Pochi giorni prima dell'uscita di questo loro decimo disco, intitolato "Moon Music", Chris Martin e i suoi ci hanno tenuto a fare sapere al mondo che si tratta del loro terz'ultimo disco. Gli faranno seguito quindi soltanto altri due capitoli, che chiuderanno una delle saghe musicali più importanti (checché se ne possa pensare) del nuovo millennio. Tempo di bilanci, dunque, e, allo stesso tempo, di aspettative per una chiusura di carriera che sia almeno dignitosa.
Fino a un certo punto, diciamo intorno al 2014, era ancora possibile e divertente punzecchiare i detrattori della band londinese più petulanti, facendo loro notare che, certo, i dischi non erano più all'altezza dei primi magnifici quattro, ma che ciascuna nuova uscita serbava dei guizzi pop da paura (si pensi alla straordinaria "Magic" da "Ghost Stories"), ma è un po' di tempo che i fari del pop-rock mondiale risultano pressappoco indifendibili. Intenti a puntare in direzione di un pop generalista, imbevuto di melassa e poi annacquato.
"Moon Music", purtroppo, scende ulteriormente la china, mostrandosi carente di idee e anche privo di una qualsivoglia struttura concettuale, o anche solo di un leit-motiv. Ed è un peccato, perché nella lenta overture che intitola l'opera, e in "feelslikeiamfallinginlove", si intravedono alcuni bagliori del genio melodico che fu. In "We Pray", Martin e gli altri sono così anonimi che sembrano capitati lì per caso, a fornire un tappeto sonoro e un ritornello sciapo al rap arrembante dei vari Burna Boys e Little Simz.
Nonostante si salti freneticamente da un genere all'altro (il rap in "We Pray", la disco music in "Good Feelings", la dance nella piacevole "AETERNA"), la noia regna sovrana ed episodi che vorrebbero ricordare la malinconia primordiale della band - si prendano "Jupiter" e "All My Love" - non sanno fare di meglio che sfoderare un lalala comprato all'ingrosso con un pianofortino in omaggio e sezioni d'archi stantie.
E quindi le speranze per una chiosa notevole sono davvero poche. Ma li abbiamo amati i Coldplay, anche quando iniziavano a diluire la loro identità per divenire sempre più trasparenti rispetto a un vero interesse, e il sogno di un colpo di coda tramortente rimarrà vivo finché non avremo ascoltato il fantomatico disco numero dodici. Sperando vivamente che sia anche un pelino meglio di questo mancato concept lunare, che casca ancor più lontano dal bersaglio del suo correlato predecessore.
06/10/2024