"The Armed is a punk band from Detroit, Michigan". È questa la frugale definizione di sé che il collettivo americano offre sui canali social e sulle piattaforme streaming. È una definizione piuttosto accurata, solo però se si mettono da parte la semplicità e il suono che di primo acchito vengono in mente pensando al punk e si guarda invece alla furia iconoclasta del genere e alla sua attitudine di rottura.
Grazie alla sua natura collettiva, tra membri fissi e contribuenti la formazione può contare su circa una ventina di membri, il cui comune denominatore sembra essere costituito da abiti sfavillanti e muscoli ben oliati piuttosto che da comuni coordinate soniche. Anche per questo diventa davvero difficile, di disco in disco, anticipare quali saranno le mosse dell'ensemble. Avete presente quando per una band si usa quell'espressione che fa più o meno "questi potrebbero suonare di tutto"? Ecco, "Perfect Saviours" è il disco in cui The Armed iniziano a farlo per davvero.
Li avevamo lasciati nel 2021 con "ULTRAPOP", un disco che di pop aveva certamente alcune intenzioni ma lasciava che chitarre ed elettronica le travolgessero con un uragano di math-rock, noise e post-hardcore. A ben vedere è invece proprio con "Perfect Saviours", la sua opera quinta, che la formazione abbraccia il pop, mettendo al centro delle sue composizioni ritornelli trascinanti e una maggior nitidezza delle melodie, questa volta più scoperte, meno schiacciate da coltri di chitarre e distorsioni. Certo, le vampate chitarristiche di "Clone" e "Vatican Under Construction" sono noise puro, ma tra le loro maglie il messaggio melodico arriva forte e chiaro. In "Patient Mind" lambisce anche ariosi e accorati lidi emo-core.
Questa volta gioca un ruolo molto importante anche un'elettronica ultra-definita, trafugata dagli ascolti massivi di OPN e Blank Mass, che scroscia sulle canzoni sotto forma di sfavillanti cascate digitali ("Sport Of Measure", "Sport Of Form", di quest'ultima è imperdibile anche il folle video con Iggy Pop nel ruolo di Dio) o dà loro addirittura una piega dance, ora sincopata e scampanante ("Burned Mind"), ora obliqua e conturbante ("Modern Vanity").
In questo scenario futuristico tutto neon e bordate digitali, una distopia che potremmo intitolare come la fulminante traccia numero 2 ("Formerly Known As World"), i testi dolenti delle varie "Everything's Glitter" e "In Heaven" trasudano umanità e senso di isolamento, come una versione ipersteroidea dei Radiohead o degli ultimi Squid, o come dei Nine Inch Nails glitterati.
Tutto quanto detto finora vale per le prime dieci tracce, dacché nelle ultime due il collettivo del Michigan se ne va davvero per territori che era difficile immaginare come parte dell'itinerario. "In Heaven" è una ballad acustica, amarissima e inconsolabile, con aromi di tromba e tempo perduto; ancor più disorientante, "Public Grieving" è un rompicapo jazz per chitarra, piano e sax dove incredibilmente ci stanno bene linee di canto post-hardcore.
Incapaci di smettere di sorprendere, mai paghi di nuovi effetti speciali e subdolamente progressive, The Armed sono tornati con un'opera quinta che potrebbe essere il loro capolavoro o perlomeno il punto di arrivo di una fase. In attesa della prossima, non possiamo che rimanere prigionieri di una trappola sfolgorante e tutt'altro che scontata.
29/08/2023