“Blood Of Man”, ottavo album di Mason Jennings, si potrebbe brevemente archiviare come un altro successo artistico per il cantautore residente a Minneapolis. La scrittura sempre sicura e le ottime qualità vocali garantiscono l’ennesimo esempio di buon country-rock americano.
L’album, però, mostra delle velleità che meritano analisi, “Blood Of Man” è il lavoro più oscuro e anche il più robusto dell’autore, la varietà dei testi corrisponde a una libertà stilistica che smuove le atmosfere verso un suono più elettrico.
La vita, ma soprattutto la morte, è la vera protagonista di questa ottava prova; suicidi, cadaveri erranti, demoni e paure sono protagonisti delle storie in musica di Mason Jennings, che dopo aver riscoperto l’ispirazione con “In The Ever” adotta soluzioni sonore più ardite, con risultanti singolari.
Tra tutti i riferimenti al passato, resta prevalente la figura di Donovan: “Black Wind Blowing”, “Pittsburgh” e “Tourist” possiedono la stessa grazia e la stessa ironia sottile del menestrello scozzese, ma già l’iniziale “City Of Ghosts” vira verso atmosfere rock e “Ain't No Friend Of Mine” sposa Hendrix e gli Who con gustosa ingenuità.
Mason Jennings rappresenta comunque al meglio il sottobosco del cantautorato americano. Pur non mostrando eccessiva originalità, le sue canzoni possiedono personalità e stile, le sonorità amabilmente grezze e il cantato privo di leziosità garantiscono fruibilità e vivacità alla sua musica.
Le sonorità più robuste di “The Field” e “Lonely Road” sono amabilmente ricche di suoni roots, i riff sono prevedibili e leggiadri ma mai noiosi, restano da analizzare i tre episodi migliori dell’album “Sing Out”, “Sunlight” e la title track.
“Blood Of Man” rappresenta il cuore dell’album, una ballata folk che trasuda una spiritualità intensa, la sonorità, simile a quella di un demo, permette alla voce e alla chitarra di esternare tutta la forza e la spontaneità di Jennings.
Più oscura e atipica “Sing Out”, che varca i confini del folk per sfiorare sonorità psichedeliche e underground: il brano gode di una brillante intuizione ritmica che sorregge le atmosfere malsane e coinvolgenti.
“Sunlight”, pur se più tipica dello stile dell’autore, si avvale di una costruzione più complessa ed elaborata, cambi di ritmi e armonie rendono il brano un piccolo film in musica.
“Blood Of Man” non è un album di routine per Mason Jennings, la rinuncia definitiva alle lusinghe del music business e le sonorità low-fi danno maggior rilievo alle sue composizioni, la produzione più grezza dello stesso autore conferisce un’urgenza e uno spessore che pone l’album al vertice della sua produzione. Un successo artistico per l’autore, costretto a recitare da sempre il ruolo di beautiful loser. Il grido strozzato che accompagna il finale di “Blood Of Man” è l’ultimo tentativo di far ascoltare la sua sincera e autentica voce: non siate sordi.
17/12/2009