Anneke Van Giersbergen

Anneke Van Giersbergen

Svolte di una psiconauta

Già nota come cantante dei Gathering, la melodiosa voce olandese ha negli ultimi anni intrapreso, fra alti e bassi, una carriera solista arricchita anche da numerose collaborazioni

di Alessandro Mattedi

Anna Maria van Giersbergen, in arte Anneke van Gierbsergen, è una delle più talentuose e apprezzate voci femminili del panorama rock. Proveniente da ambienti jazz, quest'ugola olandese ha effettivamente dimostrato una eccellente versatilità canora e nel corso degli anni ha citato come influenze nomi del calibro di PrinceElla Fitzgerald, Kari Rueslåtten e Thom Yorke dei Radiohead. Inizialmente dedita più che altro a divertirsi cantando in club o bar senza grandi ambizioni, appena maggiorenne all'inizio degli anni 90, assieme a Deniz Cagdas, fondò il duo jazz-blues Bad Breath mentre contemporaneamente partecipò all'esordio del gruppo rock sperimentale The Mess (definito come "immaginate Frank Zappa che incontra i Tubes"). Tuttavia la sua carriera è indiscutibilmente legata ai Gathering, la band alla quale si unì nel 1994, ottenendo consacrazione e apprezzamento. Di questo periodo, artisticamente fruttuosissimo, ci occupiamo nella monografia dedicata al gruppo, qui, invece, ricostruiremo le vicende soliste della vocalist olandese.

Dopo 6 album in studio ufficiali, 2 live e altrettanti Dvd, segnati da una profonda evoluzione sonora (oltre che dai dissidi con l'etichetta Century Media e la fondazione della nuova Psychonaut Records), Anneke nel 2007 lasciò i Gathering per concentrarsi sulla vita privata (i tour l'avevano messa a dura prova, tenendola lontana dalla famiglia) e sulla sua carriera solista, che da tempo progettava di avviare: "Ora posso dirigere ogni aspetto della mia vita. Dopo molte considerazioni e serie riflessioni personali, penso che sia giunta per me l'ora di cambiare la direzione della mia vita e pormi nuovi obiettivi da raggiungere", recita il comunicato. La sua carriera solista avrebbe mostrato una buona varietà sia di stili toccati, che di risultati finali, tra lavori efficaci e carismatici alternati ad altri più deludenti.

anneke_bionda_600Il debutto di Anneke avviene con il proprio neonato progetto personale, che chiama Agua de Annique e vede la partecipazione di suo marito Rob Snijders (proveniente dai Celestial Season) alla batteria. Il disco si intitola Air e qualcosa dall'attitudine pregevole del Gathering-sound sicuramente lo porta con sé, anche se non raggiunge i livelli degli ultimi lavori della formazione olandese, assestandosi su coordinate più convenzionali. 
Air lancia spunti interessanti e presenta diverse canzoni interessanti nella propria faretra, ma rimane distante dalla ricercatezza e dal campionario di effettistiche varie di dischi come "Home" o "Souvenirs", con le loro finezze. Nel complesso si tratta di un dolce e malinconico pop-rock essenziale, intimista, a tratti modesto e intriso di alcune venature dark, senza troppe pretese o ambizioni se non di esprimere le sensazioni più personali di Anneke con un'attitudine tendenzialmente minimalista. Atmosfere malinconiche percorrono infatti l'anima del full-length, ad espressione della testimonianza di Anneke, che rivela: "Negli ultimi dieci anni ho trasformato molti sogni ed esperienze in canzoni e ho iniziato a registrare una selezione di pezzi molto personali negli ultimi sei mesi". Ci sono anche alcuni momenti un po' schitarrati, ma non sono caratterizzanti quanto i momenti più placidi.
Il lavoro, nel complesso, appare meno originale dei picchi raggiunti con i Gathering e non aggiunge molto di nuovo alla carriera di Anneke, alternando pezzi che catturano e affascino ad alcuni punti dove si dimostra privo di mordente. A volte la sensazione percepita è che si tratti di una raccolta di B-side dei Gathering. Ciò non significa, tuttavia, che sia da buttare: non manca, infatti, qualche godibile eccezione, a cominciare dall'iniziale "Beautiful One", con i suoi orecchiabili arpeggi e il tono mesto che ricorda "Frail" del 1998 (ma la batteria è troppo simile a "Josephine" di Tori Amos), oppure "Day After Yesterday" con il suo pianoforte dolceamaro. 
Comunque sia l'anima del disco non mostra ancora il meglio che Anneke sa offire e c'è anche materiale con luci e ombre allo stesso tempo. L'incalzante batteria e le distorsioni corpose di "Witnesses" (apprezzabile comunque per il suo cercare di risultare differente) punta a essere coinvolgente, ma il ritornello non riesce appieno nell'intento, come se ci si trattenesse dal raggiungere un'esplosione trascinante. "Yalin" è una banalotta ballata à-la Coldplay; "My Girl" è una sbiadita rilettura dei Radiohead 95-97; "Take Care of Me" è una piacevole escursione fra goth e pop, seppur leggermente ripetitiva risulta molto più interessante; "Ice Water" ugualmente è emozionale anche se lievemente ripetitiva; al contrario, il riff hard-oriented di "You Are Nice!" potrebbe risultare una variazione di toni interessante se la canzone questa volta non fosse troppo ripetitiva.
Si prosegue con ballate come l'ottima "Trail Of Grief", l'acustica "Come Wander With Me" (cover di Bonnie Beecher) e "Sunken Soldiers", che riprende in parte "Red Is A Slow Colour" dei Gathering, e che sono fra gli episodi più felici. "Lost And Found" è una delle canzoni migliori del lotto, dolce ma cupa, evocativa, senza stancare. Chiusura con un breve pezzo acustico tutto sommato privo di mordente, "Asleep".

Riassunto del disco: buoni spunti, e senz'altro merita almeno un ascolto da parte degli appassionati dei Gathering, ma è pervaso da un certo senso di incompiutezza. Probabilmente se Anneke anziché pubblicarle come progetto in proprio avesse proposto queste canzoni al resto del gruppo, permettendogli di contribuire ad arrangiarle e rifinirle, il risultato avrebbe trovato la propria espressione ottimale.

anneke_dpPochi mesi dopo, il disco viene ripubblicato in una nuova versione, Pure Air, stavolta a nome di "Anneke Van Giersbergen with Agua de Annique", come a sottolineare che si tratta del progetto solista della cantante. L'aggettivazione del titolo sembra suggerire che si tratti anche di un "perfezionamento" del disco stesso verso una strada ancora più personale e modellata sull'ispirazione più diretta, genuina ed essenziale (in parole povere più pura, per l'appunto) della cantante olandese. Quasi interamente acustico, l'album suona molto più intimista e cantautoriale di Air. Gli strumenti sono diluiti e relegati dietro le quinte, gli arrangiamenti privilegiano la delezione all'aggiunta, la reinterpretazione per sottrazione, così a risaltare è unicamente la voce di Anneke attorno a cui gravita l'intero lavoro. Tutto ciò ha il suo rovescio della medaglia nel prolungamento eccessivo della formula, che rischia di risultare fin troppo monotona e soporifera, nonostante diversi arrangiamenti riuscitissimi, di buon spessore melodico, e l'atmosfera, più evocativa e personale che nel debutto.
Il disco in ogni caso può essere suddiviso in due parti mescolate tra loro.
La prima è quella delle cover, simbolicamente scelte sia fra autori internazionali sia tra alcuni nomi olandesi. Svettano soprattutto l'iniziale "The Blowers Daughter" di Damien Rice, aperta e sognante collaborazione con Dave Cavanagh degli Anathema; la funerea e dolente "Come Wander With Me", con le sue trombe rarefatte; la più country "Ironic" di Alanis Morrisette.
Ma c'è molta classe anche nelle altre canzoni, seppur la presenza degli stessi autori originali stemperi la personalità delle stesse: pregevoli i duetti con John Wetton (King Crimson, Asia) di "To Catch a Thief", mentre la fiabesca "Valley Of The Queens" degli Ayreon, col suo folk tradizionale con tanto di fiati e archi che rievocano scenari più medievali, è godibile ma stona lievemente col resto. Ad ogni modo il nome Arjen Lucassen sicuramente attrarrà molti fan incuriositi, così come quello dei Within Temptation per "Somewhere" (un pezzo acustico in linea con quanto già incontrato senza tante novità o sorprese); un po' meno i misconosciuti Silkstone, per la placida e dolcissima "What's The Reason". In chiusura c'è "The Power Of Love" dei Frankie Goes to Hollywood, in una versione fortemente minimale e un po' anche ripetitiva.
La seconda parte è composta dai riarrangiamenti di diversi brani già presenti in Air, e presenta un andamento altalenante. "Beautiful One" in veste acustica e con ospite maschile Niels Geusebroek dei Silkstone, o "Day After Yesterday", con duetto femminile assieme alla talentuosa Marike Jager e tastiere alienanti, assumono un nuovo interessante sapore. Ma altri pezzi come "Witnesses" riscaldano la pietanza del disco con poca convinzione e senza rinfrescare l'ascolto quanto le altre rivisitazioni.
L'intento rimane comunque quello di esprimere le sensazioni più intime di Anneke nella maniera più diretta, semplice e essenziale possibile, come a voler dire "questa sono io in musica con tutta me stessa". Un ultimo pensiero che sorge spontaneo, ascoltando Pure Air, è che Anneke, da sola, per il momento non riesca a esprimersi al meglio come compositrice o arrangiatrice, necessitando quindi di qualcuno che la supporti in tal senso (come nei brani più riusciti del disco) per non sembrare solo un'eccellente cantante e basta. Vien quindi da chiedersi di conseguenza se forse non sarebbe stato meglio far esordire gli Agua de Annique un po' più tardi, prendendo il meglio da entrambe le strade esplorate dai due dischi, ottenendo un risultato discretamente ispirato e arrangiato.

Anneke Van GiersbergenNel 2009 per la frizzante voce olandese arriva In Your Room, prodotto da Michel Schoots (Kane, Racoon) e Guido Aalbers (Bertolf, Miss Montreal) e rilasciato sempre con il nome di Anneke inserito prima degli Agua de Annique. Il disco segue un orientamento più leggero e spensierato: vengono completamente abbandonati gli arrangiamenti malinconici e intimisti di Air, così come la vena più introversa e rarefatta di Pure Air, in favore di un songwriting in linea con un pop acustico e melodicissimo che viene accompagnato da un mood nettamente più dolce, come a capovolgere completamente l'anima musicale mostrata in precedenza.
Ma il risultato è semplicemente pessimo: se si eccettuano in parte "Hey Okay!" (pezzo catchy e solare), le malinconiche ballate "Wonder" e "Home Again" (con i loro mesti pianoforti e i fiati), il ritornello di "Just Fine" (scritta assieme a Devin Townsend) o la conclusiva "Adore" (scritta dal bassista Jacques de Haard con Cyril Crutz, parte dai presupposti acustici e allegri del disco per proiettarli verso coordinate più intense e passionali), che si rivelano sopra la media. Il resto del disco si risolve in una serie di pezzi pop più o meno acustici che annacquano il potenziale canoro della Van Giersbergen con sequenze melodiche abusate e poca personalità.
I pezzi migliori sembrano comunque outtake e il songwriting generale è stantio e privo di caratterizzazione: c'è da chiedersi se per Anneke il disco non sia stato un passo falso dettato dalla frettolosità e dall'incidenza che può avere il nome sulla qualità musicale effettiva.

Dopo aver definitiamente accantonato il moniker Agua de Annique per lasciare solo il proprio, e aver pubblicato un trascurabile live, l'album successivo per Anneke Van Giesbergen arriva nel 2012 e si intitola, nomen omen, Everything Is Changing, a imporre con forza il fatto che la vita (musicale e non) della cantante olandese è ormai drasticamente diversa rispetto al passato. E che tutto sia cambiato rispetto al passato (anche prossimo!) della cantante è evidente fin dalle foto promozionali, molto più propense a esaltarne la femminilità. Suscita perplessità la promozione mediatica della figura di Anneke, perché questa piega degli avvenimenti segue modalità che sembrano cozzare con i contrasti dell'ultimo periodo dei Gathering con la Century Media (che insisteva molto sul look di Anneke, la quale invece non era entusiasta della scelta). Ma non c'è dubbio che Anneke si trovi a suo agio e spigliata come non mai: ciò si riflette nella vena solare e aperta delle sue ultime pubblicazioni e soprattutto nel singolone "I Feel Alive", che sprigiona felicità da tutti i pori. Ma se in precedenza aveva peccato d'ingenuità, ottenendo risultati privi di verve, per questo disco si mostra molto ispirata nelle melodie ed estramemente spontanea. In realtà, il disco è stato scritto in collaborazione con il produttore Daniel Cardoso e con gli altri componenti degli Agua de Annique; e ciò ci lascia ancora qualche dubbio sulla portata compositiva della sola Anneke. Il risultato è comunque un estroverso insieme di canzoni molto orecchiabili e d'impatto, in cui possiamo tracciare varie componenti: una più "hard-pop", composta principalmente da anthem frizzanti e gioiosi (su tutti "You Want to Be Free" che entusiasma con schitarrate ottantiane pop-hard-rock e alcuni dei ritornelli più trascinanti mai cantati dall'olandese), un'altra che si orienta su brani duri ma un po' più cupi ("Stay", "Hope Pray Dance Play", "Slow Me Down" e "Too Late" sono tutti brani corposi ma molto melodici, che però abusano troppo di cliché di certo goth commerciale, risultando prevedibili e davvero stereotipati, più che nel resto dell'album; la stessa cantante risulta poco credibile in questa sua evoluzione). Ma troviamo anche digressioni più soft ("Everything Is Changing" che imita i Massive Attackdi "100th Window" in versione più leggera), ballate di pianoforte ("Circles") e momenti più distorti a fare contrasto ("My Boy"). Ed è significativo notare come le chitarre elettriche siano abbondantemente presenti con le loro distorsioni, accompagnando le riuscite melodie vocali di Anneke. La sensazione è che si tratti tutti di brani facilmente assimilabili e perfetti per l'esecuzione dal vivo, dove promettono cori partecipati da parte del pubblico.

Il disco viene seguito dopo neanche un anno da Drive, come a indicare che Anneke guida il proprio percorso musicale da sola. Non ci sono svolte, è piuttosto un consolidamento della parte più in mostra del predecessore, con i soliti pezzi antemici e radiofonici (l'iniziale "We Live On", forse il migliore pezzo di tutti con un memorabile ritornello), ballate dalle melodie solari ("My Mother Said"), pezzi epici ed orecchiabili ("Forgive me", "You Will Never Change"), momenti più distorti ("Moment Jungle" dove duetta con Hayko Cepkin). E la conclusiva "The Best Is Yet to Come" sembra davvero essere una promessa.
Ovviamente a svettare sono i ritornelli trascinantissimi e la voce di Anneke in gran forma. L'album fa da perfetto seguito a Everything Is Changing e cristallizza il percorso stilistico della cantante olandese, ma c'è meno varietà, il che può essere inteso tanto positivamente come compattezza quanto negativamente come ripetitività. Non è una dicotomia: entrambi i fattori coesistono nel disco. Si tratta comunque di due album simili ma scorrevolissmi, che si lasciano ascoltare tutti d'un fiato. Anche se, superato l'entusiasmo per la grinta e l'energia dimostrate da Anneke, si percepisce una tendenziale mancanza di originalità che potrebbe deludere gli appassionati di vecchia data dei Gathering. I due album rimangono in ogni caso delle collezioni di pezzi trascinantissimi soprattutto in sede concertistica, e l'abilità canora di Anneke Van Giersbergen è innegabile qualunque sia il substrato su cui si adagia la sua ugola. Drive è anche l'ultimo disco in studio prima del 2021, una pausa di ben otto anni.

Anneke Van Giersbergen - Arjen LucassenAnneke, però, in questi anni non si è limitata a pubblicare dischi solisti, ma si è dedicata anche a collaborazioni varie e comparsate nei dischi degli artisti di mezzo mondo, fin dagli anni 90. In precedenza, era già stata chiamata dai Farmer Boys per una cover di "Never Let Me Down" dei Depeche Mode e dai Lawn per delle sporadiche apparizioni. Nel 2006 invece ha poi fatto da ospite con più pervasività negli album dei Globus, dei Napalm Death (!) e del duo Wetton&Downes. Ma da quando ha lasciato i Gathering Anneke si è data alla pazza gioia sbucando un po' ovunque, con risultati altalenanti: che compaia in pochi brani o per tutto il disco, in studio o in live, la contiamo assieme a più di 15 artisti differenti dal 2008 al 2016, dei generi musicali più disparati e con regolare persistenza. Fra di essi ci sentiamo di segnalare innanzitutto i sempre amici Anathema e il folle ed eclettico canadese Devin Townsend. Con i primi registra due brani in "Falling Deeper" e un gradevole album live acustico dalla stessa attitudine di Pure Air assieme al loro frontman Danny Cavangh, intitolato In Parallel (con cover cantautoriali di Massive Attack, Fleetwood Mac, Damien Rice e Dolly Parton, oltre ai brani propri dei due artisti). Col secondo, troviamo Anneke tra le voci principali per l'interezza degli album AddictedEpiclouds, il live The Retinal Circus, Sky Blue e Trascendence, ai quali partecipa con rinverdito entusiasmo. Sono album che portano con sé tutti i pregi e i difetti dell'artista canadese degli ultimi 15 anni, in primis l'eclettismo, la pomposità e la melodia.
Nel mentre c'è spazio per la colonna sonora di uno show musicale olandese per bambini scritta con Martijn Bosman, De Beer Die Geen Beer Was

Una parentesi misteriosa avviene nel 2009, quando viene annunciato tra squilli di tromba con sordina l'ambizioso progetto The Human Experimente, supergruppo capitanato da Robert Fripp dei King Crimson e Maynard James Keenan dei Tool. Anneke dovrebbe parteciparvi come ospite assieme ad altri grossi nomi. La collaborazione però non va mai in porto, l'unico brano pubblicato dai due musicisti è una cover di "In the Court of the Crimson King" prima che tutto venga silenziato e finisca nell'oblio.

Infine, la collaborazione più importante: quella con gli Ayreon del connazionale Arjen Lucassen. Un sodalizio iniziato in tempi non sospetti già nel 1998, su Into the Electric Castle, e che è stata bissata 10 anni dopo su 01011001 (nel 2016 è uscito poi il live The Theater Equation, sempre con Anneke). La collaborazione, però, mostra molto affiatamento e funziona davvero egregiamente, al punto che i due decidono di formare nel 2014 il progetto Gentle Storm. Il disco di debutto, a dire il vero non imperdibile, arriva l'anno seguente e si intitola The Diary. Si tratta di un disco atmosferico e manieristico, diviso in due parti: una ("Gentle") prettamente folk e sinfonica, certosinamente arrangiata, pregevolmente cantata, anche se manca di forza emotiva e di variegatezza stilistica (sarà anche proposta nel tour promozionale acustico assieme a molte cover che vanno dai Pink Floyd ai Beatles); l'altra ("Storm") reinterpreta gli stessi brani in chiave hard & heavy, dando un po' di colore in più, ma perdendo in atmosfericità e indulgendo in qualche cliché.

Nel frattempo, i due partecipano anche al secondo disco del prog-rocker libanese Amadeus Awad, intitolato Death Is Just A Feeling. La collaborazione tripartita mescola un po' tutto il repertorio dei tre, fra arrangiamenti barocchi, sintetizzatori retrò, tecnicismi progressive-metal, divagazioni acustiche e riferimenti vari a Pink Floyd, Pain Of Salvation e Dream Theater

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Sempre nel 2014 Anneke si riunisce con Liv Kristine (una delle esponenti di punta del gothic-metal negli anni 90 con i Theatre Of Tragedy e nei 2000 con i Leaves Eyes) e Kari Rueslåtten (cantante sul primo album dei 3rd and the Mortal, che ispirò molto la cantante olandese a inizio carriera, prima di darsi a una carriera cantautoriale solista in Norvegia) per formare il trio The Sirens, con molto entusiasmo iniziale. Le tre "ragazze" incidono due inediti trascurabilissimi di lancio e si lanciano poi in un super-tour-nostalgia dove riproporre classici (di quasi 20 anni prima) dei rispettivi gruppi. Nonostante l'età che avanza, le loro ugole si mantengono dotate e cristalline, ma l'intera operazione suona un po' ruffiana. Il progetto comunque si rivela un fiasco di pubblico, a dispetto della promozione fatta, e viene rapidamente messo da parte.

Anneke trova il tempo di partecipare alla colonna sonora del film "Apenstreken", nonché di incidere anche un disco con gli Árstíðir, sconosciuto gruppo folk islandese, che viene pubblicato nel 2016 e in cui è l'atmosfericità a farla da padrone. Album molto dolce e soffuso, Verloren Verleden indugia sull'accompagnare la voce di Anneke con poche note di chitarra acustica e archi. Non ci sono particolari singulti emotivi, tutto scorre in maniera abbastanza uniforme e unitaria, con piacevoli contrappunti sonori retrò e liriche multilingue. Il risultato è discreto e questa veste tutto sommato le dona, in contrasto con l'energia dei suoi ultimi dischi solisti (recuperando quella flessibilità che l'ha sempre caratterizzata) e mostrando più espressività melodica rispetto ai suoi primi dischi solisti (che, mutatis mutandis, sono paragonabili per mood e atmosfera).

Nel 2017 Anneke Van Giersbergen fonda i Vuur assieme a Marcela Bovio degli Stream of Passion e a vari musicisti provenienti da gruppi differenti, molti dei quali già ospiti nei Gentle Storm. Il disco di debutto è In This Moment We Are Free – Cities, un prog-metal melodico sulla scia della band personale di Devin Townsend. A spiccare è nuovamente l'ugola di Anneke, ma il songwriting sottostante è discontinuo, soffocato da riff pomposi e strutture monotone. Ciò nonostante il disco ottiene un discreto successo di vendite.
Sicuramente per lei tutto questo mettere la sua firma su plurime iniziative è qualcosa un po' più di un divertissement, fatto per il piacere personale di dedicarvisi. Ma viene da chiedersi quale sia il senso di tutti questi nuovi progetti aperti dalla cantante assieme a così tanti collaboratori, disperdendo tempo, energie e idee tra mille impegni, la maggior parte dei quali non potrà comunque fisiologicamente durare più di una manciata di album (se non altro perché tutti i protagonisti in gioco stanno iniziando ad avanzare sul fronte anagrafico).

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Nel 2018 esce il live Symphonized, una ambiziosa reinterpretazione in chiave orchestrale con strumenti classici (dei quali si occupa l'Orchestra Filarmonica dell'Aia) di numerosi brani provenienti sia dalla carriera solista di Anneke che dalle sue collaborazioni. C'è spazio anche per alcuni pezzi del periodo d'oro con i Gathering ("Amity", che per l'occasione sembra ricordare più le cover degli Apocalyptica per suoni; "Travel", che mantiene la passione dell'originale in una forma più minimale; e "Forgotten", che poco si discosta dall'originale ma vede l'aggiunta di alcuni archi). C'è anche una rivisitazione col clavicembalo dell'aria "When I Am Laid in Earth" dell'opera Didone ed Enea di Henry Purcell. La strumentazione non è mai eccessiva e l'attitudine sembra avvicinarsi al live "Sleepy Buildings" del 2014, ovvero facendo ruotare tutto attorno alla voce di Anneke mentre il resto viene diradato, ma con un tocco più enfatico nelle atmosfere.

Nel 2021 esce il bellissimo The Darkest Skies Are The Brightest. La cantante olandese si dedica questa volta a un folk acustico delicato ed essenziale e si rivela più ispirata che mai. Tutte le canzoni sono piccole perle dolceamare, scandite dalla chitarra su cui si ristaglia la voce, sempre al centro delle composizioni. Anneke interpreta efficacemente umori differenti, con un retrogusto velatamente malinconico, ma più spesso apertamente gioioso e solare. Il titolo stesso mostra come la direzione intrapresa sia in tal senso, contrapponendo oscurità e luce, un'ottimistica visione di speranza nei momenti più bui. 
Svettano il singolo iniziale "Agape", la struggente "The End", la commovente "Losing You" e la conclusiva dolcissima "Love You Like I Love You", tra le migliori prove vocali mai mostrate nella sua discografia solista. In alcuni casi c'è più equilibrio con gli strumenti: ad esempio in "I Saw a Car", in cui voce e melodie acustiche viaggiano di pari passo esprimendosi in uno dei brani più orecchiabili e suggestivi; oppure nella commovente "Hurricane", in cui svetta l'intervento di tromba; nel country sagace di "Lo And Behold" con il suo ritornello fantastico, la chitarra intrigante e le percussioni catchy; o nei suoni spagnoleggianti di "Survive".
Le melodie canore hanno gioco facile nel mantenersi sempre gradevoli. Grazie all'interpretazione mostrata non si rimpiange la mancanza di quell'impatto chitarristico che nei precedenti due album in studio mostrava Anneke come rockstar grintosissima.

La vulcanica cantante dei Paesi Bassi al giorno d'oggi è senza alcun dubbio una cantautrice matura a tutto tondo, solida di idee, concreta, indipendente, e con merito si è ritagliata la propria nicchia personale in cui mostrare il proprio valore. Ha in cantiere ancora diversi altri progetti e non sembra accennare a prendersi un attimo di respiro. Non male per una artista che nel 2007 sentiva il peso degli impegni e la mancanza della famiglia al punto da dover lasciare il gruppo con cui ottenne la consacrazione. Ma più che sfondare nelle classifiche, il suo obiettivo resta quello di mantenere una comunità di fan fedeli nel tempo e continuare a suonare quel che più le piace: "Cerco di sperimentare piccole cose qua e là, ma alla fine mi accorgo sempre che devo comporre quel che sento di dover fare. Magari questo significa che non avrò una grossa audience, ma ci saranno comunque persone che diranno di seguirmi da anni. [...] Non mi servono 7.000 persone per cui suonare per avere soddisfazione, preferisco averne 150 affezionate che si interessino davvero alla mia musica", spiega. 
Il nostro sincero augurio è che mantenga ancora a lungo una voce fresca e cristallina, quella di una delle ugole più belle e talentuose del rock.

Anneke Van Giersbergen

Discografia

Air(The End Records, 2007)
Pure Air(Agua Recordings, 2009)
In Your Room(Roadrunner Records, 2009)
Live In Europe(live, Clandestine Music)
Everything Is Changing(Agua Records, 2012)
Drive(Inside Out Music, 2014)
Symphonized(live, Inside Out, 2018)
The Darkest Skies Are The Brightest(Inside Out, 2021)
COLLABORAZIONI E SIDE-PROJECT PRINCIPALI
Anneke Van Giersberen & Danny Cavanagh - In Parallel(live, Angelic Records, 2009)
Anneken Van Giersbergen & Martijn Bosman - De Beer Die Geen Beer Was(live, Productiehuis Oost-Nederland,2011)
The Gentle Storm - The Diary(Inside Out Music, 2015) con Arjen Lucassen
Amadeus Awad - Death Is Just A Feeling (Melodic Revolution, 2015), con Arjen Lucassen
Anneke Van Giersbergen & Árstíðir - Verloren Verleden(autoproduzione, 2016)
Ayreon:due album studio e uno live dal 1998 al 2016
Devin Townsend Project:quattro album studio e uno live dal 2009 al 2016
The Sirens:alcuni singoli e live nel 2014-15
Vuur -In This Moment We Are Free – Cities (Inside Out, 2017)
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