Gordon Gano (figlio di un predicatore battista, folgorato nell'adolescenza da Jonathan Richman, Johnny Cash, William Faulkner e dalla lettura della Bibbia), Brian Richtie (multistrumentista appassionato di Jaco Pastorius come di Sun Ra e della sua Arkestra) e Victor De Lorenzo (figlio di immigrati di origini siciliane, appassionato di teatro e pop art) si incontrano a Milwaukee (il nome non si è ancora capito se lo hanno preso da una marca di assorbenti - la Femme per la precisione - o da una parola dello slang cittadino che indicava i travestiti che battevano downtown) appassionati di jazz, gospel, e country&folk, legati dall'attitudine punk, dai primi vagiti della dark-wave britannica e dalla voglia di suonare dal vivo, inizieranno a battere ben presto tutti i locali della città prediligendo una strumentazione acustica con un suono (all'insegna tanto della semplicità acustica quanto della complessità delle soluzioni di arrangiamento), che diverrà il loro marchio di fabbrica, non conosceranno il successo commerciale, ma la verve dei loro show la grazia dei loro dischi, la rabbia e la metodicità delle musiche, l'ironia il sarcasmo delle liriche (verrebbe da dire la letteratura con un forte riferimento alla scrittura di un mostro sacro come Faulkner) li faranno assurgere al ruolo di cult band americana "alternative" degli anni 80 preferita dai Nerd.
L'attività live cittadina attira su di loro l'attenzione del chitarrista dei Pretenders, James Honeymann, che li proporrà come supporter della band di Chrissie Hynde e permetterà loro di uscire dall'ambito cittadino, portandoli a New York, dove avranno modo di farsi apprezzare anche dalla critica locale. Di lì a poco, arriverà anche l'agognato contratto discografico (con la Slash che all'epoca faceva vera e propria incetta dei talenti della new wave americana).
L'esordio delle "femmine violente" rappresenta uno scossone per la scena underground americana: mentre tutti gli altri gruppi si preoccupano di alzare il volume dei loro amplificatori, il loro stile è quello di applicare la lezione imparata dal punk al folk e al country stelle-e-striscie. Memori dell'insegnamento dei Modern Lovers di Jonathan Richman, come di quello dei Talking Heads, i nostri creano un melange punk-folk melodico, dove la voce sgraziata di Gano e il suo stile di chitarra, essenziale e scorbutico, si fondono con le linee di basso oblique di Ritchie e con la ritmica sgraziata e improvvisata di De Lorenzo (improvvisata in tutti i sensi, vista la propensione del nostro a sfuggire i normali tamburi a favore di bidoni, pentole e altri attrezzi percutibili variamente assemblati). "Blister In The Sun", fosse stata un poco più elettrica e cantata da qualche giovincello emaciato e biondiccio della California del Sud, sarebbe stata all'epoca un perfetto radio-summer-hit, invece conquisterà il cuore di qualche migliaio di adolescenti e sarà nel tempo considerata un inno punk, nonostante l'assenza della chitarra elettrica; "Kiss Off" è invece punk e cabaret, con chitarra e basso che provano a fare il verso a qualche jamsession "impulse" o "blue note" anni 60. "Please Do Not Go", con le sue ritmiche reggae (assai insolite per il periodo ed il genere), lascia la gloria della scena a Brian Ritchie, che c'infila una bella prova della sua perizia strumentale con l'assolo di basso: è una canzone d'amore sentita e ironica, dolce e straziante con quei suoi coretti che prendono sonoramente per i fondelli buona parte delle mielosità pop degli anni 70.
"Add It Up" parte in sordina come un gospel, con una voce che fa il "call" ma il cui "response" è dato non da un possente gruppo di voci ma dell'entrata degli strumenti, che con piglio punk mostrano agli X e ai Blasters la strada giusta da seguire; ancora una volta rabbia folk e foga punk a farla da padrona. "Confession" potrebbe essere un traditional rubato a qualche paesino degli Appalachi come a qualche cantina della Chicago post-bellica per il suo intrecciare country e blues, in una melodia febbricitante, segnata dalla linea di basso e dalla batteria, che non dà il tempo ma copre il vuoto della voce di Gano che urla della sua disperazione e solitudine, fino a esplodere in un urlo punk liberatorio, con l'accettazione della propria sofferenza: dolore che non redime, che non esalta lo spirito, ma racconta solo la sua dannazione e l'accettazione di se stessi e della propria condizione di esseri umani.
"Prove My Love" e "Promise" sono ancora velocità e pop, un doveroso break con i loro coretti e le loro quasi melodie (la seconda è qualcosa di più vicino a un riff classico si senta in questo disco). "To The Kill" l'avrebbe scritta Johnny Cash se fosse nato 30 anni dopo; in "Gone Daddy Gone", il suono si arricchisce di uno xylophono che disegna la melodia per tutta la canzone (ma che è ovviamente lontano mille miglia da Lionell Hampton).
La conclusiva "Good Feeling", lo si intuisce già dal titolo, è un piccolo affresco country, teneramente melodico, con assolo di violino e un piano che ricama la melodia per tutta la canzone. Tenero e adatto per augurarsi la buonanotte con la propria dolce metà.
Le ristampe in Cd a partire dal 1987 aggiungono due tracce bonus, ovvero "Ugly" e "Gimme The Car", originariamente pubblicate come 45 giri nel dicembre del 1983: la prima è una veloce canzoncina pop ispirata non poco dai Cure di "Three Imaginary Boys", mentre la seconda è l'inno di tutti i diciottenni neopatentati che hanno un appuntamento il sabato sera con la ragazzina dei loro sogni, e si racconta abbia scatenato uno dei "pogo" più furiosi che Milwaukee abbia conosciuto la prima volta che fu suonata dal vivo.
13/11/2006