1ERORE - NOBODY WANTS THIS (8449417, 2024)
electro
Pubblicato fra Natale e Capodanno del 2024, “Nobody Wants This” è il nuovo lavoro di Danilo Galli, chitarrista che dopo aver militato per molti anni in formazioni di area noise e post-rock della provincia di Varese ha deciso di dedicarsi, in solitudine, con il moniker 1erore, alla produzione di musica elettronica sperimentale. Trentanove anni, ed un sogno sempre nel proverbiale cassetto, Danilo mostra la capacità di muoversi abilmente fra numerosi sub generi, miscelando detriti dubstep, frangenti più atmosferici e altri nei quali la costruzione dei beat insegue un’idea di club music buona anche per ballare (“Aurea Mediocritas”), approssimandosi persino alla techno, come accade ad esempio lungo le spirali di “303 Reasons I Love You”. Dal minuto e mezzo di “Fragments #1” agli oltre otto di “Decades”, le diciassette tracce di “Nobody Wants This”, quasi un’ora di musica, comprendono anche qualche passaggio più rumoristico (“Quarantine”), linee vocali a supportare i ricercati scenari strumentali (“1912”, “When The Dead Come Knocking”) e germi che in qualche modo continuano a mantenere legato l’autore al suo pregresso alt-rock (“The Shadow Self”). Chiudendo la selezione con il suono di una chitarra adagiata su una base sintetica, in “The End Of The Circle”, che appare, per l’appunto, proprio come la chiusura di un cerchio (Claudio Lancia, 7/10)NOT TO MENTION TRIO - NOT TO MENTION TRIO (Brutture Moderne, 2024)
third stream
Dall’alta romagnola provengono i giovanissimi jazzisti Not To Mention Trio con una formazione di piano-basso elettrico-batteria. L’omonimo contiene le loro prime quattro creazioni. “Copperways” ha un tema post-romantico alla Ravel scandagliato dal basso elettrico e poi arroventato collettivamente, e “Mimis Theme” sfrutta la stessa tattica ma su un registro di commossa eleganza. La band track “Not To Mention” è il loro primo tour de force o, meglio, un tour de force del pianoforte colto in una lunga, spezzata e rarefatta melodia sudamericana non priva di saudade (che anzi congiunge pacato tonalismo a improvvisazione maschia), anche implosa al puro accompagnamento in sordina. “Pac Man” aggiunge un tocco di funk, e qui a spiccare sono invece gli avvitamenti in corsa della sezione ritmica. Ep adorabile sia come sottofondo di classe sia come ascolto intellettuale, frutto della simbiosi tra un piano dominatore (Marco Pierfederici), un basso Pastorius-iano (Vito Bassi) e una batteria dinamica (Mattia Zoli). Nel loro intrico imberbe di posture classiche e jazz in tiro servono un caffè riscaldato ma di carattere. Nelle intenzioni il nome del complesso punta all’assenza propria del jazz di parole (menzione), ma “not to mention” sta per “inoltre” (Michele Saran, 6,5/10)MILENA PARIS - OLTREMARE EP (autoprod., 2025)
songwriter
La cantante e autrice Milena Paris nell’Ep d’esordio “Oltremare” si affida alle cure di Andrea “DayKoda” Gamba per insaporire al meglio il proprio talento canoro e stilistico: succede fin dalla prima splendida invocazione post-gospel di “Corallo” e nel suo successore, il refrain ipnotico cantilenante avvolto in vapori celestiali di “Terra”. Allo stesso modo l’elegante ballata soffusa di “Le mie paure” si sofistica in vibrazione e articolazione nell’eponima “Oltremare”: cantillazione orientaleggiante, manomissioni jungle stile Subsonica, numeri improvvisati jazz-rock degli strumentisti in velocità scattante. Milanese alle cui spalle stanno traguardi eccellenti e gavette, Milena Paris plasma un fin troppo scricciolo concept sulle relazioni basato sugli elementi naturali e avvalso d’intelligenze motrici, più che musicisti - ascoltare il flauto quenacho di Marco Falcon -, e virtuosismi produttivi, più che arrangiamenti instabili. Pathos e fibra i risultati. Seguito dei primi singoli anglofoni (e acerbi) “Intuition” (2020) e “Childhood Wisdom” (2021) (Michele Saran, 6,5/10)LITLE BOYS - TOKYO ADDICTED (Engine, 2025)
alt-rock
Dopo due album pubblicati nello spazio di un anno, fra dicembre 2022 e dicembre 2023, i Little Boys hanno preso la decisione di virare in maniera netta verso l’estetica giapponese. Il duo acid-punk, formato da Laura “Elle” Bertone (chitarre e voce) e Sergio “Esse” Pirotta (batteria), per realizzare le quattro tracce che compongono l’Ep “Tokyo Addicted” ha portato a bordo il rocker nipponico Duran (al secolo Haruhisa Duran Naito), tanto per dimostrare una volta di più come, anche nel circuito alternativo, la musica possa travalicare confini e persino continenti. Due tracce originali e due remix, curati proprio da Duran, il tutto prodotto da Naoki Iwata. La prima traccia, “Izakaya”, non cela le influenze provenienti dall’estremo oriente, già proclamate lo scorso luglio in occasione della diffusione del singolo (qui non incluso) “Stsugai”, prima esperienza con la scrittura ed il cantato in lingua giapponese. “Simile a me” evidenzia invece la radice italiana del duo, coniugando alt-rock e matrice cantautorale attraverso un approccio vintage slanciato verso visioni futuristiche. Nelle canzoni dei Little Boys si respira chiara l’attitudine rock, miscelata però ad influenze delta-blues e rinforzata da un’evidente “arroganza” acid-punk. Laura, che affronta con sicurezza il ruolo di frontwoman del progetto, appare eccentrica e tormentata, Sergio più introspettivo ed eclettico: insieme si completano alla perfezione, ricordando a tratti qualcosa dei Kills. Il prossimo album potrebbe davvero essere quello della svolta. I presupposti a questo punto ci sono tutti (Claudio Lancia, 6,5/10)ALESSIO ZORATTO - CANVAS MEMORIES (Dokumenta Music, 2024)
avant-jazz
Il contrabbassista proveniente dall’udinese Alessio Zoratto debutta come leader con “Canvas Memories”, i cui numeri distintivi sono le iniziali “Landscape” (inciso di sax suonato come un flauto boliviano, jam incalzante Dave Brubeck-iana su tema lirico) e “Creative Dance” (densa e scattante, disegnata dal vibrafono e con assolo di basso, con nuove venature world). La chitarra di Manu Codja balza in primo piano in un duetto col basso del leader, “For Guernica”, motivo epico da fantasy, e con uno stile più astratto nell’impostazione a trio con la batteria di Paul Witgen, “What Is This For You” e “Drippin’ Memories”. Le sue competenze compositive alla melodia (orecchiabile) sono poi certificate nella ballad romantica “Two Lovers”. Opera prima giovanile per la scarsa ambizione - solo due miseri minuti di pandemonio punk-jazz in “Dada” - e insieme già matura per la messa in piega e le scelte eterogenee di direzione. La regia a tre (Ermanno Basso, Sara Bronzin, Federico Mansutti) sostiene anche i brani decurtabili. Le accluse foto artificiali (copertina inclusa) ispirate dalla musica di pugno del creator Giacomo Urban hanno un doppio beneficio: dimostrano sia la passione per l’arte visiva extramusicale del musicista che la validità della AI se messa nelle mani di chi ne sa. Ambito del progetto Per Chi Crea sostenuto da MiC e Siae. Video: “Drippin’ Memories” (Michele Saran, 6/10)LORIS DALÌ - CASA DALÌ EP (autoprod., 2024)
songwriter
Loris Dalì riaffiora dall’ultimo “Canzoni della fregna” (2018) dapprima con una sequela di singoli, “Tokyo” (2020), “Volevo scrivere una canzone alla Fedez” (2020) e “Branko non sbaglia mai” (2021), e poi con l’Ep acustico “Casa Dalì”. Umile in mezzi e concezione e ridotto nella demenzialità, il suo singolo di lancio “Se citofoni scendo” (2024) è un sing-along amabile che lo pone a novello Sergio Endrigo, ma centrale del suo umore svagato con striature maudit è “Doggystyle”, peraltro strascicata verso il suo mai negato amore per la musica reggae. Un tamtam di djembé (una variazione del “Bo Diddley beat”) e un piano scordato rendono di quel tanto originale il tono confessionale di “Supermercato”, e “Accento” sfoggia proprio un nuovo accento: un distinto solo di sax alto. A una decade dall’esordio “Scimpanzè” (2014) l’autore abruzzese rimane fedele a sé stesso - piacevolezza dolceamara, cantabilità verace, scrittura leggera - anche con l’ethos del fatto in casa e la stringata gamma del pugnetto di canzoni, il poco per il molto. Compatti i musici attorno: Paolo Caserta (piano elettrico), Giorgio Barberis (percussioni), i fratelli Paolo e Carlo Fasciano (sezione ritmica), Tiziano Guidetto (sax), Jacopo “Grifo Bomboclat” D’Alimonte (ukulele e gong nella “Stay Fresh” di chiusa), Stefano Piri Colosimo (fischio) (Michele Saran, 6/10)LEMNA - EARTHWARD (autoprod., 2025)
ambient-drone
Vincenzo De Luce interrompe la sua lunga tradizione di progetti a due, a partire da Zero Centigrade, con i 13 minuti d’implementazioni ambient oscure di “Clouds Of Oblivion” (2019) ancora a nome Drowning In Wood, e poi, confermando e allargando il progetto, tramite “Earthward” con il nuovo moniker Lemna. Il bordone grave di “Advancing” (10 minuti) ha l’unico (ultimo?) ricordo della sua chitarra d’accordi psicotici prima d’inabissarsi in gorgogli di rifrazioni enigmatiche, vergate metronomiche e richiami spettrali (purtroppo la seconda metà blocca implementazioni e sviluppi e rimane statica). L’altro pezzo di 10 minuti, “Shifting”, sembra germinare un’elegia mesta da una tensione di masse oscure di suono distorto. “Earthward”, 18 minuti, è il vero highlight, un concerto instabile per pattern elettronici, risacche immani, fragori vitrei, maree dissonanti, fortunali perenni, e una ripetitiva propalazione inquietante di chiusa. Concepito nel 2023 e tenuto nel cassetto (“Advancing” all’inizio si chiamava “Procession”, “Shifting” era “Dunkel”), masterizzato da Antonio Gallucci, revisionato di quel tanto per narrarlo come sua pangea, la sua visione di deriva dei continenti per l’era delle preoccupazioni climatiche, efficace sì e no, una gamba nel già noto. Uscito solo in codice QR digitale allegato a due scatti in formato A4 (Francesca Marongiu) della copertina (Michele Saran, 6/10)VIVANOI - WNOI (Badbird Independent, 2024)
punk
I Vivanoi debuttano con un quasi-omonimo album, “WNOI”, in cui subito sfolgora “Indaco”, sorta di filastrocca da chansonnier immersa in scordature elettrificate. Nel loro insistito canto melodicamente asettico c’è una forma d’eresia: il grido primale del punk si approssima alle voci realistiche ma fasulle degli assistenti digitali e dell’intelligenza artificiale, al contempo tenendo conto degli anni dell’imperversare dell’indie-pop da cameretta; “Lucido” in questo è un inno più compiuto. Sul fronte citazionista i ragazzi se la cavano con “Serio”, girandola alla X, e la propulsiva “Noia”, oltre a una “Buchi in testa” fondata sugli accordi della “About A Girl” dei Nirvana. Tipico prodotto DIYun po’ sbaffato ma senza riccioli. Oscuri pordenonesi col colpo di drum-machine in canna, ottengono con facile disinvoltura un suono di groove greggio e sferzante, quasi adrenalinico a tratti. Significativo sentire cosa capita nell’unico numero senza voce: “Campanile”, un viaggio astrale distorto e lanciato a locomotiva, ben escoriato da schegge di psichedelia bruciante (Michele Saran, 6/10)NIC MARSEL - SOTTO IL LIVELLO DEL MARE (Viceversa, 2025)
songwriter
Nic Marsel (al secolo l’esperto Nicola Cereda) riprende dopo un lustro il discorso rimasto in qualche modo interrotto dal primo “Nessuna utilità pratica” (2020) con un meno avventuroso “Sotto il livello del mare”. Dal singolo “Rivoluzione blu” (2024), dal veloce passo britpop e accentata da un pianoforte perentorio, Cereda passa ai vaudeville pruriginosi di Rino Gaetano in “Mezzo grammo”, e poi a una solitaria folk-blueseggiante “Resistere” (qualcosa della prima Kristin Hersh, più che Nick Drake) dalle sottili venature dissonanti di piano. Eccezione quasi shockante viene con la sberla garage-noise di “Pancaquaranta”. Una prima metà di ballad semiacustiche ad alta varietà unificate dalla sua voce sempre raucamente monocorde, genericamente fatalista, qualsiasi sia il sottogenere toccato dalle canzoni. Piatterella l’altra (ma col country-pop di “Non appartengo a nessuno”), anche se così dà maggior brace alla sua polpa socioesistenziale, ma la bocciatura imperdonabile viene con “La gravità delle cose”, un quasi plagio dell’inciso e del tempo della “Down By The River” di Young. Rinnovata la collaborazione col sodale storico Pasquale Defina. Tra i due tastieristi, Marco Confalonieri e Pancho Ragonese, vince di poco Ragonese. Preceduto dalla colonna sonora per “Aux Enfants La Guerre” (2022) coi suoi storici Volwo (Michele Saran, 5,5/10)NÀRESH RAN - PRAESENS (Dio Drone, 2025)
industrial
Dopo “Re dei re minore” (2020) e nuovi progetti extramusicali, notevoli l’“astrolabio virtuale” “De_Sidera” (2021) e la nuova “urbanistica sonora” della performance “Music For Carpi” (2022), Nàresh Ran Ruotolo ritorna all’album di studio con “Praesens”. Lo aprono e chiudono due numeri elettronici ambient senza voce: uno smilzo canone uggioso di quattro note dai contrappunti di droni e sibili (“Riportare al cuore”) e una toccata glitch (“Lasciami andare”). “Memento vivi” si fonda su un loop subliminale e una recitazione riverberata (ma c’è pure un breve picco di panico allucinato). Per “Apertura dei sigilli” adotta una timida sofferente nenia su un battito polmonare meccanico, laddove per “Chiusura dei sigilli” adotta una sgolata hardcore-punk su una cortina di ispide dissonanze. Nel terzo album in anni di attività del tuttofare d’origini fiorentine non convincono granché le modellazioni soniche; piuttosto dirompe, meglio che in passato, l’interprete eclettico. Trattiene dall’elevare l’opera a definitivo autoritratto di martire in trance mistica una troppa enfasi non ben giustificata, a volte corriva. Piccolo passo indietro. Più interessanti la sinfonia elettroacustica “Gli alberi non vogliono” (2021) e la generativa immaginaria mezz’ora di “Music For The Flying City” (2022) coi Demikhov ispirata a G. Krutikov (Michele Saran, 5,5/10)
15/02/2025