Suonano "musica per persone trans tristi cresciute all'alba dell'era digitale", si fanno chiamare Floral Tattoo, sono in sette, vengono da Seattle e con “The Circus Egotistica; Or, How I Spent Most Of My Life As A Lost Cause” tagliano il traguardo del terzo disco, dopo aver seminato più che bene con un esordio promettente, “Approaching Bearable” (2018), e un già convincente seguito, “You Can Never Have a Long Enough Head Start" (2020)”.
Con questo nuovo lavoro, la band incentrata sulle figure della chitarrista e cantante Alex Anderson e della cantante e multistrumentista Numbers Power si è cimentata con brani mediamente più lunghi rispetto ai lavori precedenti, consolidando un suono multiforme e vibrante, che ha certamente nell’emocore la sua radice più salda, ma che non fa nulla per nascondere i suoi debiti anche nei confronti dell’indie-rock, dello shoegaze, della psichedelia, del progressive-rock e, all'occorrenza, finanche di certo metal estremo. Insomma, siamo nel pieno della cosiddetta “quinta ondata emo”, i ragazzi provano a guardare dritto negli occhi il futuro e il piatto è davvero ricco, per cui, come si suol dire, “mi ci ficco!”, perché i Floral Tattoo suonano davvero eccitanti e viscerali, la loro musica essendo una sintesi di cuore e testa spremuti sul pentagramma e tra le liriche, che sono vere e proprie confessioni a cuore aperto, perché, sottolinea Alex, “la musica è la massima forza catartica”, e come darle torto?
Lo stesso titolo che hanno scelto per questo loro ritorno ha un significato profondo, ci confessa Numbers Power, che ha scritto e cantato gran parte del materiale presente in questi solchi: “'Circus Egotistica' è un concetto che ho preso in prestito da una fanfiction di Homestuck chiamata ‘Godfeels’, in cui il personaggio principale attraversa una sorta di processo simulato nella sua mente. Ciò ha avuto un profondo impatto sul mio stato mentale e sul disco stesso, poiché il personaggio principale di Godfeels è anche una donna transgender e un sistema di alter. Alla base, vi è l’idea di un circo della propria mente, il riflesso dei diversi aspetti del proprio sé manifestati in un luogo fisico o in uno spazio fatto di idee, se vuoi.”
Musica, insomma, fatta di schegge di vita, da cui emergono turbamenti, inquietudini, speranze più o meno mortificate, come chiarisce, fin da subito, “Determination (I Am Not A Hero.)”, che lascia lentamente maturare un crescendo corale, prima di sfociare in un torrente di pura, estatica liberazione.
“Mint chewing gum, spironolactone 100mg(2x daily)…” è come una chiamata alle armi: dentro c’è anche la frenesia del punk-pop (si ascolti, a tal proposito, anche l’arrembante “The Secret Life of an American Teenaged Vampire (you can't spell Executive Dysfunction without 'Cute'.)”), e non manca la tensione autodistruttiva dell’hardcore, sebbene depotenziata grazie a massicce dosi di brillantezza melodica. E c’è, soprattutto, quel senso di inadeguatezza che un po’ ci riguarda, o comunque, ci ha riguardato tutti in un certo momento della nostra vita (“Non sono fatto per questo mondo/ Non sono fatto di questa terra”), perché sempre più “il bene e il male sono così soggettivi”…
“Yeller (Our reactionary reaction to the actions of the actively reactionary.)” è un prodigioso attacco a testa bassa, che passa in rassegna lontane mareggiate shoegaze, rigurgiti Slint-iani, collassi senza scampo che sfociano in apoteosi elettriche e tempeste di passioni brucianti come solo gli Hüsker Dü più inviperiti e alle soglie del Paradiso della melodia che è rumore e del rumore che è melodia.
“Backyards (Reminders of those Things you try to Forget.)” è, invece, un lancinante grido di libertà rispetto alle cose che sono state e che ci si augura possano non tornare mai più. La sintassi sonora dei Floral Tattoo è ormai sempre più dilatata, piegata a farsi voce di emozioni dilanianti.
I'm so tired of digging up old memories long buried in backyards where I was all too fucked up and tired of my whole life.
I feel so fucking useless when I try think about this. I think I might be fucked up from everything that I loved.
When I was just a teenaged faerie, the people I knew were scared of me, and I think I'm too far too gone to care about it all now.
Police people you think are causing you discomfort. It's so inconsiderate, you become the shit that you hate.
I've been so judgmental and thrown stones from glass houses. If you could all only see, you're all now blind as I've been, and given that’s been over for several odd years now I'm free from all you fuckers, please don't come round again.
La bellissima “Ideaspace (21ST CENTURY MANIC SCHIZOID DREAM GIRL!)”, (con strizzatina d’occhio ai King Crimson), fa pensare in prima battuta a dei Fucked Up colti sulla via di Damasco dalla febbre del Midwest emo, ma poi sprofonda in un deliquio di distorsioni, feedback e voci vacillanti dentro il buco nero dell’incanto, prima di fibrillare a cuore aperto intorno alla devastante consapevolezza che si è sempre fuori posto e che, in fondo, altro non siamo che “idee nello spazio”.
Nonostante in gioco ci sia la loro vita nuda e cruda, la musica dei Floral Tattoo riesce, quando vuole, anche a essere accattivante, ma senza mai scadere nella banalità, come dimostra “Page 116 of the Perks of Being a Wallflower (Curse at the wind, cry for no one thing in particular. RITUAL SELF-IMMOLATE!)”, in cui le chitarre sbavano ruggine, mentre voci intossicate dalla quotidianità bisbigliano o urlano il proprio tentativo di venire a patti con il mistero della sofferenza: “Ho fatto crollare questa vita quell'anno al liceo/ È stata tutta colpa mia, sto rivendicando tutto e non lo cambierei per niente al mondo/ Ho distrutto la mia famiglia e non me ne pento”.
L’introduzione per chitarra spaziale e synth di “I Died (Again)” è prefigurazione di magnificenza. Quello che conta, innanzitutto, è che l’“oscurità e il gelo crescente dell'incertezza” ci abbiano finalmente liberati. Dunque, il climax: un’allucinazione screamo. O un trip acido nel bel mezzo di un concerto dei Weakling.
Darkness, and the rising chill of uncertainty
I have never felt quite this free before
Darkness, and the feeling of the cool breeze upon my skin
I have never felt quite like this before
Darkness, and the rising chill of uncertainty
I don't need to understand anymore, I just want to let go
Darkness, and the feeling of the cool breeze upon my skin
This is exactly the way, at precisely this moment, that things were meant to happen
“The Circus Egotistica and the Girl who Cried Bad Wolf”, il brano più lungo del disco, con i suoi quasi dodici minuti di durata, torna all’urgenza dell’emocore, alla sua capacità di dire l’indecifrabile flusso delle emozioni in una lingua franca, la cui sintassi è tendenzialmente, anzi direi necessariamente incline a farsi progressiva. Nel testo, il ricordo di una persona che non c’è più si mescola con la dolorosa consapevolezza della propria identità lacerata.
Quando i Floral Tattoo provano a scrivere roba relativamente più intimista, i risultati sono sempre sorprendenti: “Old Friend”, un’accorata ballata folk-gaze, costruita intorno al ricordo di un amore ormai finito (“Sì, ho fatto del mio meglio, non posso lamentarmi troppo. (…) Siamo persone diverse da come eravamo (allora). E mi importerà sempre di te. E apprezzo il tempo trascorso con te. Ma non posso fingere di sapere, no, non posso fingere di conoscerti"); “The Arkbuilder's Wife (Violent and Incoherent, the Winds Wept in the Valley.)” (ispirata dal film “Noah” di Darren Aronofsky) apre come una ninna-nanna “acquatica” e guadagna progressivamente peso, fino a diventare tambureggiante e innodica, come dei Fucked Up gospel, mentre i tasti di un pianoforte vengono percossi come se ci trovassimo nel bel mezzo di una barrelhouse dominata da un’eccitazione dirompente e, manco a dirlo, catartica.
Disco drammaticamente sincero, “The Circus Egotistica; Or, How I Spent Most Of My Life As A Lost Cause” chiude con “Just, Don't Say Goodbye. I Hate Goodbyes (She Burned her Selves in an Open Field off SR-202. Everyone Stood Quietly and Watched the Fireworks.)”, in cui il cantante Numbers Power scende ancora come una lama nelle viscere di alcune delle sue esperienze più dolorose, mentre la musica assume quasi connotazioni sinfoniche.
I threw my whole life into cardboard boxes
Nearly twenty years, nearly two decades of living on foreign land
The world's different, so am I and it scares me, god damn I'm confused
I'm just trying to find a way to hold on
This world gets ever more dangerous the longer that I'm alive
I'm afraid of living here, but won't say goodbye
Ok, world, go ahead and do your worst, because I won't comply
I don't know if we'll ever really get better, all I know is that it's careless not to try
I've had this dream here so many times
I'm eighteen or something, somewhere outside our house right next to a bright red corvette drop-top
And I look like a 60s French model
And I get in the car and I turn it on
And I just start driving and I don't stop
I just start leaving home
There's power in depiction of a memory
Everything I've said is just my point of view
But fuck it, I've been told my memory's wrong more times than I can count
After a while, it all just started to break down
Now I can't remember anything important from any of the years that you were around
And I know you're not wholly to blame but you were all that I had
And you betrayed me so many times I'll never trust again
Stop pretending I didn't want to run away every day I spent living in your company
09/12/2024