Almamegretta - Raiz

Almamegretta - Raiz

Anima migrante a ritmo dub

Venuti alla ribalta nella gloriosa stagione tricolore degli anni 90 con album potenti e originali come "Sanacore" e "Lingo", al crocevia tra Napoli, la Giamaica e Bristol, i "migranti" napoletani capitanati da Raiz si sono rivelati negli anni come gli alfieri dell'etno-dub italiano

di Raffaella Rossi, Claudio Fabretti + AA.VV.

Alfieri del dub italiano, gli Almamegretta (latino volgare per "anima migrante") sono riusciti a traghettare i suoni sporchi e oscuri del trip-hop nel Mediterraneo, in un (apparentemente) impossibile crocevia tra Bristol, la Giamaica, Napoli e il Maghreb.

 

A formare il nucleo iniziale della band è Gennaro Tesone (Gennaro T, alla batteria) insieme a Giovanni Mantice (Orbit, alla chitarra), Gemma Aiello (al basso) e Patrizia Di Fiore (alla voce). Dopo una discreta gavetta nei locali di Napoli, tra cui lo storico Diamond Dogs, all'insegna di un rhythm'n'blues psichedelico con testi in inglese, gli Almamegretta si aggiudicano il primo Concorso Nazionale Gruppi Musicali Di Base - Rock Ottantotto, tenutosi presso la discoteca Marabù Music Hall di Reggio Emilia, con il brano "What My Brother Said". Quasi immediatamente, però, Patrizia Di Fiore abbandona la compagnia; dopo la defezione, Gennaro T e Mantice riformano il gruppo nel 1991, con l'inserimento di Gennaro Della Volpe (Raiz) alla voce, proveniente da una formazione beat/ska e, tramite questi, di Paolo Polcari (Pablo) alle tastiere. Con Raiz inizia il lavoro di traduzione dei testi in italiano e di ri-arrangiamento dei pezzi attraverso una originale formula sonora fatta di dub, reggae, funk elettronica e pop, immersa nel crogiuolo della musica popolare del Meridione, napoletana in particolare. Al gruppo si aggiunge anche Massimo Severino al basso, e con questa formazione gli Almamegretta partecipano all'edizione 1991 di Arezzo Wave.

Figli di Annibale

 

Anche Severino, però, lascia subito, rimpiazzato da Tonino Borrelli: è lui il bassista che compare nel primo Ep Figli di Annibale (1992), il disco che impone gli Almamegretta come uno dei nomi di punta del fertile laboratorio italiano degli anni 90. Quattro brani registrati in cinque giorni, la cui trascinante title track farà parte della colonna sonora del film di Gabriele Salvatores "Sud" (1997).

 

Ma la consacrazione arriva l'anno successivo con Animamigrante (1993), album prodotto da Ben Young, dove appaiono già evidenti le molteplici influenze da ogni angolo del mondo, tradotte con naturalezza in un efficace dialetto partenopeo, che si trasforma così in linguaggio universale. Al basso entra Mario Formisano, bassista dub-funky napoletano conosciuto anche con il nome d'arte "4mx" assegnatogli dallo stesso Raiz. Il disco, che segna l’incontro con D.RaD (Stefano Facchielli) e unisce nuove composizioni alle tracce dell’Ep, si aggiudica la Targa Tenco come miglior album d’esordio dell'anno.
A colpire è soprattutto il canto magnetico di Raiz, fin dall'arringa iniziale di "‘O Bbuono E ‘O Malamente", imbastita in un ideale processo davanti a una giuria. Una denuncia sociale di degrado e abbandono: “Ije so’ nato e so’ cresciuto ind’a nu quartiere addò o arruobbi o spacci o te faje na pera, senza ‘na lira annanz’a televisione che te dice nun sì ommo si nun tiene ‘o macchinone… e allora che vulite si vengo a cucaina si voglio magnà pur je sera e matina".
L’intento di denuncia si rinnova tra i solchi del disco, spaziando da un inno al Meridione in “Suddd” a una sarcastica, dirompente “Fattallà” che mette nel mirino ogni forma di razzismo e discriminazione. C’è anche spazio per la storia, con le guerre puniche di "Figli di Annibale", con cui Raiz teorizza la nostra discendenza africana.
L'intero album è un viaggio nel cuore del Mediterraneo, scandito da bassi dub nel solco di un reggae narcotico e nevrotico al contempo. Un meticciato sonoro che punta alla creazione di una "musica totale", abbattendo confini e barriere stilistiche.

Se l'esuberante energia di "Fattallà", il brano di punta di Animamigrante, regala alla band il primo successo commerciale, è con Sanacore (1995) che arriva la il grande successo, grazie anche all'apporto delle atmosfere elettroniche, cupe e ovattate della musica dub di Adrian Sherwood, celebre produttore della On-U Sound londinese.
Ma Napoli continua a essere l'epicentro della loro musica, il centro di gravità fortemente voluto e che non accetta d'essere messo in discussione, magari contaminato con dense sonorità arabeggianti e mediterranee, in brani come “Maje”, “Pe dint’e viche addò nun trase ‘o mare” e “O Sciore Chiu Felice” (con i fiati in grande spolvero). Anche la title track è immersa nella più pura tradizione folk napoletana, in bilico tra tammurriata e raggamuffin, con i ricami suadenti del flauto di Daniele Sepe e una voce storica della tradizione partenopea come Giulietta Sacco.
Ma è anche il ritmo a imprimere un solco decisivo al disco, tra bassi dub e pulsazioni funk-rock, come “Ammore Nemico“, “Sciosce Viento” e “Ruanda“, canzoni fortemente ibride e ipnotiche, in cui a salire in cattedra è soprattutto il batterista Gennaro T. Bassi il cui drumming rimbomba in una muraglia di tastiere nell'altro numero dub di “Se stuta o’ fuoco“, oltre che nella conclusiva "Tempo", altro tumultuoso pastiche di stili, ritmi e timbri dal sapore mediterraneo.
Il capolavoro assoluto del disco è però la struggente “Nun te scurda'”, ballata reggae imbottita di elettronica, in cui Raiz canta in prima persona da un punto di vista femminile, raccontando la storia di una donna che esprime la sua voglia di amare in maniera libera e che si ribella agli stereotipi di “mamma, puttana o brutta copia ‘e n'ommo”. Un testo che testo nasce dai racconti del dopoguerra che il cantante aveva ascoltato dalla nonna e della madre, a proposito di questa donna che per il suo legittimo desiderio di amare e avere molti uomini viene bollata come puttana. Un brano che incarna la sintesi perfetta del tentativo della formazione partenopea di mettere insieme la canzone napoletana e il reggae, senza snaturare né l'una né l'altro. Il video di "Nun Te Scurda’", che sarà anche il singolo tratto dall’album, verrà girato dal regista Pappi Corsicato.
A colpire, sono anche i testi degli Almamegretta, sicuramente più intricati e complessi di quelli di "cugini" raggamuffin come i 99 Posse. Testi che spaziano dalla denuncia del razzismo e delle prevaricazioni del potere all'immigrazione e alla religione, senza mai cedere alla retorica facile da slogan studentesco.
Sanacore frutterà alla band un'altra Targa Tenco, stavolta per il Migliore album in dialetto.

Napoli trip

 

Ma i successi non finiscono qui e, soprattutto, non si esauriscono nei confini nazionali. Sanacore, infatti, fa colpo in Inghilterra, dove i membri di band coeve, di larga popolarità (Massive Attack, Asian Dub Foundation, Zion Train, Leftfield), vicine non solo per questioni di scelte stilistiche ma anche di affinità politiche e culturali, iniziano a interessarsi agli Almamegretta, creando anche relazioni personali di stima reciproca e di collaborazione. I Massive Attack, in particolare, chiedono a Raiz e compagni uno dei remix della loro celebre "Karmacoma": la versione Napoli Trip sarà poi inclusa dal terzetto inglese nell’antologia "Singles".

Nel 1996 esce la raccolta Indubb che contiene brani già editi ma rivisitati in chiave dub, remixati oltre che dagli Almamegretta stessi anche da Bill Laswell, Adrian Sherwood, Scorn e Frequecies. Di un anno dopo è invece la prestigiosa collaborazione con Pino Daniele per il brano "Canto do mar", incluso dal cantautore napoletano nel suo album "Dimmi cosa succede sulla Terra".

Pino Daniele ricambia partecipando alla lavorazione del successivo album degli Almamegretta, Lingo (1998). Un disco complesso e armonico, che conferma la fase di piena crescita artistica del gruppo. La corte di Raiz si fa sempre più affollata: partecipano al progetto, infatti, anche Bill Laswell, Pasquale Minieri, Tommaso Vittorini, Eraldo Bernocchi e Count Dubulah, bassista dei Transglobal Underground.
Il leit-motiv è la ipnotica "Suonno", ripresa due volte nel corso dell'album, con differenti sfumature di suoni, ritmi e linguaggi. Ma non mancano brani più melodici come "Rootz" o "En Soft", dove la voce accattivante di Raiz riesce ad allestire sapientemente atmosfere cupe e romantiche. Uno stile di canto originale che rimanda alla tradizione napoletana, ma che strizza l'occhio ai muezzin arabi. Gli danno man forte i vari Mc che lo assecondano con i loro interventi rappati in vari frangenti di un'opera in costante evoluzione, che oscilla tra il serrato passo dance di "Ninas" e l'elettronica ambientale e rarefatta di "Berberia".
A trascinare il disco sono però soprattutto i due singoli: l'incalzante funk di "Gramigna", la vibrante storia di ribellione in apertura di scaletta, e il rabbioso rap nero di "Black Athena": spopoleranno anche nelle tv musicali con i loro videoclip in rotazione fissa. Meritano una menzione, infine, la mediorientaleggiante preghiera laica di "Fatmah" e la struggente "Respiro", più vicina alla tradizione partenopea con gli archi arrangiati da Pasquale Minieri, ma proiettata nel futuro grazie agli innesti di robusti loop elettronici.

L'anima migrante della band prosegue il suo cammino con 4/4 (1999), primo disco completamente prodotto dalla band e mixato da D.RaD, che, come suggerisce il titolo, espande le intuizioni di Lingo e le estremizza indirizzandosi verso il dancefloor, tra musica da ballo e impegno sociale, nel solco del trip-hop internazionale del periodo.
4/4 non sfoggia singoli potenti ma diluisce l’impasto per tutto il disco, a partire dal brano d'apertura, "The Cheap Guru", che mette in guardia dai pericoli dei santoni a basso costo dei nostri giorni. Una particolare attenzione merita "Riboulez le Kick", l'ossessivo brano che doveva essere il secondo singolo dell'album e a cui è stato invece preferito il più accessibile "Sempre".
Non mancano infine le canzoni d'amore, come "Brucia " e "Venus", mai scontate e condotte su un ritmo sempre trascinante.
Il disco, registrato negli studi milanesi di Mauro Pagani, vede anche la partecipazione della straordinaria cantante siberiana Sainkho Namtchilak.

Il successivo Imaginaria (2001) sorprende ancora una volta per la freschezza delle sonorità, che arricchisce con nuovi contributi mediterranei i ritmi techno e dub della loro musica. I loro testi, semplici e quindi universali nel contenuto, costituiscono un passo avanti nell'inseguimento della loro utopia, attraverso un linguaggio anglo-afro-ispanico-italico-partenopeo che vuol essere il passepartout del mondo.
Anche se la fiamma creativa prorompente dei primi lavori sembra essersi un po' affievolita, non mancano brani di grande luminosità, come la cavalcata elettrica della title track, l'intensa “Fa Ammore Cu ‘Mme” e l'incalzante “Mergellina 70”, sguardo attuale ma zeppo di rimandi stilistici a una sorta di immaginario telefilm di inseguimenti e malavita ambientato nel golfo di Napoli.
Un crescendo che si snoda in 71 minuti di musica e che culmina nelle due tracce conclusive, "Pa' Chango" e "Rubb da Dubb", dove il ritmo diviene sempre più serrato e trascinante.
Il disco regala al gruppo la seconda Targa Tenco per il Miglior disco in dialetto (e la terza Targa in assoluto) mentre la copertina vince l'Italian Grammy Award per il Miglior progetto grafico. A suggello di un periodo di straordinaria popolarità, gli Almamegretta si esibiscono nella loro Napoli, a Piazza del Plebiscito, di fronte a oltre 70.000 persone per il concerto di Capodanno.

Un anno dopo esce Venite! Venite! (2002), primo album live (e ultimo per Bmg) che documenta e sintetizza l'incessante attività del gruppo sui palchi italiani e non in quasi dieci anni di concerti. La tracklist è completata da due inediti realizzati in studio con la partecipazione di Mauro Pagani.

Diaspora e reunion

 

Nel 2003 Raiz lascia la band per intraprendere una carriera solista che tuttavia non lo vedrà mai all'altezza dei successi conseguiti con i compagni.
Mentre il carismatico vocalist affronta il primo dei suoi tre album solisti che lo vedranno protagonista tra il 2003 e il 2009 (Wop, Uno e YA!), i superstiti proseguono sulla loro strada con Sciuoglie O'Cane (2003), che segna il debutto della neonata etichetta Sanacore, oltre che l'inizio di una nuova fase della storia degli Almamegretta. Le parti vocali sono affidate al rapper Lucariello e alla ritrovata Patrizia Di Fiore. Da segnalare anche il contributo rilevante di ospiti quali Marco Parente e Francesco Di Bella dei 24 Grana.
Al centro dell'album è ancora Napoli, calderone ribollente di contrasti sociali e di fermenti creativi, che ispira un ibrido sonoro in cui pop, jazz, bassi dub, ritmi narcotici e diluiti si mescolano in un magma sonoro che trova i suoi vertici nel trascinante singolo-video "Preta d'Oro", nel funk turbolento della title track, nel lirismo di “Lo stesso vento” (“Dimmelo/ pure senza parole/ che senti quello che sento; Dimmelo/ pure senza parole/ che siamo lo stesso vento") e nella malia di “Solo cu tte”, altra alchimia elettronica in salsa mediterranea.
Anche sul piano lessicale, il disco ribadisce l'anima "meticcia" della band, alternando quattro "lingue" (italiano, napoletano, portoghese, inglese).
Nel 2004 parte il tour invernale, bissato subito in primavera, che vede aggiungersi alla line-up vocale Zaira.

Ma proprio quando stanno trovando un nuova dimensione, gli Almamegretta subiscono un durissimo colpo: la notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre Stefano Facchielli aka D.RaD, dubmaster e autentico playmaker sonoro della band, muore in un incidente stradale a Milano, lasciando un vuoto incolmabile che mette in seria discussione la vita dell’intero progetto.
Il 29 dicembre all'Auditorium Parco della Musica di Roma si tiene un concerto per D.RaD. È un concerto-tributo a Facchielli, che vede la partecipazione di molti amici: Ash, Patrizia Di Fiore, Massimo Fantoni, Mario Formisano, Fefo, Greg Ferro, Lucariello, Gianni Mantice, Sergio Messina, Pasquale Minieri, Marco Parente, Raiz, Gennaro T, Zaira. Come ulteriore omaggio, la band pubblica un “instant cd” intitolato Sciuoglie ‘e cane live 2004, doppio album dal vivo con le ultime testimonianze dell’opera di D.RaD dal vivo.

Superato il momento di sbandamento, nel nome dell'amico scomparso gli Almamegretta si ricompattano e decidono di andare avanti, consolidandosi di fatto come l'ultima "italo-posse" di una esaltante stagione nazionale.
Assieme a collaboratori di vecchia data quali Mario “4mx” Formisano al basso e Fefo Forconi alla chitarra, pubblicano un disco quasi completamente strumentale, intitolato programmaticamente Dubfellas (2006) che prelude al più articolato Vulgus (2008) che vede il ritorno alla voce di Raiz in un brano (la palpitante "Guarda annanz’") e i contributi di Neil Perch dei britannici Zion Train, di Julie Higgins (Princess Julianna), Horace Andy (Massive Attack), Lucariello e di altri ospiti.
Torna il loro miscuglio etno-dub metropolitano, sempre speziato di aromi arabi e mediterranei. Ma il pensiero vola rapido a Bristol (oltre che a Kingston) ascoltando l'immensa voce del santone trip-hop Horace Andy sulle note di "Just Say Who", vera chicca del disco, assieme ai featuring di una smagliante Princess Julianna, che illumina il drum'n'bass di "High And Dry" e il cocktail esotico orientaleggiante di "Che ‘a fa’".
Il folklore partenopeo, invece, rivive soprattutto attraverso le partecipazioni di Piero Brega e Peppe Lanzetta.

In quel periodo il gruppo partecipa, con Raiz, al docu-film "Passione" di John Turturro, un progetto che, trasformatosi in uno spettacolo live, darà spazio negli anni al meglio della musica napoletana degli ultimi cinquant'anni, con tre generazioni a confronto.
Nel 2010 è la volta di Dubfellas Vol.2, che accentua l’approccio sperimentale e di ricerca nel segno del dub, attraverso il contributo di Neil Perch (Zion Train) e l’apporto vocale di Marcello Coleman, di Julie Higgins aka Princess Julianna e dello stesso Raiz.

Pur avendo aumentato l'interesse per la componente sperimentale del loro universo sonoro, gli Almamegretta non disdegnano qualche bagno di popolarità, come la partecipazione al Festival di Sanremo del 2013, dove si classificano al 14º posto, con i brani "Mamma non lo sa" e "Onda che vai".
Per l'occasione si riunisce (quasi) l'intera formazione originale, che suggella la ritrovata unità con un nuovo album, Controra (2013). Alla voce torna dunque stabilmente Raiz, che in fondo non aveva mai abbandonato del tutto la compagnia, mentre Gennaro T siede alla batteria e alle percussioni e Pier Paolo Polcari si destreggia alle tastiere.
L'atteso ritorno, però, delude in parte le aspettative. Non mancano i consueti ritmi in levare, le sonorità etno-dub e le contaminazioni elettroniche, che impregnano episodi tutto sommato riusciti come “Amaromare”, “Controra” e “The follower”, scritta insieme al musicista e compositore Gaudi.
Meno incisive proprio le due canzoni sanremesi, “Mamma non lo sa” e “Onda che vai” (quest'ultima firmata da Federico Zampaglione), che testimoniano una involuzione pop che rischia di minare la solidità del progetto. A metà strada si colloca la potente  “Custodiscimi”, melodica ma sporca quanto basta per preservare il marchio storico degli alfieri del dub partenopeo. Funziona anche il duetto con Enzo Gragnaniello, nel brano da lui composto “‘na bella vita”, così come l'immortale sax di James Senese che innerva l’ultima delle undici tracce, “Pane vino e casa”, che include il frammento di un discorso dell'imprenditore illuminato Adriano Olivetti su etica e impresa.
Nei testi, restano al centro le tematiche sociali care a Raiz & C., dalle condizioni di lavoro (la title track e la stessa "Pane vino e casa") all'illusorio mito del progresso (“Mamma non lo sa”), dall'emigrazione (“Amaromare”) allo sguardo solidale verso mondi lontani ma non troppo (“La Cina è vicina”).

Il progetto successivo prende il nome di EnnEnne (2016), dall’acronimo di “Nescio Nomen”, una delle frasi coniate per registrare all’anagrafe chi nasce da genitori ignoti. Il disco contiene dieci canzoni – nove inediti e una imprevedibile versione reggae di “Ciucculatina d’'a ferrovia”, vecchio successo di Nino D’Angelo – e riunisce la line-up originaria della band
Apre le danze l'etno-dub di “On The Run”, sospeso tra il Vesuvio e Bristol, mentre lo spirito dei Napoli Centrale aleggia tra le venature afrobeat del singolo “O’ssaje comm’è”. Riaffiora anche la sempiterna tradizione folk partenopea, tra le corde del mandolino di “Scatulune” (prossimo singolo?) e, soprattutto, nella tammurriata di "Musica popolare", in compagnia di Carlo D’Angiò (già tra i protagonisti della Nuova Compagnia di Canto Popolare). “Curre core” è invece un tuffo al cuore dalle parti del Napoli trip di quella speciale “Karmacoma” donata ai Massive Attack, con il refrain che riaffiora tra i tasti di un piano sontuoso.
Tra gli ospiti, anche Cristina Donadio, attrice teatrale e televisiva destinata a divenire celebre grazie alla partecipazione alla seconda stagione della serie “Gomorra”, che offre un recitato all’interno di “Votta a passa'” insieme alle allieve del Liceo “Elsa Morante” di Scampia, Napoli.
Per il missaggio si rivede Sherwood, che torna così per l'occasione a collaborare con la band napoletana.

Un anno dopo è la volta di Ennenne Dub (2017), in cui producer come lo stesso Sherwood, Dennis Bovell, Gaudi, Vibronics, Lee “Scratch” Perry, Manasseh, Mario Conte, Khalab & Messmorize e Paolo Baldini remixano le tracce di EnnEnne. Il disco contiene inoltre due inediti: "Pray" e "Music Evolution".

Il 10 giugno 2022 esce Senghe (che in napoletano vuol dire “fessure”), un nuovo album di inediti atteso da sei anni. Anticipato dal singolo e relativo video “Figlio”, il disco vede la produzione artistica di Paolo Baldini, eminenza indiscussa del dub/reggae europeo che è entrato anche a far parte della band come bassista. Testi profondi ricchi di contenuti ancorati alla realtà e alle tematiche sociali e frutto di collaborazioniche fanno del disco un lavoro dal respiro internazionale.
La melodia mediterranea che da sempre rappresenta il tratto distintivo della band napoletana incrocia il reggae e soprattutto l’elettronica che qui più che in altri dischi lascia ampio margine a interpretazioni live di impatto. Ogni traccia è stata composta da Almamegretta e Paolo Baldini, ad eccezione di tre canzoni scritte per loro da Danilo Turco ("Figlio", "Senghe" e "Sulo") più una cover, “‘Na stella” del compianto Fausto Mesolella. La contaminazione si palesa non solo nelle sonorità e nei testi ma anche nelle lingue usate da Raiz: il dialetto napoletano, l’inglese e l’ebraico.
Grande curiosità suscita la predisposizione dei brani a essere suonati dal vivo per il loro piglio da dance-hall ed electro

Con il medagliere di tre Targhe Tenco all’attivo, gli Almamegretta, seppur lontani cronologicamente dal tempo del massimo splendore di Sanacore e Lingo, consegnano al loro pubblico un album dal sound decisamente intenso e molto pulito (forse anche un po’ convenzionale), con tratti sonori universali e internazionali.

Nel frattempo Raiz prosegue anche la sua attività solista con Si l'ammore è 'o cuntrario d' 'a morte (2023), avvalendosi della collaborazione con i Radicanto, per un omaggio a un altro cantore di Napoli, Sergio Bruni, attraverso dieci brani che vogliono essere una sorta di ringraziamento alla città.
Un incontro che sovverte la linea temporale e che sottolinea quanto a Napoli tutto viva di una sua costanza. Sergio Bruni, il primo, è tra i già illustri cantautori partenopei che hanno messo in musica tutto ciò che accade nella quotidianità all'ombra del Vesuvio. La sua musica, i suoi testi hanno dispensato poesia nelle giornate di sole e conforto nelle giornate tristi di Napoli e dei napoletani. Il secondo protagonista è Raiz (già frontman degli Almamegretta) che da meno di un mese ha riattualizzato l'opera di Bruni in un disco-omaggio a lui dedicato.
Come spiegato dallo stesso Raiz, il disco è stato un viaggio non facile per le emozioni e i ricordi che la città gli ha generato. Un lavoro sicuramente ricco di una particolare intensità. La voce di Raiz è la solita, ma in alcuni brani si percepisce davvero un trasporto notevole. Del resto, come ha ribadito, il disco è dedicato alla memoria di sua madre.
Nel complesso, il lavoro di riscoperta è interessante, resta tuttavia un'operazione difficilmente codificabile da un punto di vista puramente discografico. Le melodie sono ammalianti, delicate, melanconiche e l'accompagnamento dei Radicanto è cadenzato perfettamente in un amalgama omogeneo con il cantato. Viene però da chiedersi quanto fosse necessaria l'ennesima rivisitazione della canzone napoletana. Forse a dare risposta a questo interrogativo è proprio Raiz, quando dice che il cimentarsi con queste canzoni va interpretato come uno studio ex-post delle stesse che in fanciullezza ha sempre ascoltato passivamente.



Contributi di Antonio Cammisa ("Senghe", "Si l'ammore è 'o cuntrario d' 'a morte")

Almamegretta - Raiz

Discografia

ALMAMEGRETTA
Figli di Annibale (mini-cd, 1992)
Anima migrante (CNI, 1993)
Sanacore (CNI, 1995)
Indubb (BMG, 1996)
Lingo (BMG, 1998)
4/4 (BMG, 2000)
Imaginaria (BMG, 2001)
Venite! Venite! (live, BMG, 2002)
Sciuoglie 'e cane (Sanacore, 2003)
Dubfellas (Rai Trade, 2006)
Vulgus (Edel,2008)
Dubfellas v.2 (Sanacore, 2010)
Controra(Universal, 2013)
EnnEnne(Sanacore/Goodfellas, 2016)
EnnEnne Dub(Aldebaran, 2017)
Senghe(Saifam, 2022)
RAIZ
Wop (Phoenix, 2004)

Uno (Universal Domestic, 2007)

YA! (Universal, 2011)

Casa (con i Radicanto, 2012)

Dago Red (con Fausto Mesolella, Arealive/CNI, 2014)

Si l'ammore è 'o cuntrario d' 'a morte (Visage, 2023)

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