07/10/2011

Piano Magic

Grotte, Castellana Grotte (Ba)


Un luogo inedito, magico e un po' inquietante, ha fatto da perfetto teatro a quello che lo stesso Glen Johnson, in una chiacchierata rilassata successiva al concerto, ha definito lo scenario più incredibile nel quale gli sia capitato di suonare in quindici anni di attività dal vivo.

 

Il luogo è la Grave, l'enorme cavità naturale profonda circa sessanta metri, nella quale nel 1938 Giovanni Anelli si calò per primo, avviando così l'esplorazione del complesso ipogeo di Castellana; un ambiente mozzafiato, per la sua imponenza e per la maestosa presenza di calcificazioni lentamente depositatesi nel corso di milioni di anni, a testimonianza della vitalità naturale di un materiale in apparenza inerte, ma anche per le spaventose leggende narrate dalla tradizione popolare e per la stessa simbologia di "discesa negli inferi" connaturata all'addentrarsi dell'uomo nelle profondità della terra.

Tanto per rimanere in tema, ci si mette pure la lettura inglese del termine "grave", prontamente rilevata dallo humour di Glen, a convincere già in via preventiva di quanto appropriata sia stata la scelta di ospitare in simile scenario la musica tormentata e spettrale dei suoi Piano Magic. Il merito della scelta va ascritto a un'associazione di volenterosi appassionati di Castellana Grotte, che hanno coltivato l'idea di organizzare un piccolo festival all'interno del luogo simbolo della cittadina della Murgia barese; quell'idea è diventata un progetto, che si è aggiudicato quota di un finanziamento pubblico in seguito a un bando della Regione Puglia, grazie al quale è diventato realtà il Feedback Festival, ovvero tre serate speciali - gratuite e ad accesso limitato a 250 persone - nelle quali l'unico punto delle Grotte comunicante con l'esterno ha visto la sua ciclopica volta scavata dall'acqua riempirsi delle note di una musica altrettanto lontana dall'ordinario (gli altri due artisti protagonisti della rassegna sono stati John De Leo il 30 settembre e Spiritual Front il 14 ottobre).

 

piano_magic_castellana_1_01La prima magia della serata arriva ben prima dell'orario previsto per il concerto, ed è la sorprendente risposta sonora dell'ambiente alla musica di Piano Magic: le tenebre calano sulla cittadina pugliese, sferzata dal primo vento autunnale, quando dalla voragine che si apre sull'abisso della caverna si odono risalire percussioni sfumate, note di piano elettrico e gli incantati vocalizzi di Angéle David Guillou. I due ascensori che trasporteranno il pubblico sono fermi al livello della grotta e non possono essere richiamati in superficie se non dagli "addetti ai lavori", per cui ai pochissimi curiosi non resta che affacciarsi sul baratro per assistere al soundcheck da una vertiginosa prospettiva aerea rispetto agli artisti che stanno provando. Ebbene, anche da questo punto di osservazione così particolare, l'armonia di note e parole creata dalle sagome che da così distante appaiono poco più che puntiformi affiorano incredibilmente chiare e cristalline: un ottimo presagio per il concerto vero e proprio, e la rivelazione che, anche grazie all'eccellente lavoro di chi ha curato l'amplificazione, il suono non si disperde nell'enorme vuoto né viene minimamente penalizzato dall'irregolarità delle pareti rocciose.

 

La sensazione viene confermata un paio d'ore più tardi, quando la "sala" comincia a riempirsi dei fortunati spettatori, trasportati giù alla spicciolata per questa straordinaria apertura notturna della grotta. Sguardi ammirati e curiosi sono d'obbligo, sia da parte di chi già conosceva la Grave che da parte dei numerosi spettatori richiamati dall'unicità dell'evento da varie parti d'Italia (Roma, Bologna, persino Cagliari): un'occhiata alla "cupola" rocciosa, una alle forme solenni delle concrezioni calcaree, la preoccupata constatazione del freddo e dell'umidità ambientale, lo stupore per lo spettacolo della natura e pure quello di vedere un simile contesto attrezzato con piano_magic_castellana_2un palco, luci colorate, un impianto audio e alcune file di sedie. Sembrerebbero, insomma, tutti gli elementi di un concerto ordinario, se non fosse per la straordinarietà del luogo, alla quale la band ha deciso di conformarsi, proponendo un set già anticipato come "very very acoustic".

La recente propensione acustica di Glen Johnson aveva del resto trovato espressione nell'ultima, limitatissima produzione a nome Piano Magic, ovvero quelle "Home Recordings" attraverso le quali alcune delle canzoni scritte nel corso di oltre un decennio venivano rilette in una spoglia chiave minimale, in larga misura unplugged. Che l'impostazione della serata avrebbe ricalcato quella delle registrazioni casalinghe era dunque abbastanza probabile, mentre lo era molto meno il fatto che delle quindici canzoni che alla fine saranno proposte in scaletta solo tre erano già state sottoposte a "trattamento acustico" in quel prezioso cd-r.

 

Sono circa le 22 quando la band si presenta sul palco, con formazione e strumentazione, in apparenza, al completo; ma sono sufficienti le prime note di "You Never Loved This City" per comprendere il tenore di un set nel quale saranno ovviamente privilegiati alcuni dei brani le cui versioni originali si presentavano già più acustiche, lente o atmosferiche. Le chitarre vengono in prevalenza arpeggiate (quella di Franck Alba assumerà sovente tonalità spagnoleggianti), la batteria di Jerome Tcherneyan è deputata a produrre soprattutto ritmiche austere e risonanti, mentre la tastiera di Angèle funge nella maggior parte dei casi da piano elettrico.

Il trittico iniziale, completato da "Soldier's Song" e "England's Always Better", resta coerente con la scelta di un repertorio già di per sé adatto al contesto, caratterizzato soltanto dall'alternanza tra brani incentrati sulle chitarre o sul pianoforte. Con "The Nightmare Goes On", invece, l'atmosfera si fa più cupa e ieratica, le luci virano sul violetto, mentre le ritmiche riecheggiano propulsioni marziali, a cadenzare l'uniforme tappeto sintetico: le inevitabili suggestioni Dead Can Dance dell'originale vengono così esaltate, dischiudendo le porte di un incubo tenebroso che sotto terra assume tutt'altro sapore.

La prima sorpresa arriva poi con l'incredibile rilettura di "Deleted Scenes", della quale Glen Johnson si sente in dovere di sottolineare la difformità rispetto al pronunciato impianto di synth del brano contenuto in "Disaffected" e il fatto che si tratti soltanto della seconda occasione nella quale viene eseguita in pubblico in versione acustica.

 

piano_magic_castellana_3Dopo un breve siparietto seguito all'esitazione dello stesso Glen sulla parte iniziale di "Part-Monster", ninnananna spettrale già ai tempi dell'omonimo album, è tempo per due dei più validi rimaneggiamenti raccolti nelle "Home Recordings", ovvero "Dark Ages" - con la voce di Angèle davvero magica e perfettamente a proprio agio nel brano scritto per Vashti Bunyan - e quella "Incurable", tra i possibili manifesti della musica di Piano Magic, la limpidezza della cui versione per piano e voce non manca di suscitare più di qualche brivido.

L'altra sorpresa è l'anticipazione della title track dell'annunciato prossimo disco della band, attualmente in fase di riconsiderazione, "Life Has Not Finished With Me Yet", brano che parla delle speranze di un aspirante suicida (dunque anch'esso ben adatto alla storia del luogo), assai cadenzato e ossessivo, nonché interpretato a tratti da Glen secondo un inedito registro baritonale e "alcolico".

Dal futuro si passa al passato remoto, quello di "Low Birth Weight" (1999), dal quale viene riesumata "The Fun Of The Century", proposta in una strana versione vagamente somigliante alla danza ebbra di "Golden Brown" e dotata di una lunga coda eterea. È il preludio al finale della scaletta standard, che dopo una raccolta "When I'm Done (This Night Will Fear Me)" culmina in una toccante "Vacancies", lievemente rallentata e depurata dall'enfasi elettrica dell'originale contenuto nell'Ep "Dark Horses", così da far risaltare ancora di più le sfumature vocali dolci e decise di un'infreddolita Angèle, che anche in questo live così particolare si è confermata in assoluto tra le più valide interpreti femminili in circolazione.

 

Dopo la pausa di prassi (ancor più breve, non esistendo un backstage), il conclusivo encore è affidato ai due pezzi che, a loro volta, suggellavano con grazia dimessa gli album forse più riusciti della band inglese, rispettivamente "Disaffected" e "The Troubled Sleep Of Piano Magic". Per entrambe le esecuzioni, la formazione che risale sul palco è ridotta all'osso, con la sola chitarra acustica di Franck Alba ad affiancare gli interpreti di turno, prima Glen per "You Can Never Get Lost, When You've Nowhere To Go" e poi Angèle per la dolcissima e significativa "Comets", i cui versi "you just don't have to wait for the right time, because like comets il could be the last" non si può fare a meno di porre in relazione con l'unicità dell'occasione.

piano_magic_castellana_4Ma ancora non è finita, nonostante i saluti e i primi movimenti di deflusso degli spettatori, perché un nuovo applauso d'incoraggiamento va a sollecitare il tangibile desiderio della band di trattenersi ancora qualche minuto in un contesto così irripetibile; c'è dunque tempo per un ulteriore brano (il quindicesimo della serata), quella "No Closure" tra parlato e cantato che viene ripescata da "Artists' Rifles" in funzione di commiato da un evento nel quale si sono incontrate e bilanciate alla perfezione la durevole stabilità della pietra e la fugacità impalpabile delle note. Eppure, a ben vedere, come il processo di stillicidio attesta che la roccia delle Grotte di Castellana è materia viva e cangiante, così la musica si dimostra in grado di scolpire emozioni e immagini nella memoria; probabilmente è proprio questo che avranno pensato molti dei fortunati avventori, una volta catapultati, da ascensori fin troppo rapidi, dalle fredde viscere della terra a "riveder le stelle" di un cielo, invero, presago di pioggia e d'autunno.

 

Come da aspettative, mai musica poteva essere più adatta di quella di Piano Magic a essere eseguita in un luogo così solenne e denso di suggestioni. Del resto, il legame tra la band inglese e i misteriosi antri sotterranei - fisici e dell'anima - non risiede soltanto nelle atmosfere e nei demoni che attraverso la musica Glen Johnson continua a esorcizzare, ma anche, come lui stesso ha chiosato con la sua sottile ironia, nella sua perdurante dimensione di band... underground. Per una (indimenticabile) serata, anche di fatto.

Foto di Enzo Totaro (in questa pagina) e Fabrizio Grassi (home page e galleria)

Setlist

1. You Never Loved This City
2. Soldier's Song
3. England's Always Better
4. The Nightmare Goes On
5. Deleted Scenes
6. Part-Monster
7. Dark Ages
8. Incurable
9. Life Has Not Finished With Me Yet
10. The Fun Of The Century
11. When I'm Done (This Night Will Fear Me)
12. Vacancies

Encore

13. You Can Never Get Lost, When You've Nowhere To Go
14. Comets

15. No Closure

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