Dieci Piccoli Italiani

Dieci Piccoli Italiani - N. 122 - Ottobre 2021

01_malacar_600_01MALACARNA - MALACARNA EP (Stridulation, 2021)
alt-rock

I Pulp Dogs, o una loro buona parte (Tony Farina, Vince Pastano, Antonello D’Urso, Fabrizio Luca), si rinominano Malacarna e riconfigurano in modalità in qualche modo audiovisiva acquisendo Dorothy Bhawl (Riccardo Tonoletti), ispirato fotografo d’interni post-umani. Quest’aggiunta metaforizza una superiore forza metafisica sul blues Waits-iano dei Pulp Dogs. Buon esempio ne è subito la lenta e roca “Nunn’è rrelore”, cosparsa e osteggiata da percussioni “diffuse” e disturbi sinfonici che si acuminano caoticamente nel ritornello esasperato. “Maria Lou” è una ballata fatalista sofisticata e movimentata da toni noir, poi incendiati in barriti di rumore. “Oh Signore” si spartisce equamente tra un rozzo canto spiritual sostenuto da gragnuole di percussioni e lamine elettroniche, e un assolo heavy-metal girovago in scenari acidi industriali. La chiusa di “Resta cu’ mmi” suona appropriata, una pura invocazione sostenuta soltanto da freddi soffi elettronici, e il momento più pop, “’U mile granate”, si scopre di sguincio una profonda ballata civile marciante. L’Ep rimanda al solito caduco maledettismo di tanto sub-rock italico, ma stavolta s’ingioiella di un espressionismo fatto di fibra esplosiva e vivacità cacofonica. Lo si deve al canto tribale in dialetto burgentino di Farina, alle percussioni estroverse di Luca (e la batteria di Donald Renda), e specialmente al tuttofare Pastano, multistrumentista e direttore d’orchestra, peraltro ben caratterizzato da D’Urso alla produzione. Raiz in ospitata in “Oh Signore”. Scatto e artwork ovviamente di Tonoletti. Dedicato alla memoria di Adriano Cozza, poeta dialettale di Brienza (7/10)


02_lecanzonig_600LE CANZONI GIUSTE - FELICI E CONTENTI (autoprod., 2021)
rock opera

Il salto d’ambizione insito in “Felici e Contenti” dei pimpanti pescaresi Le Canzoni Giuste si tasta fin dal principio, con “Attrazione gravitazionale”, un crossover rap-rock forte d’innesti d’archi in staccato, già discretamente vertiginoso, e lo si riprende verso la fine in “Padrone padrone” adornato di un delirio di tastiere. In “Sonata in do migliore” sono anche capaci di parodiare una cabaletta mozartiana con una recitazione al fast-forward. Vengono poi una “Piacere Sapiens” con contrabbasso, l’episodio più scuro, un po’ la loro idea di downtempo, una “Sushi All You Can Eat” che è un esplicito invito alla discodance dei tardi 70, una “Bushido”, un funk progressivo, e pure una ballata guidata dal pianoforte, “Una questione di chimica”, in realtà il momento più fluente (e più prossimo alla predica seria). Demenziale? Più ironico e caleidoscopico. Ingenuotto e bambinesco? Per l’uso stucchevole e neanche così impeccabile della filastrocca rimata. Di questo vaudeville in tre atti del sestetto, il primo non contando i lavori perlopiù solisti dell’ideatore Iacopo Ligorio (“Talentopoli”, 2018, “Per l’amor del cielo”, 2019), bisogna però scoprire il perspicace spirito di concisione che non solo riesce, mischiando il migliore spirito dell’avanspettacolo con le sigle dei cartoon e Rita Pavone, a condensare la storia del cosmo dalla nascita all’apocalissi de-umanizzata, ma pure a svariare - in un battibaleno e con divertita soavità - dalle colossali questioni galattiche ai problemucci-problemoni dei giovani immersi nel quotidiano. Non ultimo quello social-pandemico. Arrangiamenti maiuscoli. Finalisti al premio Botteghe d’Autore 2021 e ArezzoWave Abruzzo 2021 (6,5/10)


03_blue_600BLUEM - NOTTE (Peermusic Italy, 2021)
soul-hop

I sardi Chiara Floris, cantante e cantautrice, e Simone D’Avenia, produttore, imbastiscono Bluem per il primo Ep anglofono “Picolina” (2018), e a seguire “Notte” invece perlopiù in italiano, un piccolo concept scandito dai giorni della settimana (la “notte” del titolo, che li inframezza, se ne fa emblema). “Lunedì” si fregia di un corretto essenzialismo (poco più di armonie vocali su ritmo di nacchere), idem per “Giovedì”, anche esaltata dall’impostazione pianistica e ancor di più da un collage d’avanguardia di voce campionata, che peraltro seguita in qualche modo in “Venerdì”, un breve racconto della nonna di Floris vegliato e trasfigurato da vocalizzi e vagiti ambientali. Nascoste ma pregnanti influenze della terra natia, oltre a un lavoro allo studio di registrazione genuinamente incline alla ricerca sonora, fanno dimenticare i limiti di durata e le ridondanti indolenze (ma la cantilena folk di “Martedì” si appiccica) di questo diarietto di bordo emotivo-sentimentale in chiave r’n’b. Il monologo di “Venerdì” è tratto dal docufilm “Isole” (2014) della sorella Francesca e il lituano Kristijonas Dirse. Interessanti scatti a cura di Jasmine Färling a corredo (6/10)


04_sarabatta_600SARA BATTAGLINI - VERNAL LOVE (Auand, 2021)
soul-jazz

La chanteuse e compositrice jazz fiorentina Sara Battaglini comincia con una raccolta di pezzi, “Dalia” (2019), nel segno dell’essenzialità, in realtà poco più che quiete torch songs, ma anche una prova di umiltà, di possibile espansione di un materiale noto attraverso pochi mezzi circoscritti. E ha comunque già una certa originalità: un duo voce-pianoforte con l’aggiunta di un trombone, spesso all’unisono col suo canto. Per il secondo “Vernal Love” Battaglini organizza un proprio ensemble con una maggior cognizione di causa che comprende anche una più accentuata post-produzione di studio. I cantici delicatamente dimessi di “Siren” e “Birdcage” si scoprono accompagnati da un soffice scampanio elettronico. Voce e comprimari convergono e si potenziano piuttosto in “Love Affair On The Moon”, una voce quasi salmodiante che vaga in un concertino di fiati, in “White”, germinata da una dimessa musique concrete, e in “Dialogue”, con un ameno breve intermezzo di fiati a veleggiare su uno sfarfallio di synth. Infine incorrono le più silenti, “Am I Hysterical?”, per piano leggermente preparato, e la fanfara quasi-spiritual di “Eerie Day For You”. Atmosferico, spazializzato, rarefatto: genericità che non illustrano a dovere un lavoro invece assorto, trasversale, inconcluso, non molto prodigo di musicalità. La “fusion eterea” di Battaglini tende a sbilanciarsi: la sua voce elastica spadroneggia in voglie sentimentali autocompiacenti, mentre l’ensemble (i conterranei Simone Graziano, Francesco Ponticelli - bel basso -, Bernardo Guerra, e fiatisti Jacopo Fagioli e Beppe Scardino) accompagna e, qualche volta, raccatta ristrette zone d’invenzione, e la produzione (di nuovo Ponticelli) timidamente accattiva con tocchi colti e trip-hop. Il suo quid d’insieme, una docile inesorabilità come una brezza umorale, va apprezzato (6/10)


05_cas_600_02CASA - NOVA ESPERANTO (Dischi Obliqui, 2021)
post-wave

La carriera “meta-discografica” della sigla Casa di Filippo Bordignon si arricchisce con “Nova Esperanto” del capo ancora mancante: la pubblicazione d’archivio (l’album “perduto”). Fin da “A Ulrike” appare chiaro il programma di creazione di scorci di suoni smarriti ed esoterici sopra cui improvvisa un vocalist forse pre-umano di frasucole stentate, ma vieppiù mugugni e biascichii. Variazioni si hanno nell’andatura swing e le turbolenze a sottolineare la follia di fondo in “Parco Lambro”, il misterioso cerimoniale tropicale di “No Agape”, l’ipnosi danzante di “Ateo Stato”, il recitativo post-techno di “Walking Down The Street”. La raccolta così si acumina, esteticamente parlando, in momenti come “Ülkü Ocaklari”, sorta di “aria” meccanica sostenuta da una malsana foschia elettronica da cui filtrano scampoli funk, e “Lingua artificiale”, un mantra monocorde avversato da dissonanze industriali particolarmente sordide. Dopo “Ultimo esordio” (2020) un vero “ultimo esordio”, composto tra 2005 e 2006 da Bordignon col supporto dell’elettronica di Fabio De Felice e rimasterizzato tre lustri dopo da Gigi Funcis dei conterranei Eterea. Di fatto è un concept sugli Anni di Piombo, ma più di tutto si percepisce il classico primale spontaneismo di progetto da one-man band. Per chi conosce Casa è il brodo primordiale d’amatoriale mixed media dell’avventura a seguire, per gli altri suona come un pastiche Residents di bozzetti deliranti senza svolgimento (a parte qualcosa in “Feltrinelli GAP”), compressi e rallentati come in un sogno. Michele Zattera fa da Snakefinger del caso. Autodefinizione: “punk’n’loop extraparlamentare”. Due scarti non inclusii: “Mistera Paraguay” e “Walking Down The Street”. In copertina un olio su tela di De Felice (6/10)


06_lucecel_600LUCE CELESTIALE - DISCEPOLATO NELLA NUOVA ERA (Artetetra, 2021)
progressive electronic

Tuttofare appassionato di esoterismo e metafonia, lo sperimentatore elettronico underground d’origini toscane Devid Ciampalini fonda l’etichetta indipendente Ambient Noise Session, quindi con David Lucchesi dà vita a Metzengerstein e Holy Hole, poi compartecipa ai Supervixens, avvia Alga Alma con Luca Tanzini, e incide cassette con i Bardo Todol e Cristiano Carosi. A spiccare è anche la collaborazione con la pittrice andalusa Lorena Serrano Rodriguez a nome Luce Celestiale, il cui “Discepolato Nella Nuova Era” propone i nove minuti di “Aura” (scale risonanti che mutano in vagiti misteriosi e tocchi percussivi), gli otto - a tratti bambineschi - di “Emozione patafisica” (allucinazioni e rifrazioni di synth “politonale” alla Mort Garson e Sun Ra), e le minori “Ocarina di cristallo” (duetto tra arpeggio riverberato e cantico vocal-strumentale a mo’ di sirena), “Urantia” (piccola sonata andina-marziana) e “Dottrina segreta” (piccola fantasia pseudo-Stockhausen). Con un titolo mutuato di peso dalla bibbia per iniziati di A. Balley e l'immagine di Lipsmak, i due improvvisano basandosi su un naturale e naturalistico amalgama tutto novecentesco tra poema elettronico e fantascienza magica, un confine pure esplorato nel coevo primo solista di Ciampalini, “Sorgente” (2021). Lo fanno anche con troppo diluente, gongolando per questa o quella bizzarria timbrica, questa o quella sovraincisione a sorpresa: forse solo “Iniziazione ovale”, illustrativa e chiara nel messaggio, sfrutta per bene tutti i mezzi a disposizione, canto di Rodriguez incluso (6/10)


07_heatfan_600HEAT FANDANGO - REBOOT SYSTEM (Bloody Sound Fucktory et al., 2021)
garage-punk

Tre vecchie glorie della scena marchigiana dei secondi 2000, Tommaso Pela, Marco Giaccani e Michele Alessandrini, si radunano (a distanza per via del lockdown) a metà 2020 a nome Heat Fandango e debuttano un anno e passa dopo con “Reboot System”. Il loro revival del garage si sorregge tramite gli stilemi dei maestri: dai momenti vagamente alieni, un tocco di Suicide nel pezzo eponimo, alle ovvietà, uno spirito ballabile Yardbirds in “Guilty”, un groove alla Gun Club in “Controlled” e nel rallentato psychobilly di “Hard Nite”, uno alla “Satisfaction” in “Feelings”. Tra gli anthem, meglio quello spavaldo hard-rock di “C’mon Babe”. E’ più che altro il veicolo di un disimpegno mattacchione con tutte le solite pose - dal discinto al provocatorio - che il genere richiede, spalmate su canzoni spesso tirate per le lunghe. Incerto tra rozzezza poverista (la vibrazione di una Farfisa “trovata”, forse l’unica idea) e messa in piega (una drum-machine invece imbellettata per non farsi riconoscere), non decolla mai (5/10)


08_fernandofFERNANDO FIDANZA - OLD FOLK FOR NEW POETS (New Model Label, 2021)
songwriter

Fernando Fidanza (Roma, 1976), un passato di anni alle prese con l’oggetto dei suoi studi, la Cina e le civiltà orientali (persino leader di una band autoctona), debutta a proprio nome con “Old Folk For New Poets”. Il titolo già dice molto se non tutto: canzoni folk vecchio stampo scritte sulla base di liriche richieste a poeti contemporanei (Gianluca Ceccato, Alessandro Romanello, Flavia Cidonio, Letizia Di Cagno, etc). La prima (unico testo di suo pugno), “Musica”, è, come da titolo, una meditazione autoreferenziale, un corretto avvio De André-esco con una certa dose di magia nella base elettronica accoppiata con una distorsione uggiolante lontana. Così la seguente ballata atmosferica “Orale segreto” sulla condizione umana schiude - in mezzo a una distorsione rock di una qualche movimentazione - un interludio più foscamente jazzato. Quanto segue è uno shock in negativo. A parte la breve coda aliena di “Mattino” tutto si appiattisce su chitarra acustica e arrangiamenti tradizionali simil-orchestrali, a volte col buon gusto di non eccedere (“Incontri” e “Con dialoghi d’acque” alla Concato), a volte però suonando pure incompiuti (gli scampoli da camera in “Vorrei guardare il cielo”). Anche la durata via via più esigua delle canzoni la dice lunga. Nato “dalla solitudine e dalla noia della pandemia” (Fidanza), e si sente. Qualche campionamento concreto nelle intro. Poesie: alcune discrete. Fiacco, fiacco (4,5/10)


09_bor_600BORA - THE LOST TAPES (Rivoluzione Dischi, 2021)
techno-soul

L’italo-turco vocalist neo-soul Bora Ayracman debutta con la techno robotica di “Words” (2017) supportato da Simil Masiano. Il nuovo produttore Alessandro Forte lo coadiuva per una palese scopiazzatura dell’italodisco di P Lion e Gazebo, “Brave Enough” (2019) e una “Poison” (2021) appena più aggiornata ad Alex Party e Robert Miles. Con un altro singolo, “Lost” (2021), invece una convenzionale ballata pianistica, si forma così il suo primo Ep, “The Lost Tapes”. Le cose meno peggio stanno al di fuori della logica commerciale dei singoli, la “Intro”, pur brevissima ma interessante nelle sue sincronie quasi (ripetiamo: “quasi”) alla Alvin Lucier tra voce monologante (Luca Longobardi) e trilli di piano, e la finale “XLove”, al contrario troppo allungata eppure forte di un battito finalmente deciso e modulato. Proprio poco. Tutto perlopiù dimenticabile, pomatoso, fuori tempo massimo. Il timbro canoro di Ayracman potrebbe piacere agli ammiratori del Mark Hollis cantante più pop. “Plastic” remixato da Achille Lombardi in addendum (4/10)


10_rug_600RUGO - AFFONDO (autoprod., 2021)
songwriter

Francesco “Rugo” Ferrari (Pisa) si scopre cantautore con il piccolo ciclo di canzoni pubblicato nell’Ep “Panta Rei” (2016). Dopo un’esperienza nel cinema indipendente approda al formato album con “Affondo”, un fioco concept sull’abbandono, la lontananza, i cambiamenti della vita. Una canzone più o meno riuscita: “Baglioni”. Niente più che it-pop di dogma per giunta arrancante: nel canto, nella produzione basata sul groove scarna proprio di groove, nel frasario melodico ripetitivo, nello scatto, tanto ossessivo quanto scoordinato, al ritornello più pulitamente radiofonico. C’è solo una patina di garbata sofisticazione elettronica (“Juta” il miglior esempio), merito del sodalizio tra Andrea Pacchetti e Antonio Ciulla in regia. Preceduto da una “Nuvola” (2020) scritta durante la quarantena (4/10)

Discografia

MALACARNA - MALACARNA EP(Stridulation, 2021)
LE CANZONI GIUSTE - FELICI E CONTENTI(autoprod., 2021)
BLUEM - NOTTE(Peermusic Italy, 2021)
SARA BATTAGLINI - VERNAL LOVE(Auand, 2021)
CASA - NOVA ESPERANTO(Dischi Obliqui, 2021)
LUCE CELESTIALE - DISCEPOLATO NELLA NUOVAERA(Artetetra, 2021)
HEAT FANDANGO - REBOOT SYSTEM(Bloody Sound Fucktory et al., 2021)
FERNANDO FIDANZA - OLD FOLK FOR NEW POETS(New Model Label, 2021)
BORA - THE LOST TAPES(Rivoluzione Dischi, 2021)
RUGO - AFFONDO(autoprod., 2021)
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