At The Gates

At The Gates

Malattia terminale dell'anima

Padri della scena metal di Gothenburg, fautori di uno stile disperato, straziante e coinvolgente, gli At the Gates sono tra i gruppi più influenti di Svezia. Innumerevoli formazioni in tutto il mondo hanno attinto se non copiato da loro, in particolare dal capolavoro "Slaughter Of The Soul", che segnò un punto di svolta nel 1995.

di Alessandro Mattedi

We are blind to the world within us
Waiting to be born

Gli At The Gates sono uno dei gruppi fondatori, insieme a Dark Tranquillity, Ceremonial Oath e poi In Flames, della scena di Gothenburg, una delle più dinamiche e popolari in ambito metal. Il gruppo nasce ufficialmente nel 1991 ma i membri erano attivi già alla fine degli anni '80. Il settore di riferimento è il death-metal, un genere nato negli Stati Uniti pochi anni addietro come estremizzazione del thrash-metal verso sonorità più oscure, violente e claustrofobiche. Il death-metal si è poi rapidamente diffuso in tutto il mondo, ma soprattutto in Svezia, dove in ambito underground i giovani pronti a imbracciare uno strumento per darne la propria interpretazione - tra la fine degli anni 80 e l'inizio degli anni 90 - sono stati numerosi.
Gli At The Gates possono essere considerati tra gli interpreti più significativi e influenti del death-metal, non solo in virtù della bontà degli album pubblicati, ma anche e soprattutto per due meriti specifici:

- Nel periodo temporale sopracitato, a livello tematico e d'immagine, il death-metal era per molti nella maggior parte dei casi uno stereotipo orrorifico senza particolari intenti, se non scioccare il pubblico a suon di rappresentazioni di mutilazioni, necrofilia e decomposizioni varie. Assieme a pochi altri nomi (come i Death, ma non solo), gli At The Gates furono tra i primi e più influenti gruppi a contribuire ad affrancare il genere dalle sue origini tematiche, più affini a film e fumetti gore o slasher, rendendolo profondo e intellettuale. Nella fattispecie, i testi degli At The Gates sono caratterizzati da un forte esistenzialismo, un senso di disagio sociale e alienazione che in parte derivano da una certa sensibilità lirica tipica del metal scandinavo, in parte sono influenzati direttamente dall'hardcore-punk e dal crust-punk, tramite il cantante Tomas "Tompa" Lindberg, che ha frequentato e continua tuttora a frequentare attivamente molti gruppi del settore. Lindberg porta appieno lo spirito dell'hardcore-punk nei testi degli At The Gates, filtrandoli attraverso le lenti del nuovo contesto, e in più aggiunge il suo screaming straziante.

- Sempre all'inizio degli anni 90, a livello stilistico le tendenze principali nel death-metal puntavano all'estremizzazione sia dei suoni che della tecnica. Ciò ha permesso di dare alla luce diverse opere di buon valore, ma per contro chi cercava di sviluppare un discorso nel verso opposto (cioè più immediato e d'impatto) raramente aveva qualcosa da dire, il più delle volte risultando in un thrash/death troppo derivativo e sbiadito. Gli At the Gates invece, sviluppando il loro stile di album in album, hanno trovato l'equilibrio tra la violenza e l'oscurità tipici del genere, e la ricerca di un sound più diretto e melodico, capace di essere al tempo stesso terrificante e coinvolgente. In pochi anni la loro evoluzione li ha portati di fatto a fondare il melodic-death-metal, assieme a poche altre formazioni (su tutte, i concittadini Dark Tranquillity o, dall'Inghilterra, i Carcass), e nel farlo gli At The Gates hanno mantenuto un'identità sonora propria, disperata e straziante. 

Gli svedesi sono quindi diventati rapidamente un punto di riferimento. Nel bene e nel male, innumerevoli formazioni attingeranno a piene mani dai loro dischi - in particolare da Slaughter Of The Soul del 1995, che si sarebbe rivelato seminale, spesso anche in ambiti apparentemente distanti da quello di partenza.
Ma procediamo con ordine, partendo dagli inizi.

at_the_gates_or_alf_svensson_600Le radici degli At The Gates sono da ricercare in un altro gruppo, i Grotesque, che vedeva Tomas Lindberg al microfono e nei suoi ultimi momenti anche Alf Svensson (in foto) alla chitarra. Ci spostiamo temporalmente quindi nella seconda metà degli anni 80.
I Grotesque nel 1988 pubblicano la demo Ripped From The Cross, nel 1989 The Black Gate Is Closed e nel 1990 l’Ep Incantation. Tutta la loro produzione confluirà poi nell’antologia del 1996 In the Embrace Of Evil. Si tratta nel loro caso di un grezzo, marcio death-metal come in quel periodo furoreggiava nell’underground svedese, sporcato di thrash e black-metal, non diverso da molte altre produzioni dell’epoca e ancora molto acerbo. Il gruppo però non è affiatato e si scioglie rapidamente: i membri prendono strade diverse. Lindberg e Svensson si uniscono con due amici di scuola del primo, i fratelli gemelli Anders e Jonas Björler (chitarra e basso rispettivamente), mentre alle percussioni viene reclutato Adrian Erlandsson. Fra i cinque scocca una scintilla: per la prima volta si trovano davvero a loro agio, con voglia di esprimere ciò che hanno da dire musicalmente e ciascuno con colleghi davvero intenzionati a sostenersi reciprocamente.

La prima pubblicazione degli At The Gates è l’Ep Gardens Of Grief nel 1991, anch’esso all’insegna del death-metal oggi old-school nello stile dei Grotesque. Compositivamente è però ben più maturo e si rivela già un lavoro notevole, oscuro, durissimo e sulfureo, ancora di più se si considera che i membri del gruppo hanno appena compiuto 18 anni. Fra i punti di riferimento principali per l'ispirazione stilistica, si possono citare, dagli Stati Uniti, i Morbid Angel e, dalla Svezia, gli Entombed. Ma in ambiente underground il death-metal si è già abbastanza diffuso in tutto il mondo, in un gioco di influenze reciproche tra diverse località.
L’importante etichetta metal Peaceville Records rimane impressionata da questi giovani svedesi e mette sotto contratto il gruppo, che così nel 1992 ha libertà creativa totale per pubblicare The Red In The Sky Is Ours, che dà ufficialmente il La alla scena metal di Gothenburg davanti al mondo intero. Anche i Dark Tranquillity e i Ceremonial Oath, gli altri "padri" della scena, arriveranno al traguardo dell’Lp l’anno seguente. Sono solo i nomi più celebri: decine e decine di giovani musicisti, spesso letteralmente vicini di casa, in questi anni prendono ogni mattina l'autobus dnlla città svedese per riunirsi in specifici quartieri e locali. Riunendosi, possono condividere la loro passione, suonare assieme, commentare gli album che preferiscono (del death-metal floridiano o svedese, del thrash-metal americano o tedesco, dei Mercyful Fate o degli Iron Maiden e a volte anche di gruppi non metallari), scambiarsi idee e opinioni quotidiane, a volte anche i membri dei gruppi stessi, come in una grande famiglia o in un collettivo metal. Gli At The Gates, però, mantengono da subito una formazione relativamente stabile.

Fin dal titolo, The Red In The Sky Is Ours è un manifesto degli intenti sonori e tematici degli svedesi: un lavoro oscuro, intriso di sofferenza e disperazione, con un senso opprimente di impotenza a pervadere l’atmosfera. Nei testi di Lindberg c’è una connotazione religiosa, o meglio antireligiosa, che in parte era già divenuta tipica di diverse formazioni death-metal agli albori del genere a scopo “goliardico” (come ribellione adolescenziale, diciamo) o semplicemente per scioccare l’ascoltatore e attrarre pubblico; ma gli At the Gates ne danno un’interpretazione più esistenziale e genuina, inserita in un contesto di disagio generazionale tipico della Scandinavia (si pensi, ad esempio, anche al fenomeno black-metal). Il rosso penetrante e totale di titolo e copertina è un'allegoria di sangue versato nel cielo, cioè dell’emarginazione personale rispetto a una società (cristianizzata) che giudica e respinge. Questa tensione interiore, psicologica e sociale di fondo sarà una costante nei lavori della band, almeno nei primi tempi.
La produzione è di bassa qualità, molto ruvida e marcia. La title track iniziale, “Kingdom Gone”, “City Of Screaming Statues” sono fra i migliori episodi di sempre del gruppo. L'accordatura delle chitarre è ribassata di cinque semitoni, cioè è in Si, conferendo un suono molto più cupo della norma. C'è anche un pizzico di black-metal in queste atmosfere e nei riff più ronzanti, tramite Lindberg che frequenta i membri di gruppi esordienti dalla vicina Norvegia come i Darkthrone, i Mayhem e Burzum, e in generale apprezza l'estremismo minimalista del genere anch'esso ancora giovane.
A livello di composizioni l’album si fa anche molto più articolato rispetto al precedente Ep, con numerose armonizzazioni chitarristiche dissonanti, cambi di tempo vicini mutatis mutandis al death tecnico e al progressive (Lindberg cita gli Atheist tra le influenze principali degli esordi), intrecci di riff ronzanti e occasionali inserti di violino. Questi elementi assieme conferiscono ai brani un senso di progressione sonora e complessità (in parte ispirerà formazioni progressive-death-metal svedesi come Edge Of Sanity e Opeth). L'apice in tal senso è raggiunto da pezzi come “Night Comes, Blood Back” e “Neverwhere”, dove si raggiunge un livello di armonizzazione e intercambio tra le chitarre abbastanza raffinato che anticipa l'ulteriore progressione che vi sarà nel secondo album.
Queste idee compositive sono proposte principalmente da Svensson, e sono poi sviluppate da Anders Björler che ne è affascinato, trovandole impegnative e stimolanti (ma in seguito avrebbe ritrattato, affermando che i riff erano anche troppo esibizionisti). Il songwriting esalta soprattutto l’atmosfera opprimente, perché il tutto suona intricato, caotico, furia a briglie sciolte; l'unica eccezione è la breve strumentale “The Scar”, un malinconico gioco di arpeggi di chitarra elettrica non distorta.

The Red In The Sky Is Ours è uno sfogo disperato di rabbia, rancore e frustrazione verso una società che non vuole ascoltare.

Years passing swifter than you ever thought
Today will soon be behind you
And the future remains out of reach

Poco meno di un anno dopo, nel 1993 esce With Fear I Kiss The Burning Darkness. Questa volta le atmosfere sono gelide e tenebrose, le composizioni più dirette e oscure, inoltre il minutaggio dei singoli brani si riduce leggermente. Per certi versi è anche il lavoro più complesso e "astruso" a livello di scrittura. Gli arrangiamenti si mantengono brucianti, ma suonano anche più maturi, incentrandosi su melodie dissonanti e ritmi serrati, scanditi dalla batteria violenta di Erlandsson. Viene inoltre portato alle estreme conseguenze il personale metodo compositivo di Svensson, che concepisce le parti di chitarra dapprima incidendo un riff, quindi registrandolo nuovamente a rovescio, e infine estrapolando dalla riproduzione simultanea delle due diverse melodie i frammenti a lui più congeniali. Proprio per questo, Svensson e Björler si trovano a ricoprire un ruolo paritario nell'economia dei brani, distinguendosi dalla maggior parte delle altre formazioni metal con doppia chitarra in cui si poteva discernere sempre con chiarezza una chitarra solista e una ritmica. Per la grande maggioranza dei brani del disco, loro si intersecano come ruolo e nessuno dei due intona effettivamente una melodia autonomamente: questa emerge solo dall'interazione e dalla compenetrazione delle voci dei due strumenti, che ora suonano due parti indipendenti, ora si completano vicendevolmente le frasi, in un'interpretazione deviata e caotica del contrappunto lineare.
Oltretutto, diversi brani non hanno nemmeno una struttura strofa/ritornello riconoscibile, rendendo ulteriormente angosciante la resa finale dell'album: “The Break Of Autumn” (che Leif Eidling dei Candlemass definì ai tempi, con una certa lungimiranza, come "il futuro del metal svedese") si compone di diverse sezioni frammentate che si alternano e ripetono senza seguire uno schema prevedibile, “Primal Breath” ha uno sviluppo ad arco simmetrico, e diversi altri brani (“Non-Divine”, “Stardrowned”, “The Architects”, “Blood Of The Sunsets”) combinano liberamente questi due approcci. Un livello tanto sofisticato nella scrittura e nell'armonia delle canzoni non era stato raggiunto nemmeno nel primo disco, se non in pochi pezzi. Questa nuova profondità e maturità si riflette anche nei testi di Lindberg, che già nel disco precedente erano estremamente curati rispetto al panorama death-metal dell'epoca: la riflessione esistenziale intorno al rifiuto della cristianità qui si tinge di ulteriore lirismo, arrivando al culmine in “The Break Of Autumn” e soprattutto in “Primal Breath” (quest'ultima basata direttamente su una poesia del popolo Sioux).
Sono pochi gli inserti acustici, ma magistralmente caratterizzati: la dolente introduzione a “Raped By The Light Of Christ” (che è molto simile a "A Fine Day to Die" dei Bathory, probabilmente un omaggio vista la già citata passione di Lindberg per la scena black norvegese), il brevissimo intermezzo di calma tra due tempeste di “The Break Of Autumn”. La conclusiva “Through The Red”, caotica cover dei Discharge, mostra già un carattere molto hardcore e crust-punk della musica degli svedesi, enfatizzandone il lato più estremo e selvaggio.

Dopo la pubblicazione di quest’album, Alf Svensson, fra l’altro il più anziano del gruppo (6 anni più degli altri), decide di lasciare gli At The Gates per concentrarsi sulla sua carriera da tatuatore e illustratore, e per avviare un progetto symphonic-black-metal personale, gli Oxiplegatz. Al suo posto viene reclutato Martin Larsson.
Fino a questo momento, comunque, si era nel frattempo distinta una specifica scuola svedese di death-metal di stanza a Stoccolma (Entombed, Dismember, Unleashed, primissimi Tiamat fra i nomi principali), che aveva tra le proprie caratteristiche un ampio uso del pedale e di un'accordatura iper-ribassata per donare alle chitarre un contraddistintivo suono "a motosega" immediatamente riconoscibile. Gli At The Gates, alfieri della scena di Gothenburg, se ne distinguono invece prediligendo l'uso delle corde centrali a vuoto nonché del tremolo-picking abbinato a cambi di nota o di sequenza rapidi. La scena di Stoccolma e quella di Gothenburg, non solo limitatamente al death-metal, caratterizzeranno gli anni 90 svedesi.

Nel 1993 una parte del death-metal si sta ormai evolvendo nel melodic-death-metal. A Gothenburg, i Dark Tranquillity pubblicano "Skydancer", che per certi versi è vicino al primo album degli At the Gates, ma con atmosfere più malinconiche, chitarre più tecniche e caotiche, maggiore lato dato all'elemento acustico; i Ceremonial Oath invece pubblicano "The Book of Truth", con spiccate contaminazioni heavy-metal e thrash-metal. In provincia invece si fanno notare gli Eucharist, con "A Velvet Creation" che richiama palesemente i primi At the Gates, e da Uppsala i dimenticati Sarcasm li rimescolano al black-metal con la demo "A Touch of the Burning Red Sunset"; ma questi ultimi sono destinati a non durare. La scena è in fermento e sta iniziando a emergere agli occhi del pubblico. A influenzare Gothenburg c'è poi la corrente di thrash-metal sorta qualche anno prima in Germania, con gruppi come Destruction o Kreator ("Coma of Souls" è particolarmente influente), e gli At the Gates non ne sono indifferenti.
Ma diversi contributi importanti saranno dati anche da fuori Svezia: dalla vicina Finlandia i Sentenced pubblicano "North From Here", mentre dall'Inghilterra i Carcass danno alla luce il seminale "Heartwork". È soprattutto quest'ultimo che viene spesso considerato da critica e pubblico come lo spartiacque del death melodico, ma il suo approccio, il suo riffing sono diversi dagli At the Gates che fanno una storia a parte. Sono come due sentieri paralleli che partendo da origini differenti giungono alla medesima destinazione.

Can you feel the pain I feel?
I've lost all sense of what is real
I'm lost, in a world I detest

Can you feel the pain I feel?
This wound I've got will never heal
I'm lost, in the serpents own nest

Il terzo album degli At The Gates viene partorito in un clima di fermento, evoluzione ed entusiasmo che va quindi differenziandosi da quello degli esordi: nel 1994 esce l'emozionante Terminal Spirit Disease, per la verità più un Ep per la sua lunghezza (neanche 23 minuti). La matrice di base dell'album è sempre il death-metal, ma è tutto nitidamente melodico e più lineare, al tempo stesso seguendo e ponendosi su di un piano differente rispetto a quanto fatto dai Carcass l'anno prima. Gli arrangiamenti sono più rifiniti e melodici, lasciando da parte molti degli intrecci più articolati, e sono valorizzati anche da una migliore produzione che in confronto al predecessore suona meno sporca e che per di più rende le atmosfere più drammatiche, "calde" e meno raggelanti. Il merito di questa produzione è di Fredrik Nordström e dei suoi Fredman Studios, che produrrà numerosi altri album svedesi e da qui in avanti di fatto delineerà il sound del melodic-death-metal. Nonostante la rabbia martellante e infuocata, a dominare le atmosfere del disco sono la tristezza e l'emozionalità tragica, nichilista, che permeano le loro canzoni: “The Swarm” introdotta da delle brevi note di archi ai quali subito si sostituisce la rabbia della chitarra elettrica che segue la linea melodica, mentre il brano ben presto si tramuta in una sfuriata impetuosa, oscura e aggressiva; la title track “Terminal Spirit Disease”, sofferta e impulsiva, carica di afflizione ma anche di malinconia; l'affascinante e atmosferica “And the World Returned...”, sovrapposizione acustica di anche sei chitarre con l'appoggio di alcuni archi bassi di sottofondo, tra le strumentali più evocative di sempre nel metal svedese che influenzerà molti gruppi connazionali (e non) nel proporre qualcosa di simile; “Forever Blind”, è nuovamente sofferenza urlata a squarciagola sopra riff rabbiosi e granitici ma che non rinunciano ad una certa relativa orecchiabilità; “Fevered Circle”, brano relativamente lento, il più lento di sempre degli At the Gates, cupo e dolente; “The Beautiful Wound”, un tripudio di dolore, pena e nichilismo. Un disco bellissimo e significativo, che esplora la tragicità dell'esistenza, la morte, il rapporto uomo-società, con l'unica pecca di essere... troppo breve. Nelle edizioni successive sono state aggiunte alcune registrazioni dal vivo trascurabili. 

at_the_gates_or_600Nel 1994 a Gothenburg esordiscono anche gli In Flames, nati da una costola dei Ceremonial Oath, con uno stile inizialmente più grezzo e ruvido. I Dark Tranquillity pubblicano l'Ep "Of Chaos and Eternal Light" che mette in luce la loro progressione stilistica che inizia ormai ad allontanarsi dal tratto tipico degli At the Gates. La scena è ormai pronta alla consacrazione internazionale e il melodic-death-metal è definitivamente avviato. Nel resto del paese gruppi come Edge of Sanity o Desultory danno la propria interpretazione di death che sia anche melodico, ma senza i tratti più distintivi di Gothenburg; mentre gli Hypocrisy in questo periodo sono ancora legati al death tradizionale di Stoccolma, ma a breve si evolveranno in senso melodico e atmosferico. Fuori dalla Svezia, invece, il contributo al genere è dato da gruppi come i finlandesi Amorphis (con "Tales From the Thousand Lakes") o i messicani Cenotaph ("Riding Our Black Oceans"), che partono da radici comuni con gli At the Gates e cercano di sviluppare discorsi propri.

Born of the demon sky
Twisting reality
Sweet nauseating pain
Is death the only release?

Viene difficile descrivere l'influenza che un album ha rivestito, senza esagerare con iperboli e superlativi. Ma probabilmente definire Slaughter of the Soul (1995) come l'album metal più metabolizzato, preso a modello se non proprio copiato di Svezia non si allontanerebbe troppo dalla realtà. Nuovamente prodotto da Fredrik Nordström che ne tratteggia i suoni corposi e brucianti, il disco è la conclusiva cristallizzazione del percorso del melodic-death-metal, la sua istituzionalizzazione come sottogenere ben definito (per alcuni critici addirittura un genere a sé stante rispetto al "padre" death-metal); nonché la sua popolarizzazione al grande pubblico metallico. Non c'è gruppo che voglia proporsi di suonare una qualsiasi derivazione del melodeath che non abbia qualche debito con esso. Ironicamente, negli intenti di Lindberg e soci il lavoro doveva essere un "tributo slayerano", e in effetti c'è molto degli Slayer nel riffing, e il thrash-metal difatti costituisce una parte importante dell'ossatura dei brani tra attacchi e bridge. La struttura dei brani è lineare, con strofe e ritornelli scanditi chiaramente e dal piglio sempre trascinante, ma senza mai risultare stucchevoli o perdere aggressività. Le chitarre sono ora più nitide, omogenee, semplificate e velocissime, lontane dalle dissonanti armonizzazioni degli esordi. La batteria oscilla tra i canoni del death-metal e un uso del blastbeat esplicitamente ispirato tanto agli Slayer quanto all'hardcore-punk, seguendo un'attitudine che verrà imitata da numerose formazioni e che in questo frangente influenza anche la durata delle canzoni. Spesso brevi, ridotte all'essenziale; bruciando l'ascolto in fretta e con rabbia.
L'iniziale “Blinded by Fear”, manifesto dell'album e del gruppo, dura meno di 3 minuti se si esclude la sua breve intro, e così molti altri brani come la sconvolgente e urlata “Nausea” o la furiosa e inquietante “Need”. Ma non sono brani corti: parafrasando i Ramones, sono gli At the Gates che li suonano velocemente, e anche in questo si rivede il retaggio importante di "Reign in Blood". Le urla strazianti di Lindberg sono più disperate e furiose che mai e anch'esse hanno molti punti di contatto con l'hardcore. In effetti una delle caratteristiche del melodic-death-metal da ora in poi sarà anche quella di non essere death-metal puro (a volte di non esserlo affatto), ma di risultare aperto alle contaminazioni, alle variazioni stilistiche. Da questo punto di vista però gli At the Gates sono pure fra i gruppi maggiormente "conservatori", rispetto a molti concittadini ed epigoni che spesso divergeranno totalmente come stile. Così facendo, il loro merito stilistico principale diviene a questo punto quello di ripartire da elementi essenziali e svilupparli in un discorso proprio, guardando indietro per rinvigorirli e rinforzarli.

Liricamente, i testi di Lindberg si fanno ancora più diretti ed essenziali, ma senza tradire il tragico esistenzialismo e il senso di angoscia e oppressione ormai tipici. “Cold” è forse l'apice di dolore e rabbia.

To rid the earth of the filth
To rid the earth of the lies
The will to rise above
Tearing my inside out
I feel my soul go cold
Only the dead are smiling

Le atmofere opprimenti e marcie degli esordi sono definitivamente rimpiazzate da una produzione più nitida (finanziata dall'etichetta Earache a cui il gruppo è intanto passato), da suoni feroci e brucianti, da arrangiamenti puliti e da un certo punto anche semplicistici, ma sorprendentemente caratterizzati e dal tocco personale. L'accordatura ribassata di cinque semitoni rende il suono profondamente oscuro, ma il gruppo riesce a integrarlo con un certo senso melodico. Ci sono due strumentali: “Into the Dead Sky” è una breve ballata acustica d'intermezzo, scandita dalla tensione di fondo e dalle distensioni più melodiche; “The Flames of the End” è una chiusura apocalittica mandata avanti dalla batteria incalzante, dalle tastiere raggelanti e dagli interventi di chitarra distorta che suonano come fiammate improvvise.  

 

Slaughter of the Soul non mostra la profondità di atmosfere e arrangiamenti dei dischi precedenti, né (per confrontarlo ai suoi contemporanei) le intricate strutture di "The Gallery" pubblicato solo due settimane dopo dai concittadini Dark Tranquillity, o il senso di catchiness di "The Jester Race" degli In Flames (con i quali forma il trittico di dischi più seminali e influenti di sempre per melodic-death-metal e derivati). Eppure riesce a essere enormemente comunicativo ed espressivo, più di tutti gli altri lavori a esso contemporanei. E sarà tra tutti il più influente, ispirando tutte le formazioni melodic-death-metal successive, ma anche a fine decennio il fenomeno americano del metalcore-melodico (che saccheggierà ampiamente questo disco), alcuni complessi hardcore svedesi e in certa misura anche diverse formazioni thrash & affini stagionate (chi di meno, come Machine Head o Nevermore, chi di più, come proprio i Kreator). Esattamente come "Reign in Blood" degli Slayer dieci anni prima, Slaughter of the Soul è un monumento inamovibile in ambito estremo. Purtroppo, a differenza di quello, molti degli epigoni del gruppo svedese avranno invece ben poco da dire e nella maggioranza dei casi annegheranno nella mediocrità e nell'eccessiva derivatività, cercando di suonare come Slaughter of the Soul ma senza un minimo della sua espressività sonora e della grandiosità del songwriting. Le label metal, in teoria indipendenti ma che si comportano esattamente come una qualunque major, fiuteranno in questa esplosione di epigoni (se non fotocopie e palesi scopiazzature) una gallina dalle uova d'oro, mettendo sotto contratto innumerevoli gruppi con ben poco da dire, spesso meteore che dureranno lo spazio di uno o due album. Ma di tanto in tanto scoveranno anche nomi più interessanti e con del potenziale, che riusciranno a non sembrare meri gruppi-clone, o che nel farlo sapranno essere più incisivi di tanti colleghi.

Open me, with your kiss of steel
End my pain - set me free
For we are enslaved, forever enslaved 

Fra gli ultimi anni 90 e gli anni 2000 il fenomeno melodic-death-metal, sia quando più vicino alle origini, sia quando più contaminato e sfaccettato, esploderà in tutto il mondo, e in molti giovani impugneranno una chitarra per cercare di emulare gli At the Gates o i primi In Flames, quando non cercano di suonare proprio come loro. Tra le formazioni di più successo esordiranno Sacrilege, Soilwork, Darkane, Callenish Circle, The Black Dahlia Murder, Be'Lakor, Insomnium, Omnium Gatherum, Kalmah, Scar Symmetry, chi estremizzando il suono, chi melodicizzandolo o aprendolo a spunti più moderni, in ambo i casi non sempre con una qualità degna dei maestri ma occasionalmente scoccando qualche dardo riuscito dalla propria faretra. In Italia si assesteranno Disarmonia Mundi e Dark Lunacy, con alcune uscite interessanti e personali ma rimaste di nicchia. Ci saranno anche band capitanate da voci femminili come Arch Enemy o The Agonist, che avranno un discreto appeal presso il pubblico pur con molte pubblicazioni sottotono. Quasi contemporaneo, in realtà di poco successivo, salirà alla ribalta nel mercato pure il melodic-metalcore, spesso lasciandosi influenzare apertamente anche dal melodeath, e che otterrà un successo commerciale ben maggiore: Killswitch Engage, Caliban, Poison the Well, Shadows Fall, Unearth...


Ma in tutto questo periodo di esplosione di gruppi e di cloni, gli At the Gates non ci saranno: infatti nel 1996, quasi all'improvviso, il gruppo si scioglie. I fratelli Björler lasciano perché non reggono la pressione del successo ottenuto dopo la pubblicazione dell'ultimo disco, e vedono gli impegni contrattuali con la casa discografica e i crescenti tour come troppo pesanti. Sono giovani, hanno ancora 23 anni, e fuori dallo studio di registrazione sono ragazzi fondamentalmente fragili e timidi che come molti si sentono schiacciati dal mondo dell'industria musicale. Il resto del gruppo decide che non ha senso proseguire senza di loro e ognuno va per la propria strada. 

at_the_gates_or_2_600I gemelli Björler assieme al batterista Erlandsson fondano nel 1997 gli Haunted, che mescolano il sound atthegatesiano con iniezioni di thrash old-school e con il più moderno groove-metal di gruppi come Pantera o Machine Head. Il tutto viene preso come divertissement con minori pressioni e più libertà nelle tempistiche, e riscuote un discreto successo in patria e nel Regno Unito.
Lindberg invece collabora in questi anni con varie formazioni metal, hardcore e grindcore. In campo metal la principale sua prova è col complesso misto svedese-greco-francese dei Nightrage, che suona esattamente come gli At the Gates ma con un pizzico di heavy-metal in più. Nonostante l'essere dei "cloni", il risultato è comunque sopra la media. In ambito hardcore/crust collabora con i concittadini Skitsystem. Dal 1999 è anche con i The Great Deceiver, che rimescolano a più riprese hardcore-punk, melodic-death-metal e persino industrial. Nel mondo grindcore invece lo troviamo con gli inglesi Lock Up, sfornando alcune uscite di valore.


Una cosa da notare è che ci sono numerose formazioni che mescolano vari stili metal senza essere realmente death-metal e che vengono classificate come melodic-death in maniera impropria, unicamente per la presenza di una voce in growling o in screaming, e da alcuni riff direttamente ispirati al modello di Gothenburg rimescolati nel totale. Spesso orientate su di uno stile totalmente melodico, con ampio uso di tastiere e voce pulita, sono testimonianza di un'evoluzione iniziata dopo Slaughter of the Soul; stili che da esso hanno preso un certo riffing ma non il cuore pulsante e l'attitudine, finendo per allontanarsi dal genere e creare qualcosa di diverso. A volte ciò ha permesso di esplorare con disinvoltura nuove sonorità ed esprimere idee fresche, altre volte purtroppo si è sfociati nella stanca riproposizione di cliché e si sono persi i tratti più emozionanti, vissuti e viscerali della musica degli At the Gates. 

Anche fra gli altri "padri" del melodic-death-metal avvengono trasformazioni, spesso radicali, tra alti e bassi. I Dark Tranquillity si mostrano come quelli più in forma, giocando con le commistioni tra dark-wave ed elettronica per ottenere uno stile molto personale, con buoni risultati confermati dal successo di critica e di pubblico; gli In Flames dopo avere "assorbito" i Ceremonial Oath (scioltisi a fine 1995) per contro abbandonano del tutto il genere per approdare su lidi più mainstream ma in maniera molto discontinua, attirandosi molte critiche. In Inghilterra i Carcass invece virano sul death'n'roll ma con minore ispirazione rispetto al passato, senza però scadere nella mediocrità come altri. Viene da chiedersi, in tutto questo, cosa sarebbe stato degli At the Gates se non si fossero mai sciolti... o se tornassero assieme per suonare.


A sorpresa, nel 2007 avviene la reunion, inizialmente solo per dei concerti con l'intento espresso (almeno nelle interviste) di non incidere proprio nulla in studio. Lo stesso copione viene seguito per una seconda reunion concertistica nel 2010. Ma la nostalgia ha la meglio, il gruppo preso dall'entusiasmo rientra in studio e nel 2014 esce finalmente At War With Reality. Sempre all'insegna della nostalgia, lo stile di base rimane pressoché immutato, e quindi si ha un death-metal melodico ormai definibile "vecchio stile", che si rifà esplicitamente alla prima metà degli anni 90, seppur proposto con una produzione più moderna dai suoni più pieni e nitidi, che il sempre fedele Fredrik Nordström orienta di modo da presentare atmosfere gelide. È un disco intenso, pieno, tagliente, con chitarroni veloci e siderurgici, ma anche di maniera e per certi versi prevedibile. I brani sono brevi, ma non tutti quanto nell'ultimo disco, per la maggior parte più vicini al minutaggio di "With Fear..." di cui si ripescano anche certi intrecci armonici da brivido, sui quali è impiantato il riffing più diretto e accessibile dei due album seguenti. Complessivamente, ad ogni modo un buon ritorno.

Nel 2018 gli At The Gates pubblicano To Drink From the Night Itself, primo disco senza lo storico chitarrista Anders Björler che ha lasciato il gruppo nel 2016 per motivi personali. Come il predecessore, l'album è ispirato nelle tematiche dalla filosofia e dalla letteratura, in questo caso da "L'estetica della resistenza" dello scrittore tedesco Peter Weiss. Negli intenti del gruppo si vuole rappresentare a livello sonoro il dramma e l'angoscia di una resistenza destinata a soccombere. Rispetto al predecessore, le atmosfere suonano più infuocate e malinconiche, meno gelide. Si può dire che almeno in parte gli intenti a livello di sonorità sono stati espressi. Purtroppo, mancano l'essenza e la spontaneità dei dischi storici, con la loro disperazione viscerale. Il risultato è questa volta troppo di maniera e il songwriting ne esce appiattito. Il risultato non è mediocre e ci sono diversi pezzi incandescenti (da citare soprattutto la title track e "Labyrinth Of Tombs"). Un disco di mestiere per chi il mestiere, è vero, lo ha creato, ma la proposta non è sempre incisiva. Non abbastanza per andare oltre la sufficienza, a differenza di altri ritorni dal passato sempre di maniera ma con più idee a disposizione. È però anche vero che gli At the Gates non hanno bisogno di dimostrare più di quello che hanno già fatto: basta la discografia anni 90 per inserirli nell'olimpo del metal estremo.

Nel 2021 esce 
The Nightmare of Being. Le tematiche sono ispirate da "Il complotto contro la razza umana", saggio filosofico dello scrittore horror Thomas Lingotti. Il risultato è un poema tragico death-metal, reso straziante dall'interpretazione di Thomas Lindberg, ma a modo suo accessibile e immediato. Non ci sono rivoluzioni, lo stile è ritinteggiato grazie a maggiori aperture atmosferiche, arrangiamenti più elaborati e ricercati, saliscendi emotivi e piccoli inserti di strumenti atipici. Questi ultimi sono solo contorni: la sostanza è nelle intuizioni melodiche dietro ai brani. Gli At the Gates si riconoscono con tutta la loro grinta e il loro connubio di rabbia, oscurità e melodia, come nell'iniziale "Spectre of Extinction" (con intro acustica che ricorda i Rush di "A Farewell to Kings" e assolo affidato all'ospite Andy LaRocque), nel frenetico singolo "The Paradox" (con tenui contrappunti acustici di sottofondo ai riff al cardiopalma) o nella più cupa title track. Poi però "Garden of Cyrus" stupisce per la sua melodiosità pinkfloydiana tra atmosfere e assolo, impreziosita da un azzeccato sassofono che ricorda i Solefald di "In Harmonia Universali" e i Ghost di "Miasma". Le orchestrazioni e gli inserti corali di "The Fall into Time" nella loro semplicità si incastrano tra i riff con un'efficacia che ai Therion manca da tempo, salvo poi lasciare spazio a una digressione ritmica che cita i Rush di "Permanent Waves". "The Abstract Enthroned" è un pezzo old-school ben congegnato con piccoli inquietanti archi sul finale, mentre "Cosmic Pessimism" invece è bluesy e orecchiabile. Molte idee inedite di per sé sono intriganti e interessanti, riescono a dare una veste nuova al gruppo senza snaturarne lo stile. Non tutte le canzoni spiccano da sole, ma prese nel flusso del disco acquisiscono compattezza e corposità. "The Nightmare of Being" sicuramente susciterà discussioni e divisioni nel pubblico, ma cresce con gli ascolti e va comunque dato merito al gruppo di saper rinverdirsi con spontaneità.




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At The Gates

Discografia

Gardens of Grief (Ep, Dolores, 1991)

The Red in the Sky Is Ours(Peaceville, 1992)
With Fear I Kiss the Burning Darkness(Peaceville, 1993)

Terminal Spirit Disease(Peaceville, 1994)

Slaughter of the Soul(Earache, 1995)

Suicidal Final Art(antologia, Peaceville, 2001)

Purgatory Unleashed - Live at Wacken(live, Earache, 2010)

At War With Reality(Century Media, 2014)

To Drink from the Night Itself(Century Media, 2018)

The Nightmare of Being(Century Media, 2021)

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