Immaginate la scena: cinque amici di lunga data, musicisti di consolidata esperienza, in una piccola isola al largo delle coste norvegesi (per chi fosse curioso, Giske, vicina a quella Ålesund immortalata da Mark Kozelek quindici anni addietro). Il periodo è settembre, non sono ancora arrivati i freddi rigidi del lungo inverno nordico, ma l'atmosfera si sta già sensibilmente raffreddando. Potrebbe essere l'occasione per suonare qualcosa di nostalgico, a suggello di una stagione oramai conclusasi. Troppo semplice così: col motto di "altolà alla noia!" Marius Neset, tra le voci più creative e ardite del ricchissimo panorama jazz norvegese, chiama nuovamente a sé l'amico e collaboratore di una vita Anton Eger (batterista e produttore di cui abbiamo già scritto qui), il pianista Magnus Hjorth, il tastierista Elliot Galvin e il bassista Conor Chaplin e assieme a loro realizza uno dei capitoli più esplosivi della sua già lunga carriera discografica, ponendo la forza dell'amicizia come valore centrale della propria creatività.
"Cabaret" ripropone lo spirito divertito che animò "Happy", la prima sortita del quintetto, ma ne accentua ulteriormente dinamismo e carattere melodico, infondendo la fusion di Neset di sorprendenti accenni soul e funk. Per riscoprire tutta la gioia del suonare assieme.
Gioia, è un termine chiave nell'economia di quest'album: permea ogni singolo secondo dell'album, anche nei frangenti in cui parrebbe cedere il passo a una riflessività di facciata, si esprime con un'intensità violentissima, mai meno che travolgente. Perché è quello il suo compito, travolgere, far piazza pulita di ogni altro sentimento, lasciando che l'immaginazione prenda il sopravvento su tutto. E lo fa sin dalle premesse: in un gioco di vignette apparentemente sconnesse in rapida sequenza il sassofono di Neset individua nella title track i lineamenti di una fanfara impazzita, creativa e ipercinetica quanto quelle della migliore Hiromi, in cui preannunciare a mo' di easter-egg spunti melodici da tutto il disco.
"Hyp3rsonic Cabar3t" da suo lato approfondisce ulteriormente il dinamismo sfrontato del quintetto, offrendo quanto premesso dal titolo, in un vibrante crescendo nu che guarda alla fusion anni Ottanta ma viene condito delle asimmetrie ritmiche tipiche di Eger. Il divertimento prosegue imperterrito, e se anche arrivano inattesi rallentamenti, non per questo vi sono cali di tensione. "Song For Maja" parte come lenta ballata dalle inflessioni romantiche, prima di tramutarsi in una slow-jam condita di accenti che ricordano il migliore Hancock anni Ottanta, "The Ocean" si spinge più a fondo nel mistero ma fa presto ad accostarci un arrembante gioco di pianoforte e batteria, che accentua le sinuosità di Neset disegnando un finale dal carattere enfatico.
La girandola del quintetto intercetta poi con facilità frenetiche mini-suite che stravolgono la fusion più futuristica in un gioco di orientalismi melodici e costanti controsterzi ritmici ("Midsummer Beats", tra i momenti più curiosi del lotto), chiarisce un amore tutt'altro che nascosto per andamenti dal sapore pop (i commenti di sax e synth di "Quantum Dance", sopra una struttura che condivide molto con i Weather Report), ribadisce tutto il piacere di Neset per l'universo classico, per quanto a questo giro opportunamente mascherato (tutta la gustosa leggiadria di "Forgotten Ballet").
Ovunque si rivolgano le orecchie il quintetto viaggia sulle ali di una prodigiosa sintonia, una visione d'insieme che porta ogni brano alle estreme conseguenze, a individuare la sua gioia più profonda. Ha tutto il senso del mondo che il disco si chiuda sulle note di "Wedding In Geiranger", sull'atto di immortalare in musica il vero matrimonio del sassofonista (avvenuto lo scorso anno), suggellando con un trionfo d'amore quello che a tutti gli effetti è un intero poema all'amicizia. Variopinto, gioioso, in perenne evoluzione: Marius Neset ha donato nuova linfa al termine "felicità".
10/06/2025