Pugwash

Play This Intimately (As If Among Friends)

2015 (Omnivore)
pop-rock

Con alle spalle 15 anni di carriera e cinque album-cult, i Pugwash continuano a rappresentare una realtà musicale abbastanza insolita, e non solo per la loro volontà di rimettersi continuamente in gioco, ma anche per gli attestati di stima ricevuti da due geni del pop inglese, ovvero Neil Hannon e Andy Partridge.
Per il primo fu galeotta la comune passione per il cricket, che diede il La all’avventura sotto il nome di Duckworth Lewis Method, ignorata e derisa dalla carta stampata (4 su Mojo) e amata dalle webzine (8 pieno per The Guardian e The Observer, oltreché disco del mese di OndaRock). Andy Partridge, invece, scritturò il gruppo irlandese per la sua etichetta Ape, ma il mancato successo dell’antologia “Giddy” e le difficoltà dell’etichetta dell’ex-Xtc misero fine alla collaborazione.

Nonostante il successo del loro più recente progetto “The Olympus Sound”, nonché l’interesse del pubblico americano per l'ennesima compilation “A Rose In A Garden Of Weed”, i Pugwash sono stati costretti a ricorrere al crowfunding per realizzare il nuovo album. La presenza al missaggio di Guy Massey, ingegnere di studio per le ristampe dei dischi dei Beatles, l’utilizzo dei mitici Konk Studios dei Kinks e le collaborazioni di Ray Davies (The Kinks), Andy Partridge (Xtc), Neil Hannon (The Divine Comedy) e Jeff Lynne (Electric Light Orchestra), fanno di “Play This Intimately (As If Among Friends)” l’album della resa dei conti per la band.
Accusati spesso di non riuscire ad andare oltre le dichiarate influenze stilistiche, i Pugwash possono vantarsi di averle finalmente coinvolte tutte insieme, in quello che è sicuramente l’album della definitiva maturità. La copertina omaggia le compilation anni Cinquanta di etichette come Decca, Rca Dynagroove o 4 Phase, che realizzavano 33 giri con successi pop eseguiti da grande orchestre per allietare raffinate serate tra amici della medio-borghesia, stufi della musica di papà ma intimoriti dalla forza ribelle del rock, ed è la ragion d’essere anche del balzano titolo.

“Play This Intimately (As If Among Friends)” non è l’ennesimo progetto di un’anonima cover-retrò band: gli irlandesi come novelli Dukes Of Stratosphear danno forma a canzoni che non sembrano pallide imitazioni, ma autentici parti dei loro idoli, una provocazione per i detrattori e una vera manna per i fan.
Qui ci sono i migliori Monkees in “Kicking And Screaming” (con un leggero tocco di soul), i Divine Comedy più sognanti che abbiate mai ascoltato nella deliziosa “Just So You Know” (con Neil al piano), i Beach Boys meno noti del post-“Pet Sounds” nella timida “Feed His Heart With Coal”, e perfino gli Xtc della quarta facciata di “Nonesuch”, in quella che è una delle canzoni più belle dell’album: “The Fool I Had Become”.

Se la ragione della musica pop resta il suo essere canzone pura per gente comune, allora “Play This Intimately (As If Among Friends)” è un archetipo talmente ben scritto e arrangiato che se qualcuno osasse ricorrere al termine capolavoro, ne avrebbe tutte le ragioni. E’ come quando rimani incantato da una perfetta riproduzione della Gioconda (di quelle usate al Louvre in caso di restauro, per intenderci), così “Silly Love”, in un’ipotetica trasfigurazione neorealista, non solo ruba il titolo a McCartney, ma rimescola le carte di “Let ‘Em In”, “C Moon” e “Maybe I’m Amazed”, tirando fuori un piccolo capolavoro di sintesi e di sintassi lirica.
Allo stesso modo, “Hung Myself Out To Dry” replica gli Elo allo stesso modo in cui essi citavano i Beatles, e “All The Way From Love” gioca con il fantasma di Roy Orbison con il medesimo delicato pathos.

Non so in quanti potranno resistere al fascino lounge italico di “Clouds”, con quel delizioso arrangiamento di fiati che Burt Bacharach approverebbe con un applauso, oppure al trascinante sing-a-long di “Lucky In Every Way” (questa puro Pugwash al 100%). Oltretutto gli irlandesi non tralasciano neanche il country e il rock’n’roll riportato in auge dai The Traveling Wilburys in “You Could Always Cry”, o la comedy music anni 60 nella quasi natalizia “Oh Happy Days”.
E mentre le note di commiato di “We Are Everywhere” scorrono senza disturbare (almeno fino ai fiati in stile mariachi), non resta che applaudire la band di Thomas Walsh per aver fatto ancora una volta centro, con una perfezione stilistica e creativa che regge saldamente il confronto col passato, con intuizioni liriche notevoli e partiture strumentali di gran pregio.

I Pugwash hanno messo in piedi un piccolo miracolo, passione e sincerità emotiva sono sparse ovunque, in un giro di basso, in un assolo di chitarra, in un tocco di mellotron, in un suono di tromba, smentendo i critici amanti del nuovo a tutto i costi. Suonare antico a volte è più moderno che essere contemporanei.

06/11/2015

Tracklist

  1. Kicking And Screaming
  2. Lucky In Every Way
  3. Feed His Heart With Coal
  4. Just So You Know
  5. Clouds
  6. The Fool I Had Become
  7. You Could Always Cry
  8. Hung Myself Out To Dry
  9. Silly Love
  10. Oh Happy Days
  11. All The Way From Love
  12. We Are Everywhere




Pugwash sul web