Il 2024 è un anno di grandi celebrazioni per i Green Day. Sorpassati ormai i trent'anni di attività, il power trio pop-punk più famoso del mondo quest'anno festeggerà con un tour sia il trentennale del disco che li ha lanciati, il capolavoro del genere "Dookie", che il ventennale di quello che invece, dieci anni dopo, li ha confermati come istituzione transgenerazionale, la rock opera "American Idiot".
Sul finire del 2023, la band si è anche lanciata in un mini-tour a sorpresa in venue di bassa capienza, come ad esempio i nostrani Magazzini Generali di Milano, affinché Billie Joe, Mike e Tré Cool potessero riassaporare il brivido delle gig scatenate degli esordi. È chiaro dunque che per il trio sia un momento di bilanci, confronti e riflessioni. E che questi li abbiano finalmente portati a trovare una quadra, a giungere finalmente, dopo una buona quindicina d'anni, a una versione di sé che non fosse anacronistica, che potesse trovare uno scopo nel contesto musicale contemporaneo. E non è un caso, dunque, che "Saviors" sembri collocarsi proprio al crocevia tra i due dischi da festeggiare. I Green Day sentono ancora la responsabilità da agitatori rock del 2004, ma hanno rinunciato a prendersi troppo sul serio, recuperando però un po' dell'ironia degli esordi, debitamente filtrata dal sarcasmo e dal senno di poi da cinquantenni.
I frutti più immediati di questo nuovo equilibrio sono "The American Dream Is Killing Me", una "Strange Days Are Here To Stay" col ritornellazzo a presa rapida e la sfavillante traccia che dà il titolo al disco. Difficile non venire rapiti immediatamente anche dal coretto killer di "One Eyed Bastards" o finire sotto a "Coma City", sul cui finale basso e batteria picchiano come ai bei tempi.
L'età porta anche un po' di malinconia, che, debitamente accompagnata dal gigantesco talento melodico di Armstrong, produce varie ballad, come la pregevole "Suzy Chapstick" e la (forse un po' troppo) smielata "Father To A Son". Immancabile una citazione per "Bobby Sox", classico istantaneo che non avrebbe sfigurato in "Nimrod" e che ribadisce una parentela dei Green Day con i primi Weezer.
"Saviors" non è un disco perfetto, ci mancherebbe, e forse ha qualche pezzo di troppo. "Look Ma, No Brains!" e "Fancy Sauce" non aggiungono che minuti a una scaletta che forse un po' alleggerita avrebbe funzionato ancor meglio. Fa però un gran piacere ritrovare una delle più iconiche band pop-rock degli anni 90 in questo stato di forma e freschezza, nuovamente a suo agio e carica di senso e contestualità che sembrava aver smarrito.
23/01/2024