Libri

Aurelio Pasini - Il vile

di Claudio Lancia

Autore: Aurelio Pasini
Titolo: Il Vile
Editore: Il Mucchio editore
Pagine: 82
Prezzo: 10 euro

Durante la prima metà degli anni 90, la coincidenza di numerosi eventi favorevoli rese possibile lo sviluppo di una scena rock alternativa italiana particolarmente florida e ricca di spunti interessanti.

Tali eventi sono riassumibili nell'intenzione di alcune major discografiche di investire sulla scena rock underground (era ancora fresco il clamoroso successo internazionale dei Nirvana e di tutta la nidiata grunge), la presenza di produttori e addetti ai lavori più lungimiranti rispetto al passato, la crescente attenzione da parte di alcuni network radiofonici e televisivi.

Il risultato fu l'affermazione di virtuose realtà di assoluta qualità: Afterhours, Csi, Almamegretta, La Crus, Massimo Volume, Yo Yo Mundi, Casino Royale e Disciplinatha, giusto per citare qualche nome. Ma il marchio che divenne rapidamente il punto di riferimento dell'intero movimento fu quello dei Marlene Kuntz.

Originari della provincia piemontese, i Marlene furono i primi in Italia a realizzare un riuscito mix fra sonorità tipicamente americane (di evidente derivazione Sonic Youth), e liriche scritte nella lingua di Dante, senza che ciò risultasse una fastidiosa forzatura.

Dopo l'inevitabile periodo di gavetta, i Marlene Kuntz conquistarono l'attenzione di critica e pubblico già con il fenomenale esordio di "Catartica", un contenitore di inni generazionali del calibro di "Sonica", "Nuotando nell'aria", "Festa mesta" e "Lieve".

Il libro scritto da Aurelio Pasini su "Il Vile" analizza il secondo album del quartetto cuneese, lavoro con il quale i ragazzi si trovarono nella non facile situazione di dover dimostrare come "Catartica" non fosse stato frutto di un accadimento fortunoso e isolato.

E lo fecero confermando la squadra dell'esordio, con la produzione puntigliosa di Marco Lega e la supervisione di Gianni Maroccolo, sotto la grande ala del Consorzio Produttori Indipendenti.

"Il Vile", pubblicato nell'aprile del 1996, riuscì nella non facile impresa di confermare l'immensa potenzialità della band, unendo a strutture musicali tutt'altro che scontate e lineari, le ricercate liriche di Cristiano Godano, voce e leader del gruppo, affiancato da Riccardo Tesio alle chitarre, Luca Bergia alla batteria e Dan Solo appena subentrato al basso.

Aurelio Pasini, giornalista e critico musicale fra i più lucidi e preparati, realizza un lavoro sintetico ed efficace nel quale, dopo aver fotografato l'ambiente di riferimento, approfondisce i metodi di lavorazione utilizzati durante le session di registrazione dell'album, la genesi di ogni singola canzone, le tematiche affrontate nei testi, alternando la propria scrittura all'intervento di gran parte dei protagonisti.
Non solo i membri del gruppo, ma anche altri personaggi che per motivi diversi erano vicini ai quattro, quali Manuel Agnelli (che li coinvolse successivamente nel tour itinerante Tora! Tora!), oppure che all'epoca erano semplici fan, come nel caso di Alberto Ferrari dei Verdena, pronto a testimoniare qualche anno più tardi quanto la propria generazione (e lui stesso) si fosse ispirata al lavoro di Godano e soci, soprattutto come punto di riferimento nella costruzione di canzoni rock con testi scritti in italiano.

Pasini si sofferma su una serie di sfiziosi particolari, come la scelta della foto per la copertina, il racconto degli inevitabili momenti di nervosismo durante la cinque settimane di lavorazione nel casolare di Piovani e la scelta del sound desiderato dalla band, scoprendo quanto i Marlene più che ai Sonic Youth guardassero ai recenti lavori di Kyuss e Soundgarden.

E infatti il risultato finale fu un disco più duro del precedente "Catartica", un disco di grande omogeneità e compattezza, in grado di diventare un buon successo commerciale, pur trattandosi di una proposta artisticamente difficile (42.000 copie vendute, uno degli album italiani di rock indipendente più venduti di sempre), indubbiamente un lavoro fondamentale per la storia dell'alt-rock di casa nostra.

Dal punto di vista squisitamente artistico, l'autore ci fa scoprire quanto i Marlene dessero importanza alla melodia e alla forma canzone, la scelta sulle particolari accordature delle chitarre, l'attenta selezione delle parole da parte di Godano, ben predisposto a ripescare termini desueti o poco utilizzati nel lessico contemporaneo.

Il volumetto è anche una bella raccolta di aneddoti (chi avrebbe mai immaginato i quattro impegnati in lunghe partite a poker durante le pause di registrazione?) e si preoccupa di far luce sull'esistenza di brani rimasti fuori dalla scaletta definitiva (l'apprezzata "Aurora", successivamente pubblicata in un Ep, e la tuttora inedita "Oblio").

Nella parte finale non poteva mancare la presentazione di estratti da alcune recensioni del disco pubblicate all'epoca nei principali magazine specializzati.

"Il Vile" (il libro), attualmente acquistabile esclusivamente tramite web, è la seconda uscita di un'imperdibile collana incentrata sui migliori dischi del rock italiano, utile sia ai fan di vecchia data che ai novizi, in quanto permette di apprezzare in maniera più completa alcune produzioni, consentendo il raggiungere un notevole livello di approfondimento.

"Il Vile" (il disco) era il lavoro che in quei giorni tutti stavamo aspettando: un piccolo saggio di disagio esistenziale e difficoltà nel relazionarsi, dove si narra di amori travagliati, erotismo deviato, omologazione a standard precostituiti, overdosi e drammatici incidenti stradali, in una riuscita rappresentazione delle inquietudini e delle insofferenze di quegli anni. Un album capace di catturare lo spirito e l'emotività dell'epoca e di imprimergli una spinta lirico-musicale mai udita prima sul nostro territorio.

Tornare a onorare "Il Vile" era davvero il minimo che si potesse fare, soprattutto in giorni nei quali i Marlene Kuntz sono sempre più Marlene e sempre meno Kuntz.