Kitchens Of Distinction

Kitchens Of Distinction

Canzoni in dissolvenza

Apparsi sulle scene nel 1986, i Kitchens Of Distinction hanno unito le folate psichedeliche del dream-pop, ritmi quasi ballabili e un afflato esistenziale post-Smiths in un canzoniere segnato dalla eccezionale sensibilità di Patrick Fitzgerald, canto passionale e testi intimisti su tematiche quali amore e omosessualità. Ritratto di una fugace, ma preziosa esperienza del pop britannico

di Antonio Ciarletta

I Kitchens of Distinction hanno incarnato una delle esperienze più abbaglianti del pop britannico di sempre. La formazione consisteva di: Patrick Fitzgerald, voce e basso, Julian Swales alle chitarre e, pare, gia attivo nel primo nucleo degli All About Eve, Dan Goodwin, batteria, con esperienze nei seminali A.R. Kane. Lo status di cult che la band può a tutt'oggi vantare è frutto, oltre che di chiari meriti artistici, di leggende riguardanti la nascita del progetto. L'anno domini è il 1986, mentre il luogo dell'incontro è ammantato da un velo di mistero; per alcuni una sauna turca, per altri un tempio dedito al culto di Satana nei pressi di Amsterdam. Curioso anche il nome, derivante da un annuncio pubblicitario.
Sia come sia, l'attività discografica inizia ufficialmente nel 1987 con "Last Gasp Death Shuffle", singolo della settimana per Nme e già rappresentativo dei percorsi stilistici che la band avrebbe intrapreso. Seguono "Prize" e la bellissima "The 3rd Time We Opened the Capsule", a tutt'oggi uno dei pezzi più suggestivi a repertorio , ad anticipare il primo lavoro sulla lunga distanza, Love Is Hell del 1989.

Ma abbiate un po' di pazienza, un attimo un passo indietro. Il periodo a cavallo tra la fine degli anni 80 e l'inizio dei 90 è crocevia di orientamenti creativi che si sviluppano quasi in osmosi, seppur su direttrici parallele; shoegazing, C86, Madchester, e soprattutto una serie di band imprimono un segno indelebile nella storia del rock d'Albione. I Kitchens Of Distinction allignavano in un limbo dorato in cui erano percepibili scosse telluriche, dov'era possibile assorbire vibrazioni creative, ma senza essere coinvolti nel terremoto. Parte di nessuna di quelle scene, riusciranno, però, a coglierne gli elementi caratterizzanti: le folate psichedeliche del dream-pop, ritmi quasi ballabili e un afflato esistenziale post-Smiths, il tutto condito dall'eccezionale sensibilità di Patrick Fitzgerald, canto passionale e testi intimisti su tematiche quali amore e omosessualità.
Un suono che avrebbe trovato i suoi estremi di ricerca e sperimentazione nei madrigali di Slowdive, ma debitore di A.R. Kane, Cocteau Twins, Felt, Durutti Column, Echo And The Bunnymen, Chameleons, ai dettami del romanticismo Postcard via Orange Juice. Come spesso accade nella storia della musica, però, i meriti di una proposta così personale andranno a chi svilupperà in seguito quelle intuizioni; troppo canzonettari per essere sperimentatori, troppo poco personaggi per entrare nell'immaginario popolare.
Una centralità negata e un ostracismo da parte dei media di settore davvero inspiegabile (o forse spiegabile, vista la difficoltà nell'etichettarli), considerate le credenziali alternative della band, che comportò il rifiuto di alcune trasmissioni di dar copertura alla loro musica, ma anche di John Peel, che per anni non acconsentì a offrirgli una delle sue famigerate session; noi, ovviamente, siamo in disaccordo con la scelta del compianto maestro.

Unendo le istanze di una ricerca sonora comunque mirabile e di una dimensione pop pienamente realizzata, i Kitchens Of Distinction ci hanno donato tempeste di brezza malinconica, autentici tesori di sopraffino intimismo; spesso, nel proseguo della narrazione vi imbatterete in aggettivi quali "splendido", "stupendo", "magnifico", mai come nel caso dei Londinesi risulteranno appropriati
Nonostante una propensione melodica piuttosto accentuata le canzoni dei Kitchens Of Distinction possono risultare di non semplice metabolizzazione, come emerge dal confronto di svariate esperienze d'ascolto. Al primo impatto appaiono piatte, sembrano volar via senza sussulti. Al di la delle sensibilità del singolo uditore, ciò potrebbe dipendere proprio dall'elevata concentrazione di stili e retaggi sonori. Ritmi spesso veloci, e improvvise esplosioni psichedeliche, come la recitazione di Fitzgerald, verbosa il più delle volte, pongono in secondo piano le melodie, che vanno quindi ricercate, scovate, sotto una spessa coltre di segni, anche stridenti, soprattutto frastornanti. Ma fatelo, ascoltate e non siate precipitosi nei giudizi: i boccioli non tarderanno a schiudersi.

Love Is Hell è del 1989, dicevamo, sicuramente l'album migliore della band oltre che un esordio fulminante, senza sbavature, definitivo. Ci troverete le migliori canzoni dei Kitchens Of Distinction, le migliori melodie, qui in bell'evidenza più che nei successivi lavori. Lo schema è pressocché identico (ma vincente), il suono parte scarno per poi arricchirsi di arrangiamenti eleganti, lussureggianti, e crescendo emotivi da far sanguinare l'anima. Chiara è l'influenza della dark-wave di inizio anni 80, nelle vesti di linee di basso pulsanti, mentre la chitarra di Swales disegna tenui, tristi melodie, avvolte in tempeste d'aria gelida. Su tutto troneggia il canto passionale di Fitzgerald, in primo piano, a volte invasivo, mai eccessivamente enfatico, ma spesso evocativo.
Da rimarcare in prima analisi i due singoli, che anticiparono l'uscita dell'album, "Prize" e "The 3rd Time We Opened The Capsule", canzoni dal ritmo sostenuto, basso ben in evidenza ed esplosioni sognanti a rubare d'improvviso l'attenzione. Sulla stessa lunghezza d'onda "Margaret's Injection", delirio anti-thatcheriano, dove il canto di Fitzgerald si smarrisce in una serie di volteggianti nebulose ambientali che collassano, regalando un finale di caos psichedelico strutturato. Melodie che si incastrano e si intersecano in "Hammer", un po' come nei migliori Church, mentre "1001st Fault" descrive tristemente la conclusione di una relazione, con basso a reiterare la medesima linea melodica, che si accartoccia su se stessa sino alla liberazione finale. Lenta e meditabonda, "Her Last Day In Bed", supportata da un violino che accompagna la declamazione rabbiosa e struggente di Fitzgerald, ma sicuramente meritoria di citazione "Courage Mother", agile post-punk dai sapori bunnymeniani, e "Shiver" , giocata sulla comparsa/scomparsa di riverberi chitarristici.
Love Is Hell, album già maturo, testimonia di una band affiatata, in cui le dinamiche interne evolvono in maniera equilibrata, senza che nessuna delle componenti agisca con fare prevaricante, un po' come nel binomio Morrisey/Marr Ma più di tutto rimangono le canzoni, da sindrome di Stendhal.

Passano meno di due anni e i Kitchens Of Distinction sono nuovamente sulla scena con il seguito di Love is Hell; si chiama Strange Free World e, a dispetto dei santi, può addirittura contare su di un'apparizione nelle UK chart, anche se intorno alla quarantesima posizione e per una sola settimana. Prodotto da Hugh Jones, già Echo And The Bunnymen e Rem tra gli altri, non è all'altezza dell'album precedente, ma di sicuro interesse, ed è incredibile come riesca ad attanagliare e appassionare ascolto dopo ascolto previo un iniziale smarrimento. Le ritmiche sono sostenute in quasi tutti i pezzi tanto che sembra di ascoltare una versione dream-pop proprio dei Rem, mentre il suono è ancor più avvolgente, evidente transizione verso le nebbie dell'album successivo. Il disco parte alla grande con un paio di romantiche invenzioni Orange Juice, la dolce "Railwayed", progressione melodica alle porte del paradiso, e il singolo "Quick as Rainbows", epitome del KOD-sound, intreccio di chitarre acustiche e melodie elettriche. Manca di varietà, Strange Free World, un sound in evoluzione, ma soprattutto la band non riesce a proporre alternative al modello originario, per cui scivolano via i pezzi, deliziosi di sicuro ma senza stacchi che permettano di discernere criticamente una canzone dall'altra. Si è soggetti a una sorta di mielosa, ma non disprezzabile ipnosi fino alla magnifica "Aspray", fantasia ondivaga tra riverberi celestiali da far invidia a Slowdive, ma soprattutto interpretazione sofferta ed epica al contempo di Fitzgerald, che mostra quanta bellezza possa celarsi nella decadenza.
Le sorprese non terminano, e prima del meditativo finale di "Under the Sky, Inside the Sea", con tanto di tromba suggestiva di Kick Horns, è obbligatorio citare la traccia numero 9, "Within The Daze of Passion", luccicante ubriacatura power-pop, con classico crescendo d'intensità, debordo emotivo ed esplosione in mille rigagnoli ambientali.
Pur essendo principalmente un album di transizione per ciò che concerne l'evoluzione del suono, Strange Free World è composto da un drappello di canzoni memorabili, e ci sentiamo di consigliarne l'acquisto, sempre e comunque.

E' paradossale come The Death Of Cool, pur annoverando un numero minore di canzoni di valore, sia lavoro ben più consistente di Strange Free World; qui è il sound a fare la differenza, professionale, compiuto, apice stilistico/formale della band, come si dice in questi casi. Grande protagonista è la chitarra di Julian Swales, impressionante nel dipingere paesaggi sonori fessi da caliginosi squarci ambientali. I pezzi sono avvolti in una patina psichedelica, mentre il minutaggio medio aumenta, presentandoci vere e proprie "suite pop", vitrei tunnel esistenziali senza uscita. Fitzgerald trova un letto più ampio dove poggiare la recitazione, una profondità di suono che ben si accorda al suo canto psicologico da flusso di coscienza. La decadenza segna il passo in favore di un romanticismo crepuscolare, veicolato da strutture melodiche complesse e da ritmi decelerati.
L'album in verità inizia con la saettante "What Happens Now", solita rotondità pop-psichedelica stile Bunnymen della volta celeste, e continua con "4 Men", musica completamente asservita alla declamazione di Fitzgerald, uno dei suo apici romantico-decadenti in versi come: "Stars are falling down onto this broken-hearted hungry clown because he can't get his fill… because I want you and I'll have you I'll crush my arms around you until I melt inside you".
Bagliori che si stagliano su specchi deformanti, luci riflesse che illuminano la tenebra nella bellissima "Gone World Gone", 8 minuti di lampi chitarristici che si materializzano come ectoplasmi, pezzo pregiato della raccolta. I Kitchens Of Distinction paiono poter/voler andare oltre con "Blue Pedal", con il canto questa volta monotono di Fitzgerald a perdersi tra stratificazioni shoegaze, giochi di frequenze e deliqui psichedelici. Ci si avvicina ai Catherine Wheel di "Ferment" se non ai Ride di "Nowhere", a far immaginare derive sul versante del drone-rock, ma non sarà così. Per la cronaca, anche The Death Of Cool finì nelle chart inglesi, al settantaduesimo posto per la precisione.

L'orripilante copertina simil boy-band varie ed eventuali non promette nulla di buono, e in effetti, pur essendo un lavoro dignitoso, Cowboy And Aliens mostra la corda. La ricerca sonora è giunta al punto di non ritorno con The Death Of Cool e la band sembra indecisa sulla direzione da intraprendere. O forse è solo un album tirato via per onorare se stessi e i fan.
I Kitchens Of Distinction rispolverano il rasoio a sei corde con estrema decisione, e ciò si avverte già a partire dall'iniziale "Sand On Fire", groviglio di feedback a modellare una suggestione shoegaze versione Swervedriver. Il suono è ovviamente terreno, a tratti perfino dozzinale; a posteriori le canzoni ci sono ancora una volta, ed è un malcelato senso di stanchezza, derivante dalla consapevolezza di essere alla fine, a inficiare ulteriormente la riuscita dell'album. Ma gli abissi di tristezza di "Thought He Had Everything" e la chiusura malinconica di "Prince Of Mars" confermano, quantunque non ve ne fosse bisogno, la loro statura di fuoriclasse della musica pop. Citazione a parte per "Come on Now", con gli strumenti che entrano uno a uno in sequenza, modello Pixies, introduzione per un ultimo melodrammatico saluto da parte di Fitzgerald. Novocaina per l'anima.

Oggi, i suoni che i Kitchens Of Distinction hanno contribuito a creare sono di gran moda, basti pensare a Morr Music alle band nordiche, Sigur Rós, Worm Is Green per esempio, a cani sciolti come Khonnor e Ulrich Schnauss.
Ma se la cifra di una pop-band si valuta con le canzoni, allora i londinesi meritano di essere annoverati tra i giganti della musica d'Albione, avendone sfornate di memorabili.
Scaricati dalla One Little Indian, autori con il singolo "Feel My Genie" del 1996 di un ultimissimo colpo di coda, i Kitchens Of Distinction conclusero la carriera in malinconica dissolvenza, proprio come la loro musica.

Kitchens Of Distinction

Discografia

Love Is Hell (1989)

8

Strange Free World (1991)

7

The Death Of Cool (1992)

7,5

Cowboys And Aliens (1994)

6,5

Capsule - The Best Of Kitchens Of Distinction 1988-1994 (2003)

Pietra miliare
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