Dieci Piccoli Italiani

Dieci Piccoli Italiani - N. 63

di AA.VV.

thegiantundertowTHE GIANT UNDERTOW - The Weak (2016, In the Bottle Records, Indipendead, Shyrec, POpeVrecords, Death Roots Syndicate)
songwriting, folk

Un pool di etichette pubblica questo debutto, sotto al cui moniker si cela il padovano Lorenzo Manzilli. Prima di iniziare questo progetto solista Mazzilli ha suonato con varie band, sia in studio che dal vivo, e ascoltando il disco si sente che è stato realizzato da una mano esperta. Siamo dalle parti di un folk polveroso e asciutto, che rimanda a ambientazioni desertiche, e l'abilità di Manzilli e dei musicisti che hanno suonato con lui è quella di aver creato un suono essenziale ma non spoglio, con elementi come il banjo, le percussioni, i fiati e la chitarra elettrica che danno il giusto colore, con soluzioni sempre diverse tra una canzone e l'altra, senza rendersi mai protagonisti ma risultando come un complemento ideale allo scheletro dei brani. Un disco interessante e subito in grado di fare breccia in chi lo ascolta, un ottimo modo di modernizzare un genere musicale senza snaturarne il tradizionalismo (Stefano Bartolotta 7/10)


nhwrneNOVANTA - Hello We're Not Enemies (2016, Seashell)
elettronica, shoegaze

Dalla Sicilia a Milano, da Milano alla volta dell'Islanda. Nell'innumerevole conta di artisti che hanno trovato ispirazione nelle lande del fuoco e del ghiaccio dell'isola dell'Atlantico troviamo adesso anche Manfredi Lamartina, che a due anni da "Best-Selling Dreams" aggiunge un nuovo tassello alla sua esperienza a nome Novanta. Un tassello indubbiamente importante nell'evoluzione del progetto: con una palette stilistica più ampia e stratificata, e un numero più corposo di collaboratori (tra cui il compagno di label Ian Bonnar, titolare del progetto In Every Dream A Nightmare Waits), le immaginifiche suggestioni electro-gaze del musicista vibrano di nuova intensità, contemplando nuove possibilità di incrocio e di sperimentazione. Tra paesaggi dell'anima e scenari islandesi, immortalati anche nei titoli del lavoro (distribuito anche in edizione limitata in cassetta), il nuovo album di Novanta si traduce in uno spettro più largo di possibilità, in cui interessanti striature elettroniche non esitano a tradursi in ritmiche dal taglio kraut-rock ("Goðafoss"), in esaltazioni del core stilistico del progetto (le splendide venature chitarristiche gazey di "Blue Lagoon", pinnacolo espressivo ed emotivo della fatica), in evocazioni dal taglio dream-ambient ("Tell A Story"). Il tutto, senza disdegnare ottime aperture melodiche: nel complesso, si rivela insomma un altro centro per Lamartina. Rimane intatta quindi la curiosità per i prossimi lavori del musicista, nella speranza di poterlo ascoltare anche in un album dal più ampio minutaggio (Vassilios Karagiannis 7/10)


circololehmannCIRCOLO LEHMANN - Dove nascono le balene (2016, Libellula)
alt-rock

Nati nel 2011 - in veste acustica come accompagnatori di reading - dall'incontro tra il chitarrista-cantante Ghegho Zola e lo scrittore Marco Magnone, i torinesi Circolo Lehmann si trasformano fino a concepire i quattro gioielli del primo "Dove nascono le balene". "Marlene" attacca come una landa onirica di assonanze e dissonanze di fiati ed echi, quindi diventa una litania guidata dalla chitarra, infine entra la voce, ma è più un fantasma assordato dalla baraonda degli strumenti: a parte la struttura concentrica e la compostezza classicheggiante, è una delle migliori prosecuzioni dell'"Anima latina" di Lucio Battisti. La semistrumentale "Ulisse" (sette minuti) è una fantasia pastorale all'acustica, quindi ipnotica con riverberi elettronici, che introduce uno stomp con coro hippy-montanaro, per poi tornare alla calma Fahey-iana iniziale. "La casa al mare" (otto minuti) è una malinconica, fatata ballata-suite De Andrè-iana arricchita di melodramma, scatto sincopato, preziosismi d'archi e un mantra finale, "Io e te nuotiamo via/ da tutti i nostri noi". Il brevissimo motivetto di "Danza" è in realtà un duetto tra l'arpeggio della chitarra e un contrabbasso trascendentale. Circoscritto a questi brani, poteva essere uno dei più importanti Ep del rock italiano di sempre. Quanto rimane svaria invece tra riempitivi e contorni che testano lo spettro e le possibilità del complesso, dalla disco-dance decadente "La festa" al competente revival acid-rock con elettronica di "La nostra guerra", poi coniugato con la loro calligrafia nella ballata tossica di "Nero a capo" (la title track è invece un più banale lento Floyd-iano). Nome preso da "Il signor Lehman" (2001), romanzo-cult di Regener, una formazione allargata e allargabile, un quarto uomo fondamentale (Umberto Serra, tastiere e fiati). Seguito della colonna sonora dell'eBook "Bim Bum Berlin" (2013) (Michele Saran 6,5/10)


flamingoFLAMINGO - Flamingo Ep (2016, autoprodotto)
songwriting, dream pop

Flamingo è Lavinia Siardi, musicista friulana che ha diverse esperienze alle spalle e attualmente è la tastierista dei milanesi Nobody Cried For Dinosaurs. Proprio i suoi compagni di band l'hanno aiutata nella realizzazione di questo primo Ep, ma il progetto è senz'altro da ricondurre a lei, perché si sente la voglia di mettere al centro la voce e le melodie della protagonista. Di conseguenza, essenzialità e intimismo la fanno da padroni, con la voce e la chitarra, acustica o elettrica, contornate da ben poco altro. L'elemento che si nota con maggior evidenza oltre al binomio di cui sopra è la voce di Federico Pagani (in arte An Harbor) che duetta con la Siardi nella conclusiva "Animals". Perché un progetto del genere possa piacere, è necessaria la presenza di alcuni punti di forza: una buona qualità melodica, una forte sensazione di sincerità e calore nell'interpretazione, la capacità di proporre un suono asciutto ma non banale né scontato, grazie a opportune e mirate deviazioni dalla regolarità dell'andamento dei brani. Qui, questi pregi ci sono tutti, e se è vero che le stesse cose si possono dire di tanti altri dischi, un ascolto così, quando fatto bene come in questo caso, è sempre piacevole (Stefano Bartolotta 6,5/10)


aineAINÉ - Generation One (2016, Totally Imported)
R&B, nu-soul, hip-hop

La nuova scena R&B italiana si arricchisce di un nuovo talento, Arnaldo Santoro, classe 1991, polistrumentista all'esordio con "Generation One", lavoro che fonde identità italiana e suoni d'oltreoceano miscelando nu-soul (l'egregia "Be My One", "Leave Me Alone"), hip-hop ("Tutto dorme", "Nel mio mondo") e sensibilità cantautorale spiccatamente mediterranea ("Nascosto nel buio"). Dopo una solida gavetta e alcune collaborazioni decisamente formative, fra le quali spiccano per importanza quelle con Gegé Telesforo e Giorgia, ecco tredici tracce a nome proprio, anticipate dal singolo "Dopo la pioggia" forte del featuring di Sergio Cammariere. Ainé cerca la propria via ispirandosi tanto a James Blake ("Brighter Than Gold") quanto al rap americano. La prima parte dell'album è cantata in italiano, la seconda in inglese, ancor più influenzata dalla scena a stelle e strisce contemporanea, tratto che dona un taglio decisamente internazionale. Un prodotto stiloso e avvolgente da esportazione, denso di groove ed eleganza, chiuso dall'introspettiva "Mommy", costruita su tenui note al pianoforte (Claudio Lancia 6,5/10)


eternitETERNIT - Figli di (2016, autoprodotto)
pop

Romani, gli Eternit entrano in scena con il primo lungo "Figli di", tutto sovratoni operistici che rimandano al nuovo cantautorato internazionale (Beirut, Andrew Bird, Rufus Wainwright, Patrick Wolf), ricoperti di elettronica. Nella prima doppietta data da "Il buio" e la canzone eponima c'è comunque scatto emo-pop in una dinamica cristallina. Nella seconda, "Nel mio inverno" e "La mia prima vera estate è stata un inverno", il complesso adotta una salmodia che va in estasi, alzandosi anche in uno sfavillio di nevrosi hard-rock demenziale. Impeccabili sono poi i due assalti teatral-operistici degni dei Queen periodo "A Night At The Opera": "Panico" e, soprattutto il brano-baricentro "Sugorossi", serenata sinfonica fratturata in tempo e volume. Gli ultimi due, "Soccorso" (una mini-suite di sette minuti) e "Crisi" flirtano con la canzone neomelodica italiota. Coadiuvato da Francesco Catitti, più chirurgo plastico che produttore, il quartetto (Francesco ed Emanuele Scalabrella, Davide Vacatello, Stefano Palena) cava un disco che prende quanto basta dal prog tricolore, dal musical di Broadway e dal languore del post-rock. Molta passione. Artwork a cura di Valentina Caruso (Michele Saran 6/10)


lorenzomasottoLORENZO MASOTTO - Rule And Case (2016, Preserved Sound)
neoclassical

Co-fondatore e bassista, assieme alla sorella violinista Laura, dei Le Maschere Di Clara, il veronese Lorenzo Masotto dà sfogo alle ambizioni colte che si annidavano nel complesso (ultimo lascito: "Lynch EP", 2015) con il suo primo parto solista, "Rule And Case". Vi figurano anzitutto partiture impressionistiche per pianoforte alla David Lanz, anche se spesso pregne di arrangiamenti d'archi da camera che le soffocano come per timore di annoiare ("Photos" e "Senhal", ma anche una più rarefatta, sospesa e dosata "Kepler 452b"). "Polyphonic Dreams", degna del Jurgen Knieper del "Cielo sopra Berlino", comunque, raffina grandemente il concetto giocando sulle pause, sul dialogo tra staccato e legato, sostenuto e sforzato. Più prevedibile alla Satie è "Sweet Winter", che però tenta di sostituire gli archi con un feedback di chitarra. I pezzi concepiti per soli archi sono ancora più diseguali: si passa dalla scentrata chamber-tronica di "Chrono" a un dotto tema d'ascendenza barocco-veneta come "Orient Express" (potrebbe essere un embrione di quartetto postmoderno). Masotto approda a una landa stilistica a un tempo delicata e risaputa con sicura amabilità ma anche con una varietà che lascia un po' a desiderare, e che, a livello tattico, tende a disperdere i momenti più che a raccoglierli. L'ultima riprova è il gran finale di "Rainbow", un ripieno ritmico di percussioni che fracassa (in)volontariamente gli equilibri armonici. Non mancano affatto meccanismi ben scorrevoli, fondati su primizie quasi impercettibili (su tutte, le tastiere tamburellanti in sottofondo) (Michele Saran 6/10)


blackwhaleBLACKWHALE - Siberia (2016, Bubrum Soundz)
synth-pop

Convincente debutto per Blackwhale, progetto ideato da Marco Giarratano, caratterizzato da un'attenta sintesi fra l'industrial dei Nine Inch Nails e il synth-pop dei Depeche Mode, come ben evidenziato sin dall'iniziale "The Body Has Its Spectre". Ma le influenze sono molteplici, e si passa da atmosfere solenni ("Fences" è una particolare fusione fra wave e simil dubstep), a scenari più "solari", come nel caso di "Happy Man", forte di un efficace ritornello. L'uso dell'elettronica è intelligente, e sovente i beat prendono una piega persino ballabile ("The Vacant Shell"), pur mantenendo una costante vena malinconica di fondo ("Pale Light Reflector"). Otto tracce in tutto, dove si alterna ad arte buio e luce. Si chiude con "Siberia", la title track, che parte eterea per poi schiudersi su scenari tipicamente jungle. Dischetto molto interessante e decisamente riuscito (Claudio Lancia 6/10)


erriERRI - Dentro la stessa tempesta (2016, Viceversa)
songwriter

Il siculo Carlo Natoli, forte del suo nick-avatar Erri, debutta con l'apocalittico "Dentro la stessa tempesta". Il suo programma di ballate dolenti, funeree e anelanti comincia con il quasi-dub elettronico di "Niente nel mio cuore", ma subito si contraddice in canzoni tradizionali e pop che tralasciano il concept e viepiù ostentano la sua figura d'autore. La giusta china è ripresa semmai dal lamentoso diario di vita "Imparare l'inglese", quindi dal refrain bombastico e corale da girotondo "Imperturbabili" e poi dalla caracollante e dissonante "Sogni siamesi", fino a culminare nella nevrastenia cacofonica di "Proiettili insignificanti", il clou del disco, e dalle mareggiate di mellotron che in "Relitti perfetti" si fanno largo in una soundscape in qualche modo elettroacustica. Già membro di Blessed Child Opera e Gentless3, e interessante produttore di Saint Huck ed Entrofobesse: l'arrangiamento disturbato, quasi traviato batte, infatti, la scrittura e l'interpretazione canora almeno 2-0, per poesia, sofisticazione, scavo. Co-produzione con Prisoner Records (Michele Saran 6/10)


tavernelliFABRIZIO TAVERNELLI - Fantacoscienza (2016, Lo Scafandro)
songwriter

Fondatore di svariate realtà di musica rebelde (AFA, Groove Safari, Ajello), ideatore del festival Materiale Resistente, scrittore ("Provincia Exotica", 2012), Fabrizio Tavernelli, base in Emilia, prosegue la sua carriera solista con "Fantacoscienza". Per essere il parto d'un caposaldo della controcultura italiana, nel suo terzo album (seguito di "Oggetti del desiderio", 2010, e "Volare basso", 2013) non molte canzoni lasciano il segno. Un paio di crossover in forma di tiritere accusatorie a tempo di rap ("Distorta Gestalt", "Fauni") sono tra queste, nonostante appaiano corrosive così così e facciano leva più che altro sulla sua cultura del rock anni 90. Più affascinanti gli esperimenti folk basati su strumenti etnici o poveri (trovati) e vocalizzi, "Antroapologia", "Il tradimento" e la più mite ed equatoriale "Flauto dolce", che sanno sia di cantillazione trascendentale che di stregoneria metropolitana. Il resto rimane perlopiù soft e casalingo. Avesse qualche linea di scaltrezza in più, se ne ammirerebbe la mistura di eclettismo e pungente senso dell'umorismo (Michele Saran 5,5/10)

Discografia

THE GIANT UNDERTOW - The Weak (2016, In the Bottle Records, Indipendead, Shyrec, POpeVrecords, Death Roots Syndicate)
NOVANTA - Hello We're Not Enemies (2016, Seashell)
CIRCOLO LEHMANN - Dove nascono le balene (2016, Libellula)
FLAMINGO - Flamingo Ep (2016, autoprodotto)
AINÉ - Generation One (2016, Totally Imported)
ETERNIT - Figli di (2016, autoprodotto)
LORENZO MASOTTO - Rule And Case (2016, Preserved Sound)
BLACKWHALE - Siberia (2016, Bubrum Soundz)
ERRI - Dentro la stessa tempesta (2016, Viceversa)
FABRIZIO TAVERNELLI - Fantacoscienza (2016, Lo Scafandro)
Pietra miliare
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