Pater Nembrot

Hombre Scarlatte

2005 (autoprodotto)
stoner-rock

Nati nel 2003 dall'incontro di Giacomo Faedi (basso), Filippo Leopardi (chitarra e voce) e Giulio Casoni (batteria), i Pater Nembrot s'inseriscono immediatamente nella folta schiera degli imitatori delle gesta stoner-rock di Kyuss, Fu Manchu, e compagnia bella, tornando fino alla fonte Black Sabbath e pellegrinando a caso tra Soundgarden, Nirvana, Pink Floyd e Can (!). Insomma: il bagaglio delle influenze è di quelli che fanno venire l'acquolina in bocca. Eppure, come sovente accade dalle nostre parti, chi troppo s'adagia nel solco tracciato da qualcun altro finisce con il pagarlo caro.

"Hombre Scarlatte" è disco privo di personalità. Diciamolo senza troppi peli sulla lingua. Piacerà agli aficionados terminali del genere, innamorati di certe sonorità torride e di certe evoluzioni talmente "standardizzate" da far venire l'orticaria. C'è poco da fare: un conto è suonare per il proprio orticello; un conto cercare di guardare oltre. L'intro avvolgente-lisergica-cosmica di "E Ven Miseria" spiana il terreno a "Criptotermiti", brano complessivamente intrigante. Con quel suo febbrile comprimere i Chrome del secondo periodo, con tanto di tastierucoline from outer-space, si lascia ascoltare con vivo piacere, nonostante un cantato (in italiano) ancora da smussare. L'esuberanza è giovane, si sa. La voglia di libertà e gli sfumacchi cannabisici ("Elettrica Noia"), tutto normale, tutto giusto. Eppure? Colpo di grazia: la love-ballad dozzinale, con finale à-la Motorhead di "Ti Sento Come Fossi Un Brivido". Roba che c'entra poco con il resto dell'impalcatura.

Si prova anche a strumentalizzare strampalati rituali ("Fastidi Danzanti"), lavorando con ragnatele elettriche e percussioni essiccate. L'autobahn-stoner di "Bonsai" si accende con vigore; rutila vertiginosa; scarica adrenalina e si sofferma a lambire le stelle, con un vago anelito di deja-vu maledettamente fisso nello specchietto retrovisore… E la psichedelia? Ah, certo! Quella non manca mai. Psichedelia dal retrogusto "hard", come in "Magnuga", cavalcante e disinibita, qualche buon dialogo strumentale, qualche discreto avamposto corale. E, per finire, la complessità ragionata (dannatamente ragionata…) di "Se Un Giorno E' Grigio Il Mondo": appeal lirico che è tutto dei Nirvana che furono (nevrosi e chiamata alle armi), scrosci noise chitarra/basso e solennità batteristica che incornicia grandi imprese.

La variazione "progressiva" nel bel mezzo del cammino conduce in porto un'architettura sonora che lascia trapelare sprazzi di buon talento e che, quindi, fa ben sperare per il futuro. Per il momento, comunque, se capitano dalle vostre parti, non disdegnate di farvi una birra mentre vi incendiano le orecchie...

Tracklist

  1. E ven miseria
  2. Criptotermiti
  3. Elettrica noia
  4. Ti sento come fossi un brivido
  5. Fastidi danzanti
  6. Bonsai
  7. Magnuga
  8. Se un giorno è grigio il mondo

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