Phosphorescent - Revelator

2024 (Verve)
alt-country

Senza alzare troppo la voce, con malcelata melanconia, con testi ricchi di sentimento e arrangiamenti sempre più elaborati e maturi, Matthew Houch ha scritto una pagina importante della musica americana degli ultimi vent'anni.
Dopo sei anni di silenzio, in molti avevano perso la speranza di un nuovo album a nome Phosphorescent, moniker del musicista di Athens. Questi lunghi periodi di gestazione tra un disco e un altro sono in verità una costante della sua più recente produzione: dopo cinque album incisi nell'arco di sette anni, il ritmo si è decisamente allentato con "Muchacho" pubblicato nel 2013 e "C'est La Vie" nel 2018.
La recente condivisione su Bandcamp di dodici cover version di brani di Bob Dylan, Nina Simone, Randy Newman e altri autori (pubblicati con cadenza mensile nell'anno 2022) ha riacceso l'interesse e ha anticipato il nuovo album "Revelator".

Chi conosce il percorso di Phosphorescent sa bene che testi e musica sono sempre stati per lui un binomio indissolubile. Dopo l'elogio della bellezza e della stravaganza umana, riflessioni al centro degli ultimi due album, l'autore americano affronta ora le proprie insicurezze.
"Revelator" è l'album della disillusione e della sofferenza, i testi sono più introspettivi e mettono a nudo un'anima in preda al dolore. Houch mette insieme canzoni tanto toccanti e profonde quanto non prive di un lieve disincanto. La musica scorre tra organi e pedal steel a tessere pregiati tappeti armonici ("Fences") e slanci di ottimismo che regalano melodie memorabili ("To Get It Right").
Alla title track è affidato il compito di sintetizzare gioie e dolori dell'album: la melodia cattura l'attenzione, mentre Matthew mette in sequenza storie di solitudine, sconfitte e disillusioni con un atto di rinuncia che non ammette contraddittorio: "Mi sono stancato della tristezza/ mi sono stancato di tutta la follia/ mi sono stancato di essere sempre un duro".

È una musica gradevolmente familiare, quella di Phosphorescent. L'amalgama di violino, slide guitar, basso e batteria si concretizza con misurata dolcezza tra un elegante omaggio al Paul Simon di "Graceland" ("A Moon Behind The Clouds") e interessanti intuizioni strumentali che giustificano la presenza di nomi di rilievo, come Jim White dei Dirty Three e Jack Lawrence dei Raconteurs ("Wide As Heaven"). Anche le ballate più algide e minimali catturano quella magia che tiene lontana la routine ("All The Same").
"Revelator" è senza dubbio l'album meno scanzonato del musicista americano: le canzoni sono contrassegnate da una mesta accettazione dell'inevitabile (Matthew ha di recente perso il padre) e non è dunque un caso che il testo più grintoso e surreale ("The World Is Ending") sia opera della cantautrice australiana Jo Schornikow (compagna di Matthew).

"Revelator" è un disco che resta perennemente in bilico tra candore e confusione. Uno schiaffo alla spensieratezza che esalta il lato più struggente della poetica dell'artista americano, aspra e austera al pari di Lou Reed ("Impossible House"), sontuosa ed essenziale ("A Poem On The Men's Room Wall"), ed è in questa più sobria e vulnerabile compostezza melodica che è racchiuso il fascino del ritorno di Phosphorescent.

28/04/2024

Tracklist

  1. Revelator
  2. The World Is Ending
  3. Fences
  4. Impossible House
  5. Wide As Heaven
  6. A Moon Behind The Clouds
  7. All The Same
  8. A Poem On The Men's Room Wall
  9. To Get It Right




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