Non sempre basta avere una buona storia, bisogna anche saperla raccontare. Gillian Welch e David Rawling sono tornati insieme dopo tredici anni con dieci canzoni che sono tanti preziosi capitoli di una storia che forse tutti conosciamo, ma che pochi sanno raccontare con la stessa genuina musicalità e poesia. Il loro "Woodland" non è un album, è uno scrigno di preziosi documenti sonori di un'arte ormai desueta: ovvero scrivere canzoni che lascino un segno profondo e indelebile.
Gillian Welch e David Rawling non hanno bisogno di giustificare il fascino deja-vu del loro nuovo album: pochi altri hanno saputo preservare quel gusto per la tradizione country e folk, catturando anche tre Grammy Award in epoche decisamente meno fashion, ed è dunque naturale che queste nuove canzoni non modifichino la rotta, anzi la rafforzino, a rischio di andare controvento.
"Woodland" è un disco in cui si celebrano la bellezza e l'autenticità di cose che spesso diamo per scontate e che invece possono essere spazzate via in un attimo, come quando un tornado nel 2020 ha divelto il tetto dello studio di registrazione di Gillian e David (Woodland), costringendo, in piena era Covid, i due musicisti e il loro tour manager a un eroico salvataggio delle attrezzature.
"Woodland" è il giusto seguito dell'album del 2020 "All The Good Times", dove Gillian Welch e David Rawling si sono cimentati con classici di Bob Dylan, Johnny Cash, John Prine e Norman Blake, ma questa volta è tutto frutto dell'ingegno dei due musicisti. Un disco che altresì omaggia il compianto Guy Clark, collega e amico che ha ispirato e sostenuto i due artisti nella loro ormai trentennale carriera.
Inutile discorrere di dietrologie critiche o di fumose argomentazioni tecniche e stilistiche: "Woodland" è un gioiello di songwriting da ascoltare con il cuore oltre che con la mente. Citazioni di Bob Dylan, Neil Young, Gram Parsons, Woody Guthrie e ovviamente Guy Clark (al quale è dedicata l'intensa "Hashtag") fanno capolino tra le raffinate e sapienti canzoni, come anime evocate da un esorcismo pagano.
Le storie raccontano di luoghi e situazioni che sono ormai familiari a chi ha sempre scrutato tra le meraviglie e le contraddizioni della vecchia e della nuova America. Il cristallino e armonicamente ricco fingerpicking di "Lawman", la malinconica "What We Had" dalle piacevoli sembianze stile-Neil Young era "Harvest" (artista già citato in "Empty Trainload Of Sky" dove riecheggia il suo "hey hey my my") e il notevole omaggio alla tradizione country americana di "Here Stands A Woman" (con tanto di citazione di Bob Dylan e Woody Guthrie) sono solo alcuni dei tanti pregevoli capitoli di un disco da consegnare immediatamente alla storia.
La folgorante bellezza di "Woodland" è rintracciabile in ognuna delle dieci tracce, ma non si può tacere della brillante e perfetta coesione tra struttura musicale e vocale, di "North Country", delle spoglie trame blues di "Howdy Howdy" e della sognante melodia di "The Bells And The Birds".
"Woodland" è un disco alieno e diverso da qualsiasi cosa ascolterete quest'anno: nessuna rivoluzione o stravaganza stilistica per un album semplicemente commovente. La musica di Gillian Welch e David Rawling è come un bocciolo che sboccia all'improvviso nonostante il freddo e le intemperie, un fiore da cogliere senza indugio e di cui prendersi cura.
28/09/2024