Di recente, il buon Kiran Leonard, che su queste pagine lasciò un segno indelebile con il bellissimo “Grapefruit” (2016), si è trasferito da Manchester a Londra e il contatto con una realtà cittadina, sicuramente più complessa e alienante, gli ha permesso di focalizzarsi ancor di più sulla propria interiorità, alfine pescandovi la convinzione che fosse giunto il momento di pubblicare un disco capace di riassumere un po' tutti i suoi precedenti, così da creare qualcosa di disciplinato e conciso, senza che questo si traducesse però in un fastidioso compromesso.
Il risultato è questo “Real Home”, che è sicuramente uno dei suoi lavori più accessibili, anche se, quando si parla dell’artista inglese, l’aggettivo “accessibile” è da prendere sempre con le molle. E, così, “Pass Between Houses”, il primo tassello del redivivo Kiran (consentitemi di chiamarlo per nome), offre un fascinoso connubio di folk “matematico” e trascendenza jazz, il tutto declinato con piglio frenetico e un flusso di parole che provano a suggerire il clima asfissiante di una grande metropoli. Tuttavia, anche quando la realtà accelera senza limiti, possiamo comunque afferrare i contorni di questa o quell'immagine, prima di affidarci alla nostra fantasia.
Eyes forward, forward step.
The temptation divides to spite itself.
“Oh, where I go, actuation rules.
Vacate the room. Your signs are grieving”
I saw, through a great whirlwind,
unknown stations laid still as time was shaking.
“Oh, will I know agitations bloomed,
raised true? A light without envy —”
“How, when faced with demons and foulness?”
I see it now!
In cities robbed of their wreaths,
grasping at outlines of accelerating imagery,
proceed, take action, and protect your reverie.
Pass between houses; reject expectant history.
Se, in prima battuta, può ricordare le partiture oblique di Jim O'Rourke, “Theatre For Change” sviluppa poi un sentiero fatto di meditazioni a mezz’aria e spigoli vari, il cui esito è una trionfante esplosione.
La title track imbastisce, invece, una melodia di pianoforte fluida e vagante, regalandoci alcuni dei momenti più commoventi del disco.
To home through the fog.
A dell of respite.
A walk in the park?
Smell of inside
Damned if I don’t aspire
to wild boasts that police
our strange lives;
I cross and wind to you
Smell of inside
A vault through the night?
L’interludio country-pop di “Treat Me A Stranger” segna una sorta di cesura in “Real Home”. Infatti, a cominciare da “Utopia Of Bog”, il songwriting di Leonard si fa più centrato e il progressive-folk schitarrante di “The Kiss”, con le sue immagini di amori lontani e il cameo vocale di Magdalena McLean dei caroline, s’impone come il momento culminante dell’opera.
Far on, far out, the flower is singing,
unheld, far on, far out, the silence is singing,
like stone, far out, the silence is singing,
unheld — far out — like stone — a kiss —
our lives — unheld — far out —
C’è spazio, poi, per gli accordi ripetitivi e le tracce della Penguin Café Orchestra di “Void Attentive” e per una “My Love, Let’s Take The Stage Tonight” che mi ha fatto pensare a dei Replacements che provano a suonare come i Violent Femmes, ma con gli archi. Nel suggellare questo suo riuscito ritorno, Kiran ci regala un’altra immersione nel cuore più profondo delle sue emozioni: e, così, “He Had Always Led” assomiglia a una tenera, dolente lettera inviata a qualcuno che non c’è più e che abbiamo amato tanto.
19/11/2024