Chiedete a qualsiasi appassionato di techno quali siano i nomi fondamentali della scena: tra questi ci sarà Surgeon. Quel soprannome, Anthony Child non se l'è scelto: gli è stato affibbiato per il suo approccio chirurgico, meticoloso al suono. Da tempo ha messo da parte la console: preferisce indossare il camice dello scienziato del beat, armato di un setup analogico con cui innesca poderosi liveset. Pochi strumenti, ma calibrati al millimetro: un sintetizzatore modulare, un paio di effetti e via; una formula ben collaudata con cui forgia un arsenale di granate soniche in puro Birmingham sound, quella corrente abrasiva e siderurgica, a metà tra industrial-techno e darkwave, forgiata dalle menti di Child e Karl O'Connor.
Il minimalismo strumentale è diventato per Surgeon una vera e propria poetica. Porsi dei limiti è più che una scelta: è un atto di sopravvivenza sonora; ridurre l'equipaggiamento significa conoscerlo fino all'osso, sfruttarlo in profondità. Una scelta radicale, ma quasi inevitabile in un panorama elettronico sempre più dispersivo. "Shell-Wave" è la diretta emanazione di questo approccio: un distillato con cui scolpire un'intera traiettoria. L'impostazione è la stessa dei suoi lavori più recenti: esecuzioni in presa diretta, improvvisazioni che vengono poi selezionate in base alla qualità. Servono mestiere, controllo, padronanza assoluta dei propri strumenti: come un jazzista che suona un sassofono autocostruito. Anche se qui, di jazz, non c'è traccia: è una techno incandescente, ossidata ("Fall").
Ogni traccia è un loop deformato, che si spezza e si rifonde in una moltitudine di variazioni timbriche, tra filtraggi, scintille e microdettagli tanto effimeri quanto decisivi ("Triple Threat"). A volte il risultato è galvanizzante, altre meno: come i giochi d'eco, tanto suggestivi quanto sovrautilizzati. Forse questo il limite, ma anche il fascino, di una strumentazione essenziale; più di quaranta minuti di esperimenti su un unico organismo, un modulare riconfigurato per generare techno corrosiva, pulsazioni scorticate, armonie d'acciaio.
È un suono che raramente conquista ma ancor più raramente stanca: un lavoro granitico, maturo nelle sue continue progressioni. Una certezza però c'è: restare immobili è difficile.
22/05/2025