta rassegna di luoghi comuni, è vero. Poco rappresentativa del genere in ogni sua fase evolutiva. Ma mai così lontana dalla realtà quanto oggi. Più ancora che in passato, il metal è in questi anni una galassia di stili fluidi e in dialogo reciproco. L’era dei mille sottogeneri non è finita, ma è mutata in un panorama molteplice in cui, accanto ad artisti orgogliosamente fedeli al proprio micro-settore, ve ne sono altri per i quali le etichette andrebbero impiegate tutte in contemporanea. E affiancate da riferimenti a filoni apparentemente distantissimi, perfino antitetici all’immaginario metallico consolidato nei decenni.
Per il chitarrista polacco Jakub Żytecki e i suoi Disperse, legarsi a termini specifici come djent, metalcore, metal tecnico rischia di essere più fuorviante che altro. Meglio piuttosto discutere di progressive metal, o magari di progressive music punto e basta. Perché la formula proposta, che abbraccia il cantato trasfigurato dei Cynic, vapori elettronici e rocamboleschi fraseggi jazz fusion, si espande molto oltre l’alveo del metallo comunemente inteso.

 

Il terzo studio album solista, “Remind Me”, vede il trentenne di Cracovia accanto al batterista Józef Rusinowskim, già attivo nel quartetto jazz/folk D.R.A.G.. Fin dal primissimo brano, “The Change”, si mette in chiaro che il disco non è una rassegna di shreddate e guitar trick: entrambi gli elementi sono presenti, ma l’orizzonte del pezzo è una totale compenetrazione fra l’elemento “pestone” e lo slancio ambient. Vangate di chitarra a otto corde (Żytecki suona una Mayones custom) e scale a mille all’ora si liquefano in atmosfere chillwave dominate da synth e riverberi. La voce, suadente ed effettata, è agli antipodi di ogni cliché metallico. La batteria elettronica, asciutta e multiforme, fa da improbabile legante alla costruzione.
Le coordinate stilistiche restano analoghe in gran parte dei brani, ma la personalità e il ventaglio espressivo della proposta sono sufficientemente ampi da evitare la prevedibilità. Votato a un’assoluta permeabilità stilistica, il musicista è abilissimo a evitare l’effetto “e adesso il momento X!” di tanto prog-metal. La scelta di adottare un canto dimesso e introspettivo, che ricorda i recenti Bon Iver sia nei toni che nel trattamento elettronico, proietta anzi l’album verso un’intimità che è del tutto inusuale per buona parte dei filoni di riferimento.

Si potrebbe tracciare, nel taglio spirituale dato al mix di contaminazione e virtuosismo, un parallelismo con un altro territorio musicale ancora: quello della new age meditativa di marca Windham Hill, che negli anni Ottanta aveva raccolto strumentisti dalle grandi qualità tecniche come Michael Hedges e Michael Manring, similmente orientati a un’esplorazione del tutto personale dello spazio fra i generi e delle più ardite possibilità esecutive. Alcuni dei nomi accasati presso l’etichetta (ad esempio, Mark Isham e Shadowfax) condividevano con Żytecki un tratto che nel polacco appare estremizzato: la vocazione per un sound fortemente tecnologico, quasi post-umano. Non solo i giochi di armonici e pitch-shifter che puntellano la tracklist, ma anche l’r’n’b trasfigurato di “Morph” e “raum” o i battiti drum’n’bass di “The Ends” sembrano tentativi di slanciarsi oltre al nostro periodo storico, immaginando emozioni e atmosfere di epoche future.

In un’intervista a Guitar World in occasione del precedente album, dichiarò: “Non ascolto granché la musica con le chitarre… Non sono nemmeno sicuro che mi piaccia!”. Un’esternazione che può sorprendere, visto il livello di acrobazia toccato dai brani, e che tuttavia suona in sintonia con il carattere generale del nuovo disco. È un album in cui funambolismi e smitragliate in palm mute sono colori di una tavolozza che ammette come opposti anche ambient celestiale e ritmi urbani. Lo scopo non è costruire un linguaggio di estremi, ma — come imperativo nel migliore progressive — disporre di tutta la dinamica necessaria a condurre l’ascoltatore lungo il proprio viaggio emotivo. E di sensazioni per viaggiare stando fermi, ascoltando le tredici tracce di “Remind Me”, se ne possono trarre in abbondanza.

 

06/04/2023

Tracklist

  1. The Change
  2. Remind Me
  3. this you can't change
  4. HEART
  5. Morph
  6. Wait
  7. MOONGHOST alt
  8. Futureschock
  9. r a u m
  10. Eventually
  11. Necluda
  12. slot machines, fear of god
  13. The Ends